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Le insolite canzoni di Marilena Paradisi
JAZZIT INTERVISTA Giugno 2003
di Federica Papoff
Foto Andrea Calabresi

"La sua voce ha già incantato la critica specializzata francese e statunitense: in questa intervista Marilena Paradisi ci racconta le idee e le passioni che nutrono il suo primo album, "I'll never be the same", e i suoi prossimi progetti.

F.P.: Esordire con un Cd di standards può sembrare scontato per una cantante; non è invece, una scelta un pò rischiosa?
M.P.: Sinceramente non ho fatto considerazioni di questo tipo: non ho pensato se fosse un prodotto commerciale o se avrebbe venduto, anche se molti mi sconsigliavano di fare un primo disco tutto di ballads. Ma visto che l'ho prodotto da sola ho deciso di difendere questa mia idea e devo dire che sono stata ripagata, perchè sta andando molto bene. La cosa più importante per me è aver fatto qualcosa che mi rappresenti.

F.P.: Le ballads del disco non sono fra le più comuni: come le hai scelte?
M.P.: In effetti sono abbastanza insolite. Ho un po' rubacchiato dal repertorio di Shirley Horn, che amo molto, e ho fatto parecchie ricerche. Le ho scelte soprattutto per quello che dicono, perchè per me è difficile entrare dentro una canzone se non riesco a riflettermi nelle sue parole, per quanto la musica possa essere bella.

F.P.: Nelle tue interpretazioni dai molta importanza al fraseggio e alla variazione delle linee melodiche, e anche nelle improvvisazioni si nota una cura particolare per la ricerca di linee cantabili....
M.P.: Lo sviluppo dell'improvvisazione è una ricerca ancora molto aperta per me. Questa variazione del tema con la parola mi è piuttosto congeniale e io la considero già improvvisazione. Sto cercando proprio di fondere l'esposizione del tema con il momento dell'assolo, senza scindere tra una parte più espressiva ed una più virtuosistica: per me l'improvvisazione comincia già da quando espongo il tema e allo stesso modo sto tentando di eseguire il solo come se fosse interpretato, usando magari dei vocalizzi invece dello scat vero e proprio

F.P.: Hai studiato il metodo" Voicecraft" di Jo Estil, una tecnica che insegna a controllare alcune strutture interne del meccanismo vocale indipendentemente l'una dall'altra. Quanto consideri importante la conoscenza e il controllo del tuo organo vocale?
M.P.: In realtà di quel metodo io ho preso solo alcune cose, attinenti più al versante espressivo che a quello essenzialmente tecnico cui fai riferimento.
L
'aspetto più interessante del Voicecraft, è forse la scoperta di questi diversi colori vocali, come il cry, il tuang, il falsetto, il beltin, che ti forniscono una sorta di tavolozza da cui attingere per trovare la tua espressività.
Da questo punto di vista è un metodo che si adatta molto bene alla vocalità moderna, in cui l'espressività è tutta da inventare e la bellezza del suono è relativa a quello che tu vuoi esprimere. Indubbiamente è un approccio interessante, anche se poi ogni cosa va rielaborata sulla propria vocalità e mai presa in senso assoluto.

Marilena Paradisi
I'll Never be the same
PHILOLOGY W 223, 2002 (ird)
Marilena Paradisi (voc),
Paolo Tombolesi
(p),
Piero Leveratto
(cb),
Eliot Zigmund
(batt).

Un disco semplice ed elegante, essenziale negli arrangiamenti, limpido nei toni e nell'impasto timbrico. Alle prese con una scelta di standards tra i meno comuni, Marilena Paradisi si rivela interprete dalle grandi potenzialità, dotata di una voce calda e profonda, e capace di una forte presa sul testo.

Per il suo primo album la vocalist si circonda di un gruppo di ottimi musicisti che ne assecondano l'intensa e scarna vena interpretativa con giusto equilibrio tra discrezione e invenzione musicale.

Particolarmente riusciti gli episodi in duo; in" If you go", la voce della cantante si fonde sinuosamente con la densa sonorità del contrabbasso di Leveratto, mentre in "It's all right with me" la sua pronuncia assorbe e riflette la spinta dinamica della batteria.

Unica pecca è forse una certa uniformità stilistica, per una voce che può sicuramente osare di più. (F. P.)

F.P.: La scelta di un accompagnamento molto discreto rientra nell'ambito del mainstream, ma in certi casi sembra dettato dalla volontà di far emergere un aspetto "teatrale" della tua interpretazione e del tuo approccio al testo....
M.P.: Questa è una cosa che non mi hanno mai detto. Non è un effetto voluto, non ho mai studiato recitazione, ma in un certo senso penso che un cantante deve essere anche un attore, deve saper narrare una storia a chi ascolta. Direi che l'accompagnamento di tipo mainstream è dettato dalla natura stessa dei brani e dalla mia volontà di fare una cosa molto lineare, senza troppi fronzoli. Volevo vedere quanto riuscivo ad esprimere limitandomi all'essenziale, senza esibire nulla. Per me è stato un banco di prova importante, perchè dal vivo sono veramente un'altra cosa

F.P.: Che tipo di dialogo cerchi di stabilire con i musicisti?
M.P.: Per me il jazz è rapporto immediato con gli altri, è quello che esprimi li' in quel momento, tant'è vero che questo disco non è stato pensato con grande anticipo, ma è nato così, per una serie di coincidenze. Con i musicisti ci siamo conosciuto praticamente in sala, e non abbiamo neanche provato; io ho spiegato la mia idea, che tipo di arrangiamenti volevo, e poi abbiamo cominciato a suonare. Per me è così che deve andare, si comunica attraverso la musica, ci si capisce al volo.

F.P.: In If you go sei accompagnata dal solo contrabbasso, e in It's all right with me dalla sola batteria; senti molto il legame tra la voce e la qualità sonora degli strumenti?
M.P.: Lo sento moltissimo, e in particolare con il contrabbasso uno strumento di cui sono veramente innamorata. Il mio prossimo progetto infatti sarà proprio per voce e contrabbasso, perchè trovo che la fusione tra questi due strumenti, fra questi due colori, sia eccezionale. Il brano con Piero Leveratto, che trovo abbia un suono davvero magnifico, è nato appunto dalla mia voglia di fare un esperimento in questa direzione, mentre quello con la batteria è partito un po' come un gioco fra me e Eliot Zigmund. Alla fine ci è talmente piaciuto che abbiamo deciso di inserirlo nel disco e in effetti, solo dopo averlo registrato mi sono resa conto di quanto anche questa idea fosse interessante. In generale trovo molto stimolante la dimensione del duo, questo rapporto così diretto che ti permette ancor più di tirar fuori te stesso.

F.P.: Che tipo di musica ascolti in questo periodo? C'è qualche artista o qualche tendenza che stimola la tua ispirazione?
M.P.: Ascolto molto jazz strumentale, soprattutto i grandi come Coltrane, Davis, Parker, perchè ho ancora molto da studiare e da imparare. Credo che per un cantante sia fondamentale ascoltare gli strumentisti a fiato, e sentire come entrano, come espongono i temi, il loro fraseggio, il timing. E ascolto molta musica classica.

F.P.: Abbiamo già accennato al prossimo progetto discografico...c'è dell'altro?
M.P.: Sto provando a comporre dei brani in italiano e è un'idea che mi sta prendendo abbastanza....mi piace scrivere poesie, metterci la musica. Ma lo vedo come un progetto ancora in embrione, una cosa da maturare con calma.


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Data pubblicazione: 14/11/2003





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