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Mansarda
Mansarda
Improvvisatore Involontario (2011)
Part I
1) Red dress
2) The old man
3) Per gole, sì
4) Surdu Mihai
5) Swinw-ghetto
6) Vorticoso twist
7) Turbolento
8) Il Dio del latin
Part II
- Palingenesi di una forma canzone
- Interno maceratese
- Wall(Y) a San Giorgio a Cremano
- Tony Blair witch project
- Sineddochi di bop
- Tu mi tiri coriandoli d'asfalto onde celebrare la tua Viareggio stanca
- Illuminoteca per spazi e uffici (Spot)
- Le ultime lettere di Alberto Fortis
- Il caffè di Maometto
- Henry goes to Hollywood
- V come Veronica
Giacomo Ancillotto - guitar, live
electronics
Francesco Cusa - drums, percussions
Henry Cook - alto sax, flute, baritone sax
Marta Raviglia - voice, live electronics
Roberto Raciti - double bass
Assemblare, mescolare, miscelare musiche di diversa provenienza, colta e popolare,
per costruire un'improvvisazione tanto libera quanto ricca di riferimenti e di sorprendenti
liason, di imprevedibili commistioni, di stupefacenti trovate. Sembra questo
l'obiettivo di questa "Mansarda", quintetto del collettivo "Improvvisatore involontario",
costituito da musicisti di esperienze contigue o dissimili, ma uniti nella creazione
più o meno istantanea e nella "ricreazione", nel divertimento intellettuale, anche
attraverso la rilettura di repertori "seri" o di altri volutamente e "solitamente
idioti".
Protagonista assoluta è Marta Raviglia che passa dalla declamazione impersonale
di notizie di efferati episodi, ripresi pari pari dalla cronaca nera ad uno scat
jazzistico ricco di swing. Da un canto attentissimo alle dinamiche, ai sottintesi,
va a finire in un urlo strozzato, in un respiro soffocato, per riemergere e continuare
a guidare il gruppo con una voce capace di esprimere ironia, sarcasmo, non sense
o banalità assortite, elevate, rese dotte, dalla pronuncia straniante, dalla modulazione
particolare dei toni, dagli aspetti "avanguardistici" a tutti gli effetti del suo
stile.
Contribuisce efficacemente alla realizzazione del progetto Henry Cook con il suono
del suo flauto abbastanza ortodosso nei confronti dei sassofoni spinti su territori
più accidentati e spinosi, fra rimandi al linguaggio di un
Anthony
Braxton in versione "olandese" (nel senso di componente dell'ICP orchestra)
con l'alto, all' iterazione incalzante e al solismo potente e a volte sopra le righe
dello strumento più ingombrante, in tutti i sensi, il baritono.
Giacomo Ancillotto, fra l'altro nuovo acquisto del quintetto di
Enrico Rava
per il suo ultimo lavoro "Tribe", qui lavora in scioltezza con una grande
duttilità, passando da fraseggi delicati e riflessivi a sonorità più dure, aspre
e poco consolatorie. Roberto Raciti fornisce un accompagnamento preciso con
il suo basso, captando al volo i continui cambi di clima, riuscendo a compiere agili
sterzate fra i vari mondi musicali sfiorati o esplorati, senza perdere mai la bussola.
Francesco Cusa dimostra di divertirsi molto in un ambito lontano dal radicalismo
di certe sue precedenti esperienze. Il batterista si disimpegna agevolmente nelle
varie situazioni arricchendo di ritmo e colori i vari brani, senza sovrastare l'insieme,
da gregario più che da leader.
Il cd è stato inciso in due successive sessioni e consta di diciannove tracce,
ognuna con una sua fisionomia, una sua personalità. Come non rimanere conquistati,
ad esempio, da "Per gole sì": il testo sembra ripreso da un libretto d'opera di
Metastasio. La musica ondeggia fra echi funky, blues e zone jazzistiche più avanzate
con la voce della Raviglia sfacciata e scostante a ripetere frasi prive di qualsiasi
qualità poetica, inequivocabilmente datate e trasferite nel post-post-moderno. Che
viaggio artistico audace e intrigante!
E' decisamente sorprendente, poi, "Vorticoso twist" per il contrasto fra
le parole di comune banalità, tipiche delle canzoni "leggere" sanremesi degli anni
sessanta, con il canto impertinente, flessuoso, disarticolato e i cambi di tempo
e di atmosfera "sottostanti" provocati dalla band. Ogni pezzo, ad ogni modo, non
si conclude mai per come è iniziato. Succede sempre qualcosa nel prosieguo, poiché
le idee sono tante e non c'è la voglia di soffermarsi su alcuna. L'intenzione è
quella di alternare gli stimoli, le intuizioni, di accumulare elementi per comporre
un mosaico impossibile, dove i tasselli non vanno mai a posto, perché tratti da
scatole di puzzle diversi. E il gusto è proprio quello di forzare la mano per incastrare
tessere che non collimeranno, non potranno formare un disegno precostituito, malgrado
i tentativi ripetuti.
Non è riposante, ma è corroborante visitare questa "Mansarda". D'accordo,
questo tipo di esperienza è debitrice dall'operazione camaleontica e disorganica,
ma onnicomprensiva di John Zorn. Qui, però, l'azione non è predefinita. Si segue
un percorso suggerito di volta in volta da qualcuno dei componenti il gruppo e lo
si sviluppa sul momento con la partecipazione attiva di tutti. Per questo "Mansarda"
è un progetto che va ascoltato e seguito con attenzione, lasciandosi anche andare
nella lettura dei titoli assolutamente improbabili, fra i quali segnaliamo almeno
"Le ultime lettere di Alberto Fortis" e "Tony Blair witch project".
E affascina, ancora, la musica sgangherata, involuta o raffinata, ballabile,
melodica o antimelodica, free sempre (in tutti i significati del termine) che si
avvicenda in sessantasette minuti da godere senza sovrastrutture di sorta. "Danzando
nella mente", come suggeriscono, con un "sentimento sentimentale" i versi o i "versacci"
(in senso positivo) di Marta Raviglia.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 05/02/2012
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