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Francesco Cusa, Gianni Gebbia, Alessandro Salerno
Roma, Il Baffo della Gioconda, 14 dicembre 2009
di Laura Mancini

Un trio inedito, quello composto da Francesco Cusa alla batteria, Gianni Gebbia al sax contralto e Alessandro Salerno alla chitarra classica baritona, che si è esibito, Lunedì 14 Dicembre 2009, in una performance davvero singolare ed affascinante presso Il Baffo Della Gioconda di Roma. Se Cusa e Gebbia sono insieme da anni protagonisti di svariati progetti del jazz contemporaneo (il Trionacria con Roy Paci prima, gli Switters con Vincenzo Vasi ora), Francesco ed Alessandro Salerno si sono conosciuti poco più di un anno fa, quando il chitarrista romano ha preso contatto con il collettivo Improvvisatore Involontario fondato dal batterista e da allora hanno avuto modo, in diversi contesti, di condividere il palco. Il caso vuole che, per una serie di inconvenienti, il batterista catanese arrivi in ritardo a Roma e siano proprio Salerno e Gebbia, che non hanno mai suonato insieme prima, ad aprire il concerto, in attesa che Cusa li raggiunga.



N
on c'è una scaletta a guidarli, non si fa riferimento a brani o spartiti né esiste un'idea o un tema di base a cui ispirarsi: c'è jazz ed improvvisazione radicale, il tutto creato sul momento, quasi senza interruzioni.

Gianni Gebbia comincia per primo, intonando una melodia lenta e suadente, mentre Salerno lo accompagna pizzicando ripetutamente le corde; il ritmo accelera, l'umore si fa più "nervoso" ed il chitarrista "gratta" energicamente ed usa la sua chitarra come fosse uno strumento percussivo, fa vibrare le corde più che può e le percorre con mani veloci. I fraseggi al sax di Gebbia suonano originali ed hanno un timbro stridente; l'atmosfera si fa mano a mano più plumbea fino a diventare inquietante. I due mostrano una capacità d'ascolto reciproco notevole; le pause sono improvvise, inaspettate e perfettamente sincrone ed in generale non si può mai immaginare cosa verrà dopo: è questo che coinvolge il pubblico e permette ai musicisti di non cadere nel solipsismo che divertirebbe solo loro.

Cusa, nel frattempo, raggiunge il palco senza farsi notare troppo, ma mentre prepara la sua strumentazione la fa "accidentalmente" cadere a terra, creando suoni e rumori che vengono subito sfruttati dagli altri due come elementi aggiuntivi alla performance. Gebbia inserisce nel suo sax una sfera fluorescente come insolita sordina, poi lascia per poco Salerno da solo che ne approfitta immediatamente per stupirci, suonando con passione ed energia, in una breve parentesi di protagonismo.

Finalmente entra anche Francesco Cusa con le sue invenzioni ritmiche realizzate suonando al contempo batteria e percussioni ed utilizzando svariati oggetti per aggiungere nuove sonorità: colpisce la batteria con degli stracci, usa le bacchette su dei pentolini da cucina e via dicendo. Anche Salerno suona per un momento la chitarra utilizzando un piatto da portata. Di fatto, ora, il trio c'è tutto e viene esplorata una gamma di suoni incredibile. Il tempo diviene forsennato, ma il batterista lo sposta di continuo.

C'è lo spazio per un applauso e per riprendere fiato ma i tre ripartono ancora più spediti e chiassosi di prima, senza giungere mai, però, alla completa atonalità o al caos. L'intensità del suono varia con una frequenza tale che non è possibile annoiarsi o individuare una parte uguale all'altra e non c'è nulla di già troppo sentito. Questi tre giovani musicisti dimostrano di saper rimanere sempre "dentro" alla performance, sfruttando in modo innovativo le potenzialità dei loro strumenti, dandosi ciascuno il turno nel "trascinare" gli altri, senza perdere mai concentrazione e l'interplay è davvero grandioso.

 








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Data pubblicazione: 03/01/2010

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