Sarebbe interessante approfondire il rapporto
che lega il jazz alla tradizione della musica europea colta, vedere come gli improvvisatori
si siano confrontati, nella pratica, con quell'immenso patrimonio artistico. Si
potrebbe ipotizzare, semplificando al massimo, che ci sono stati due modi di reinterpretare.
Il primo è quello di utilizzare il materiale musicale d'origine e riproporlo in
chiave jazzistica, "swingandolo". Così hanno operato, ad esempio il Modern Jazz
Quartet o
Bobby
McFerrin, o per fare esempi meno nobili, Jaques Loussier con il suo Playbach,
Altri, soprattutto negli ultimi anni hanno preferito entrare più direttamente nella
scrittura degli autori scelti e di espanderne i significati poetici. Così ha fatto
Uri Caine
nel suo bellissimo disco dedicato a Mahler, che fa sentire quanto il grande compositore
austriaco fosse legato, nel sangue, alla musica ebraica dell' Europa Centrale. A
tutto questo ho pensato ascoltando questo disco del quartetto di Stefano Conforti
dedicato ad Ennio Morricone, per definizione comune, un grande della tradizione
musicale europea,. Ho ascoltato questo buon disco in parallelo con The Big Gundown,
l'omaggio reso da John Zorn nel 1986 al maestro romano. Zorn operò appunto nella
seconda direzione. Un esempio: il celebre tema de "L' uomo dell' armonica " veniva
riletto da sonorità elettroniche laceranti, che ne accentuavano ancora di più il
carattere di lungo incubo che già aveva nel film di origine "C'era una volta il
west". Conforti ed i suoi musicisti si muovono invece senza esitazioni sul
primo sentiero.
Swingano magistralmente sui temi di Morricone. Con perizia, gusto e grande
rispetto (amore, direi) per il materiale che usano. Nitidezza melodica, pulizia
sonora, senso dell' equilibrio sono i maggiori pregi del loro raffinato lavoro.
Alla fine, però, si perde qualcosa. Quelle musiche raccontano, nella loro veste
originale, storie forti., malinconie indicibili, epiche lontane. L'eleganza dell'
approccio di questo bel quartetto toglie alla musica di Morricone gran parte questo
suo fascino. Per fare esempi concreti, il tema conduttore di "Cera
una volta il west", o quello di Cheyenne, tratto dallo stesso film, emergono
in tutta la loro perfezione musicale ma perdono molta della loro immensa carica
emotiva. Non raccontano, non evocano. Rimangono un esercizio perfettamente eseguito.
A differenza di The Big Gundown che scavava
dentro le emozioni di quelle musiche, pur apparentemente stravolgendole.
E' comunque questo un giudizio del tutto personale, che investe problemi
molto complessi. "Around Morricone " è un buon lavoro. Quello che è in discussione
è l' approccio. Ma questo è un tema che tocca le sensibilità personali.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 19/07/2009
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