Un doppio live è destinato – nella maggior parte dei casi – a far parte della
memoria, storica e culturale di un genere musicale. Ha un significato denso, profondo:
immarcescibile. Conferisce – ipso iure – un senso di completezza ad un percorso
artistico, ad un progetto identificativo di diversi anni di lavoro. Discorso ampiamente
valido per Bill Smith, icona del Jazz Workshop Ensemble di
Dave Brubeck
e maestro del cosmopolitismo jazzistico. Anagraficamente, però, sembrerebbe non
essere nelle corde di Gianmarco Lanza, giovane e talentuoso batterista romano (classe
1984). Ma il tempo, almeno in questo caso, non
ha rilevanza nella sua dilatazione cronologica, perché il mood di Lanza è, senza
dubbio alcuno, già ben definito. Il suo periodare, il suo senso dello swing, è limpidamente
delineato ed esteticamente riconoscibile.
Un concerto particolarmente sentito dal co-bandleader,
dedicato interamente alla memoria del madre scomparsa. A tale dolce celebrazione,
non si sottrae Bill Smith che offre uno speciale tributo con la bella e rassicurante
Mirella.
Il quartetto regala momenti densi di lirismo e mette in mostra un affiatamento
non comune ad aggio di un lavoro articolato sia nei brani originali (sei composizioni
sono del clarinettista americano ed una del batterista), sia negli standard, opportunamente
riarmonizzati e laboriosamente rifiniti.
Lanza ha dalla sua, tra le altre doti, quella di rendere iridescente ogni
brano, complice l'uso delle spazzole, oramai tristemente desuete nel prosodico –
in alcuni casi, parodico - jazz contemporaneo. Malaguti conferma d'essere abile
cesellatore di abbellimenti ritmici e armonici e di possedere un agiato controllo
dello strumento (Matt, a firma di Bill Smith,
ne è un lampante esempio).
Leveratto
è un vero e proprio collante ritmico, creatore di un'estesa gamma timbrica e padrone
della scansione temporale.
Un repertorio vasto e policromo, come detto, che trova momenti di decisa
intensità oltre che nella citata Mirella, nella briosa eleganza di
Aznal – ancora di Smith -, nelle sempiterne note
di Body and Soul, carica di abbellimenti polistilistici,
scevri da edonismo, disegnati dal clarinetto di Bill Smith. Empatico ed altresì
significativo, è il soliloquio di Gianmarco Lanza in
To My Mother With Love. Quattro minuti che dimostrano,
ad abundantiam, il consistente bagaglio tecnico già accumulato dal giovane musicista.
Il futuro del jazz è anche, anzi soprattutto, nel suo passato. Gianmarco
Lanza, in questo lavoro, lo ha ampiamente, e con bravura, dimostrato.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 15/03/2009
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