(SLAM Records 2009)
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Hot Tune
Magique
1. Zoncolan - 6:18; (#) (§)
2. Grey and Pink - 5:23;
3. Inverno - 4:18;
4. Istvan - 5:36; (*)
5. Bar - 5:35; (§)
6. Magique - 6:58;
7. Hot Tune - 6:55; (*)
8. Blue Bridge - 4:04;
9. Odwalla (Roscoe Mitchell) - 3:40;
10. Blue Matz - 3:08.
Tutte le composizioni sono di Alberto Popolla, escluso "Odwalla"
di Roscoe Mitchell.
Alberto Popolla - clarinetti
Andrea Moriconi - chitarra elettrica
Roberto Raciti - contrabbasso
Claudio Sbrolli - batteria
(*) Marilena
Paradisi - voce, traccia 4 e 7
(§) Eugenio Colombo - sax soprano e flauto, traccia
1 e 5
(#) Errico De Fabrtiis - sax tenore, traccia 1
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Avanguardia. Questo è il contesto nel quale
si muove questa interessante formazione capitanata da Alberto Popolla, clarinettista
e compositore che procede nel solco della "tradizione d'avanguardia" - e non sembri
un ossimoro! – che partendo da maestri come Eric Dolphy ed
Anthony
Braxton, prosegue tenendo costantemente presente la lezione dell'Art
Ensemble of Chicago. Non a caso uno dei brani più significativi dell'album è la
riproposizione di "Odwalla" firmato
da Roscoe Mitchell.
Un altro riferimento "classico" lo possiamo ritrovare nel Jazz-rock inglese
degli anni settanta, ma anche nella breve ma significativa "svolta elettrica" di
Ornette
Coleman nel suo periodo Prime Time. La chitarra elettrica di Andrea
Moriconi, ricrea un tessuto "rock", spesso straniato e distorto, quasi uno sfondo
scenografico di atmosfere metropolitane da città post-industriale.
Gli illustri ospiti arricchiscono di sfumature preziose la materia sonora:
Eugenio Colombo, figura "storica" dell'avanguardia jazz italiana, suona il
flauto in "Bar" e si produce in
un ragguardevole assolo al sax soprano in "Zoncolan",
il brano che apre il disco con l'arrangiamento per tre ance, con l'apporto di
Enrico De Fabritiis al sax tenore.
Una menzione a parte per
Marilena
Paradisi: la vocalist romana, ormai definitivamente impegnata in una
profonda ricerca sulla vocalità, porta alle estreme conseguenze il rapporto tra
suggestioni emotive e limite fisico delle corde vocali, quasi a proseguire, sul
versante femminile, la ricerca iniziata, e poi tragicamente interrotta, dal compianto
Demetrio Stratos negli anni settanta. I suoi vocalizzi in "Istvan"
e soprattutto nell'inquietante "Hot Tune"
lasciano al tempo stesso ammirati ed attoniti.
Dobbiamo sottolineare che non si tratta un album "facile", ci troviamo
di fronte ad un impatto musicale denso e compatto, che non lascia tregua all'ascoltatore,
e che solo a tratti approda a pause melodiche, che culminano nei brevi dialoghi
tra contrabbasso e clarinetto. Non è una novità per il jazz d'avanguardia che, indipendentemente
dalla qualità dell'artista, risulta più direttamente coinvolgente in una esibizione
dal vivo che non attraverso il media più "freddo" della registrazione su disco.
Avendo avuto la fortuna di ascoltare il gruppo in concerto abbiamo potuto
apprezzare "de visu" la forte coesione tra i musicisti e l'approccio senza compromessi
al materiale musicale. Dunque un meritato apprezzamento al coraggio ed alla coerenza
degli artisti.
Roberto Biasco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/06/2009
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