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Baap!
Sweet Dream Baby
Monk Records (2011)
1. Murnau's love chant
2. Yeahlow
3. Clouds fill up the sky
4. Tricortine
5. Outbound
6. Murnau's love chant (theme)
7. Sweet dreams, baby!
8. Controluce
9. Poggio Romano
10. Reggae street blues
11. Sand
Tony Cattano
- trombone
Giacomo Ancillotto - guitar
Roberto Raciti - bass
Maurizio Chiavaro - drums
Un cd "ermetico". Le liner notes sembrano contribuire ulteriormente a questa "non
comprensione" iniziale, perché non ci parlano del disco, o quanto meno non lo fanno
in modo convenzionale. Ce ne parlano indirettamente, "parlandoci d'altro": impressioni,
emozioni legate a luoghi lontani. Il viaggio. Conversazioni di passaggio. Il ritorno
a casa. Immagini, riflessioni o ricordi come tanti flash apparentemente privi di
un filo conduttore. Pensieri.
Sembra dunque che le liner notes non ci aiutino a capire. Invece abbiamo già trovato
due indizi: questo è "il primo disco Baap! della storia del mondo". E chi scrive
questa frase è "Franco Ferguson in persona", ispirato dalla musica di questi quattro
pionieri (mentre "finalmente si concede un buon Nobile di Montepulciano, regalatogli
da Folco Steiner").
Sfogliamo le pagine successive del booklet. Fumetti. No text. Il disegno di un trombone
con la sordina. Una chitarra elettrica ed una pedaliera. C'è anche un contrabbasso.
Un divanetto con qualcuno disteso che probabilmente dorme (o pensa, o sogna).
Voltiamo pagina e c'è il disegno di una batteria Gretsch. La nostra curiosità, ovviamente,
aumenta.
Cerchiamo altri indizi perché vogliamo capire! Ultima di copertina: "BAAP! Thanks:
Tom Waits, Syd Barrett, Marta Raviglia, Folco Steiner, Alessio Sbarzella,
Lucio Leoni, Henry Cook, gli "shadows of desire", Glokenspiel, tutti i santi
forieri di Franco Ferguson".
Ora la nostra "indagine" può partire. Indizi ne abbiamo a sufficienza.
Elemento fondamentale per comprendere questo album è prima di ogni altra cosa il
concetto di "collettivo". Non più musicisti "individualisti" ma artisti creativi
che prendono parte ad un progetto comune, con linguaggi di ogni tipo, senza alcun
vincolo stilistico, in totale libertà creativa. Improvvisazione e interplay ai massimi
livelli.
Esattamente come valeva per i "pensieri" citati nelle liner notes ci rendiamo conto
che, anche per quanto riguarda la musica. il processo è il medesimo. Come non esistono
soluzioni di continuità quando la mente vaga a ruota libera, così non esistono soluzioni
di continuità quando ci si abbandona all'emozione del suono che ci può portare ovunque,
nell'universo di tutta la musica creata finora. E la sensazione è addirittura quella
di superare anche i confini dell'universo della musica esistente, scoprendo altri
universi di suoni nuovi, all'infinito. Oltre.
Il timbro "pachidermico" del trombone caratterizza il primo pezzo, breve brano di
apertura intitolato "Murnau's love chant".
Nel brano successivo il trombone ci offre un fraseggio inusuale su una ritmica coinvolgente.
Il terzo brano, "Clouds fill up the sky", è caratterizzato dal maggior spazio lasciato
alla chitarra elettrica. Nessuna delle idee esposte è mai banale. Ogni nota
va alla ricerca di un suono nuovo, di un effetto d'insieme inaspettato. Nell'ambito
dello stesso brano ascoltiamo moods assai diversi fra loro. La chitarra elettrica,
verso la parte conclusiva del brano, ha un vago sapore bluesy, ma sicuramente
ogni classificazione tradizionale è del tutto inapplicabile a questo disco.
In "Tricortine" vi è una grande ricerca fra le infinite possibilità timbriche del
trombone, una vera tavolozza di suoni, dal suono "rauco" a quello fluido e rotondo.
Ritorna il tema di "Murnau's love chant". Il pezzo è eseguito alla stessa velocità
della prima track, tuttavia qui l'effetto appare maggiormente dilatato.
Suoni elettrici, trombone nel suo registro più grave, quindi in quello più acuto
e graffiante, si alternano nel brano che dà il titolo all'album, "Sweet dreams,
baby!" dove anche la batteria dà un grosso contributo, in una ricerca collettiva
ancora più estrema di timbriche nuove, su fraseggi spezzati e molto difficili, o
frasi ripetute in loop e destrutturate. Il registro basso prevale.
L'ottavo pezzo, Controluce, si apre con basso e batteria, in un lungo assolo del
basso che dopo tre buoni minuti prende decisamente una svolta rock, sottolineata
dalla batteria che mantiene questo andamento per tutto il brano. Ma già l'entrata
del trombone e della chitarra all'unisono ci depistano con frasi e suoni
che non fanno parte del rock. Anche qui prosegue la ricerca da parte del trombone,
su una ritmica che procede costante. "Reggae Street Blues" è forse il brano meno difficile da recepire ad un primo ascolto,
essendo costruito su un canovaccio blues che ci ricorda il vecchio jazz, ma anche
questo pezzo risulta visto come attraverso una lente deformante.
Ultimo pezzo, "Sand", con effetti elettronici a volte stridenti su cui la batteria
ricama suoni. Un lungo pedale ci riporta ai Pink Floyd e la voce del trombone qui
diventa quasi irriconoscibile. E' questo il canto delle sirene? Sicuramente quella
voce ci porta in una dimensione che fa parte di un mondo lontano e diverso da quello
a cui siamo abituati.
Come i pensieri, anche la musica non può essere delimitata dallo spazio-tempo: in
un'escursione tra New Orleans e la musica del futuro sorge spontanea la domanda:
se era lo stesso secolo…anzi, se era lo stesso pianeta!. E come i pensieri,
anche la musica ogni giorno ci dimostra di essere davvero infinita.
Questi sono gli ingredienti che riconosciamo in "Sweet Dreams, Baby!", un disco
che è il frutto di una grande voglia di sperimentare e di ricercare qualcosa che
ancora non c'era, ad opera di musicisti maturi che hanno superato il concetto di
prestazione individuale a favore della creazione collettiva, dimostrando in ogni
caso di essere totalmente padroni delle potenzialità dei propri strumenti.
Disco non facile, consigliato ad un pubblico musicalmente "adulto" che certamente
lo saprà apprezzare.
Rossella Del Grande per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 10/03/2012
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