Jazzitalia - Recensioni - Lanfranco Malaguti: Oltre il confine
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Lanfranco Malaguti
Oltre il confine



Splasc(h) (2015)

1. Passo 1
2. Passo 2
3. Passo 3
4. Passo 4
5. Passo 5
6. Passo 6
7. Passo 7
8. Passo 8
9. Passo 9
10. Passo 10
11. Passo 11
12. Passo 12

Lanfranco Malaguti - guitar, guitar viola, classic guitar (violin), guitar double bass, guitar polyphonic octave generator, guitar voice overdrive.
Romano Tedesco - accordion e fender Rhodes.
Luca Colussi - drums and percussion
Nicola Fazzini - sax alto and soprano


Lanfranco Malaguti procede nel suo percorso artistico in continuità con la svolta del 2010, rappresentata dal cd "Visionary", un considerevole salto in avanti dopo una cospicua produzione più "in the tradition", a cui sono seguiti altri tre dischi incisi con lo stesso quartetto. In questo album tre partners sono al loro posto. Al flauto di Massimo De Mattia, per contro, si avvicendano la fisarmonica e il piano elettrico di Romano Tedesco. Il sound complessivo diventa, in questa maniera, ancora più solido, compatto e unitario. In un certo senso la voce del flautista costituiva una sorta di scheggia impazzita in un contesto per il resto coerente e coeso, pur impersonando in tal modo un elemento di affascinante disomogeneità e anzi un punto di distinzione del gruppo.
Malaguti lavora abitualmente su strutture concettuali che derivano da suoi studi sulla matematica, trasferiti nelle composizioni. Non è il primo musicista a cercare l'ispirazione in altre scienze e applicarle nelle sue partiture. Basti pensare fra gli altri a Anthony Braxton, che indica i titoli stessi dei suoi pezzi con complicati algoritmi.

Da queste premesse metodologiche, ma non solo, deriva una musica molto caratterizzata e personale. Basta premere, infatti, il tasto play sul lettore per identificare dopo pochi minuti il timbro particolare del chitarrista romano. E' una qualità non da poco quella di essere riconoscibili nella marea di proposte presenti sulla scena. Di fatto la chitarra preparata del bandleader informa tutte le tracce, diventando, di volta in volta, viola, violino, contrabbasso o organo, stendendo tappeti di suono fregiati, ben definiti, su cui possano incunearsi gli interventi concordi e divaganti dei partners. La voce dell'accordion sostituisce, in certi punti, Malaguti nella costruzione di un flusso sonoro ininterrotto, dove non si discernono chiaramente un tema, una melodia. Non per niente i brani si intitolano tutti "Passo" a cui segue un numero da 1 a 12. E' una sequenza in successione priva di stacchi, cioè, dove si è lontani dall'andamento tipico del jazz basato su tema, variazioni, ritorno al tema. Qui ci immergiamo in un insieme onnicomprensivo di melodie scarne, secche e di assoli incavati fra questi motivi, spesso ridotti a poche frasi cangianti. Al sax di Nicola Fazzini spetta, poi, il ruolo di sottolineare gli angoli, di segnare gli spigoli dei vari "passi" e di dialogare con il leader, rivelando una totale condivisione ed empatia in ogni frangente. Non ci sono dubbi, l'intesa fra i due musicisti è il vettore che fa decollare il combo. E' fondamentale, inoltre, l'apporto di Luca Colussi nell'economia del discorso globale del quartetto. La batteria spinge verso cadenze funky marcate e ondeggianti, sostenendo, in tal modo, le evoluzioni degli altri tre strumenti e convogliando il discorso comune in un determinato ambito, anche se non del tutto precisato.

E' fin troppo facile, ma non si può fare altrimenti, scrivere che Malaguti con questo disco continua a dirigersi "oltre il confine" del prevedibile, dello scontato, per proseguire nel suo cammino di ricerca di sempre nuovi orizzonti e traguardi. E' un vero piacere, infine, constatare come un musicista della classe 1949, invece che adagiarsi su formule trite e ritrite, tenti ogni volta di sorprenderci, riuscendoci, con qualcosa di nuovo e di inedito.

Gianni Montano per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 22/02/2016

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