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Tigran
A Fable
Verve (2011)
1. Rain Shadow 1’36
2. What the waves brought 6’32
3. The Spinners 3’00
4. Illusion 1’31
5. Samsara 5’36
6. Longing 5’08
7. Carnaval 2’47
8. The legend of the moon 5’34
9. Someday my prince will come 3’42
10. Kakavik (the little partridge) 5’57
11. A memory that become a dream 2’40
12. A fable 5’08
13. Mother, where are you? 2’26
Tigran Hamasyan - piano, voce
Tra i molti giovani musicisti che si affacciano alla ribalta, Tigran Hamasyan,
classe 1987, ascoltato dal vivo quest'estate immersi nel parco di Villa Farsetti
a S.Maria di Sala (VE), è forse colui che ci ha maggiormente convinto e impressionato
per una sicurezza ed un bagaglio di idee che, spesso, vengono meno perfino in un
musicista ed autore maturo e affermato. Nel disco, il quarto ma il primo in veste
di solista, su tredici brani, ben nove appartengono alla sua scrittura. Il legame
con la terra d'origine, l'Armenia, dalla quale a 16 anni partì assieme alla famiglia
per gli Stati Uniti, continua nell'interesse per i canti popolari e religiosi della
tradizione e per Georges Gurdjieff (ca.1866-1949), una delle maggiori figure spirituali
del secolo scorso, nato come Tigran a Gyumri. Di lui nel disco esegue con vigore
"The Spinners", un tema semplice, serio e delicato che si sviluppa con maestosità
in un crescendo sonoro dinamico. Nel suo pianismo scorgiamo echi romantici di fine
XIX e inizio XX secolo - si pensi ai francesi Erik Satie (1866-1935) e Claude Debussy
(1862-1918) - che si manifestano nei due brevi schizzi "Rain Shadow" ed "Illusion".
Il legame con la terra natale continua in "Kakavik", la piccola pernice,
un canto popolare tra i molti collezionati da Komitas Vardapet (1869-1935), il prete
e musicologo che valorizzò la musica liturgica della chiesa armena, trovandone le
radici nel folklore e che è stato riscoperto dall'Hilliard Ensemble in "Officium
Novum" (ECM). Dolcissima, simile ad una ipnotica ninna nanna è "Longing".
Qui Tigran mette in musica e canta alcune liriche del poeta Hovhannes Tumanyan.
Il pianista ci ricorda la vocalità di Pedro Aznar (polistrumentista per un periodo
nel Pat Metheny
Group), in "Carnaval" e in "The legend of the moon", che dopo un lento
ed oscuro inizio cresce in vigore e volume per concludersi in un dissolvimento ad
libitum alla maniera dell'esordio. Tigran rivisita con rispetto uno standard plurinterpretato
come "Someday My Prince Will Come", dandogli nuova linfa. In "A memory
that becomes a dream" il pensiero va ad un qualcosa così lontano nel tempo,
che non si è sicuri se sia davvero accaduto. La scaletta si conclude con un inno
religioso medievale armeno, "Mother, where are you?", in cui sentiamo l'amore
e, chissà, la nostalgia per una terra che ha dovuto soffrire per un tempo troppo
lungo.
Un bel disco, da assaporare ascolto dopo ascolto e di cui scopriamo in ogni traccia
delle cose nuove. Il risultato è che non ci si stanca di inserirlo nel lettore,
poiché è in grado di diffondere una freschezza che sembra non dover finire. Last
but not least: per chi fosse interessato ad ascoltare qualcosa di più di Gurdjieff,
segnaliamo una recente uscita ECM: The Gurdjieff folk instruments ensemble, "Music
of Georges Gurdjieff".
Giovanni Greto per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 10/03/2012
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