Giovanni Guidi & The Unknown Rebel Band
feat. Gianluca Petrella Auditorium Parco della Musica, 22 Novembre 2010
di Andrea Valiante e Francesco Tromba foto di Riccardo
Crimi
L'apertura del 34esimo Roma Jazz Festival, svoltosi per tutto novembre
all'Auditorium Parco della Musica, è stata affidata a Giovanni Guidi e la
sua Unknown Rebel Band. Un palinsesto audace ed interessante quello proposto
per questa edizione del festival, incentrato in gran parte sulle giovani (e valide)
leve del jazz italiano. L'obiettivo è quello di offrire loro la possibilità di confrontarsi
con un palcoscenico importante come quello dell'Auditorium e, di conseguenza, ottenere
una buona visibilità, cosa sempre gradita in questo periodo così nefasto per la
cultura musicale italiana. Da quello che abbiamo potuto vedere ed ascoltare in questa
performance di Giovanni Guidi, ci rendiamo conto che le possibilità dei giovani
jazzisti italiani sono davvero molteplici e di notevole spessore artistico.
L'idea da cui parte il progetto di Guidi è il tentativo
di dare voce a tutti i combattenti per la libertà, di celebrare la loro figura attraverso
forme musicali emotivamente intense ed imperscrutabili. Per esprimere queste emozioni
così forti Guidi si affida alla suite, composta dallo stesso pianista ed arrangiata
da Dave Kinzelman, proponendo un connubio tra musica e cultura che si traduce
in una vera e propria "sequenza storica". Ogni angolo estetico riconduce, con questa
modalità esecutiva, ad un preciso contesto: dagli Indiani d'America ai partigiani
italiani, dai desaparecidos argentini, ai malati di mente rinchiusi nei manicomi
e vessati fino alla Legge Basaglia, dagli studenti della Primavera di Praga all'orgoglio
dei neri americani, fino ad arrivare ai No Global del G8 di Genova. Tutti eventi
storici che hanno avuto come protagonisti degli uomini e delle donne che hanno combattuto
cercando di rendere il mondo un posto migliore per vivere.
Ad accompagnare il giovane band leader in questo ardito progetto sono otto validissimi
elementi, tra i quali piace ricordare il virtuoso trombonista Mauro Ottolini,
l'elegante sassofonista
Daniele Tittarelli e l'estroso percussionista Michele
Rabbia. Nonostante la giovane età (appena venticinquenne) Giovanni Guidi
ha già alle spalle un curriculum di tutto rispetto con quattro album a proprio nome
e collaborazioni di spessore con alcune colonne portanti del jazz italiano quali
Enrico Rava
e Gianluca Petrella.
Come lui stesso afferma, questo lavoro è ispirato in gran misura alla Liberation
Orchestra di
Charlie
Haden e alla famosissima "We insist! Freedom suite now" di Max Roach,
al quale fanno riferimento, in alcune fasi dell'esecuzione dal vivo, Michele
Rabbia alle percussioni e Joao Lobo alla batteria, con drumming incalzanti
che fanno da input all'esecuzione.
Il brano iniziale, "Unknown rebel with white shirt", è dedicato allo studente
cinese che si oppose, disarmato, al passaggio di una colonna di carri armati in
piazza Tienanmen: un'immagine che rapisce per la sua forza evocativa, sedimentata
nell'immaginario collettivo come manifesto della ribellione e della lotta non violenta.
I fiati riescono bene a rievocare un'istantanea molto forte, a tal punto che Guidi
la erge a manifesto dell'intera opera riprendendola anche come brano di chiusura
del lavoro.
La tromba di Fulvio Sigurtà insieme al trombone di Mauro Ottolini
guidano magistralmente gli altri ottoni, offrendo un'esecuzione a tonalità crescente
che funge da richiamo agli altri fiati con l'intento di introdurli in una compartecipazione
nella costruzione melodica del brano. Il risultato è una sorta di breve affresco
collettivo in musica, in parte richiamato nel terzo brano che compone l'opera, "Wounded
Knee", segnato da un sound più cupo, meditativo e accorato.
Queste atmosfere si convertono in romanticismo e riflessione con il brano "Il
Partigiano Johnny", sequenza improntata sul pianismo emotivo di Giovanni
Guidi. Il band leader riesce a trasmettere grande pathos con i suoi tocchi irregolari,
i suoi colpi slegati ed evanescenti, esprimendosi attraverso sonorità tenui e sottili
che evidenziano la squisita sensibilità espressiva. Emerge, ad un primo ascolto,
la sua iniziale formazione classica: l'eleganza e la raffinatezza del fraseggio
e dei movimenti si aggiunge al sentimento, affascinando lo spettatore e provocando
emozioni contrastanti, tristezza, nostalgia, equilibrio e consapevolezza. Le spazzole
utilizzate da Lobo per "accarezzare" la batteria contribuiscono alla costruzione
di un'atmosfera improntata alla riflessione interiore.
Gli arrangiamenti versatili e ricchi di variopinte contaminazioni musicali disegnati
dal tenorista Dan Kinzelman ci portano al cuore della suite, "Napoli 27-30
settembre 1943", brano improntato al melting tra il jazz e le sonorità popolari.
La lettura filologica è originale e ricca di energia, complici, nella costruzione
del sound, il trombone di Ottolini e le trombe di Mirco Rubegni e
Flavio Sigurtà, che si pongono al centro della scena e dello sviluppo musicale
della traccia con vibranti evoluzioni.
Coinvolgente anche "180\78", marcia spensierata ed oscillante tra i toni
alti dei sax ed i bassi ben resi dalle morbide e pastose sordine applicate alle
trombe ed al trombone.
Tra i più originali è "Garage Olimpo", song composta da Guidi insieme
a
Daniele Tittarelli; un contesting tra musica e "rumore":
i sax di Tittarelli e Kinzelman interagiscono con la batteria e il
sax basso, per poi giungere ad un nuovo equilibrio che rappresenta una vittoria
della melodia sul rumore, dell'ordine sul caos. Da sottolineare gli assoli di
Michele Rabbia alle percussioni, di Giovanni Maier al contrabbasso e
di Mauro Ottolini (trombone) e David Brutti (sax basso) che insieme
hanno proposto un bel dialogo funk tra i loro due strumenti, basato su di un interplay
di ritmiche che richiama l' evidente matrice soul. Una suite completa, che si esprime
ed esplora i diversi generi del jazz, dai classici, al free, fino ad arrivare ad
espressioni più moderne e contemporanee, passando per la musica popolare e le marce
bandistiche.
Un'interessante progetto proposto da una band, l'Unknown Rebel, che si impone
a giusto merito come una delle realtà più gradite ed originali del panorama jazzistico
italiano. Eccellente il lavoro del giovane leader nella guida dell'ensemble e nella
costruzione delle strutture armoniche, dimostrando di avere tutte le carte in regola
per poter diventare, in un futuro potenzialmente prossimo, un jazzista di livello
internazionale.
Unica nota dissonante è stata la sala Sinopoli dell'Auditorium piena solo a metà,
ma comunque calorosa ed appassionata. Uscendo dalla sala viene da pensare che questi
Unknown Rebels non rimarranno sconosciuti al grande pubblico per molto tempo.
La loro forza espressiva, il loro talento nell'evocare immediatamente idee e pensieri
attraverso la musica, la molteplicità e la proprietà dei linguaggi utilizzati apriranno
loro molte porte, e il panorama internazionale sarà sicuramente ansioso di scoprire
dei nuovi, validi e giovani talenti.