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Try Trio
Sphere
Improvvisatore Involontario (2014)
1. Almanacco del giorno dopo (Fazzini, Cusa, Evangelista)
2. Epistrophy (Monk)
3. Storie di rumori e groove (Fazzini, Cusa, Evangelista)
4. B. S. suck my balls! (Fazzini, Cusa, Evangelista)
5. Monk's mood (Monk)
6. Bye-ya (Monk)
7. Usque ad sidera, usque ad inferos (Fazzini, Cusa, Evangelista)
8. Amore e cilindri (Fazzini, Cusa, Evangelista)
9. In Walked Bud (Monk)
10. I Mean You (Monk)
Nicola Fazzini - sax Gabriele Evangelista - contrabbasso Francesco Cusa - batteria
Voler confrontarsi con Monk potrebbe a prima vista sembrare presuntuoso, oppure
dare adito a giudizi impietosi; Fazzini e colleghi risolvono la questione ideando
un approccio originale, sostanzialmente di ricerca, verso l'opera di Monk, e vi
affiancano brani originali scritti a sei mani. La struttura del trio - sassofono,
contrabbasso, batteria -, riporta all'essenzialità del tratto jazzistico, a nude,
morbide armonie la cui rotondità si appaia con la sfera, suggestivamente richiamata
sin dalla copertina, e la cui perfezione geometrica si affianca all'equilibrata
divisione dei brani: cinque brani del grande Monk, e altrettanti composti dal trio.
Ma il titolo è anche un omaggio al Maestro: Sphere era il suo secondo nome.
Come suggerisce anche la bella e colta immagine della terza di copertina - tratta
da un manuale d'anatomia di epoca rinascimentale -, il Try Trio guarda all'opera
di Thelonious Monk con la volontà di "sezionare" le sue strutture melodiche, per
giungere alla loro essenza radicale, esplorando con attenzione quei vuoti che il
pianista afroamericano "seminava" nelle sue composizioni.
In apertura d'album la sfuggente Almanacco del giorno dopo, con un lento
sax lunare e un dinamico contrabbasso, accompagnati da una sommessa batteria incentrata
sulle percussioni appena sfiorate, con un ritmo appena latineggiante. Un brano che
spazia su più direzioni, proprio che si lascia aperta più di una strada, proprio
come una profezia in attesa di compimento. Nella sua parte centrale, il brano si
fa più corposo, diminuiscono le distanze fra gli strumenti, e l'armonia acquista
un colore orientale, grazie ai fraseggi di sax. Un brano di jazz atipico, quasi
di dance "tattile", xx
Di grande effetto la rilettura di Epistrophy, supportata da una potente batteria
che non disdegna rullanti e tom tom, e da una linea di sax più continua dell'originale.
Il risultato è un brano più dinamico della versione di Monk, di lunghezza doppia,
e dal tempo accelerato. L'idea è quella di attualizzare la lezione monkiana, presentando
il suo jazz senza l'accompagnamento del pianoforte (suo strumento d'elezione), e
confezionando un raffinato bebop dalla maestosa freddezza siderale: ne è
un esempio l'a solo di batteria nel primo terzo di Epistrophy, o il solitario
fluire del contrabbasso nella terza parte, anima raminga prima di essere affiancata
da una sax meditabondo.
Tutto l'album si regge su accostamenti e suggestioni, su un sax le cui note si posano
sui brani come tessere di un mosaico monocolore, e partiture originali (come
Amore e cilindri), costruite su eccentrici dialoghi, quasi fra due persone che
si voltano le spalle. Un modo per tracciare fra le note la figura un po' scontrosa
dello stesso Monk, egocentrico e poco amante delle conversazioni.
Un album interessante, che usa gli spartiti come un unico pennello per dipingere
in musica il ritratto in affettuosa caricatura di uno dei più eccentrici personaggi
della storia del jazz.
Niccolò Lucarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 13/12/2015
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