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Riccardo Luppi's Mure Mure
Live In Milano
NEGOCITO RECORDS (2011)
1. Travelling pangea
2. Caronte's bell
3. Mure mure mure
4. Cross fades
5. Sure enough
6. Any ghost up there
Manolo Cabras - bass
Lynn Cassiers - voice, electronics
Joao Lobo - drums
Riccardo Luppi - tenor sax, flute
Si può intendere in diverse maniere l'improvvisazione. Anche nelle jam session fra
jazzisti "patentati" si ricorre a questa tecnica, con esiti piuttosto prevedibili.
Anche se, a volte, più che dignitosi. Quando, però, l'iniziativa passa in mano a
musicisti vicini all'avanguardia, alla musica colta contemporanea e anche a tutto
quanto ruota attorno all'universo afroamericano e non solo, i risultati sono spesso
sorprendenti. E' il caso di questo disco registrato dal vivo a Milano durante il
festival "Ah! Hum" del 2008. Sono sei tracce che non lasciano campo alla routine,
al deja vu. Ad ogni angolo ci si imbatte in qualcosa di inatteso e di inconsueto,
perlomeno rispetto alle aspettative create di tratto in tratto. Merito di improvvisatori
particolarmente attenti al colloquio con i partners e adusi a cercare sempre le
soluzioni meno scontate in ogni circostanza. Le vie diritte e senza ostacoli sono
scartate a priori. Si preferiscono le strade tortuose, piene di curve, di dossi
privi di visuale, alla ricerca di un "oltre" sempre agognato e mai volutamente conseguito.
Non è che la scelta di questo metodo di lavoro sia premiante di per sé. Intendiamoci,
anche in questo ambito c'è materia per artisti con poche risorse che finiscono per
girare attorno allo stesso discorso in modo ripetitivo e inconcludente per intere
esibizioni. Non è il caso di questo quartetto che nutre la propria proposta pure
dalla diversità di approccio dei soggetti protagonisti della performance.
Lyn Cassiers, vocalist belga, insinua la sua voce nelle trame della tessitura
creata dai tre partners, come quarto strumento, con un'azione timbrica e rumoristica,
fra squitti, urletti contenuti, passaggi sui sovracuti, arabeschi sonori tonali
e atonali e un canto a volte dolente ed espressivo, altre volte sarcastico e a-sentimentale.
In più usa a proposito l'elettronica, producendo riverberi, raddoppi, loops adatti
o intenzionalmente non conseguenti con il contesto. Riccardo Luppi suona
il flauto in modo "ambientale", preparando riff anomali o creando sinistre atmosfere
in stile selvaggia "foresta tropicale", in cui devono addentrarsi gli altri "esploratori".
E non si sa se riusciranno a uscire fuori salvi dall'intrico; al sax tenore è più
jazzista free, grazie ad un fraseggio aggrovigliato, appuntito, per mezzo di rapide
ascese con sequenze di note che vanno a finire in alto, senza superare la soglia
consentita. Non si spinge, cioè, al di fuori dei limiti dello strumento. Joao
Lobo è un batterista portoghese sensibile e versatile. Dopo le esperienze in
Italia con Enrico
Rava e Giovanni Guidi, qui è impegnato a fare tutt'altro. Il suo non è un
accompagnamento vero e proprio, ma un lavoro di apertura, di chiusura, di contrasto
e di commento di determinati input che i compagni di avventura gli lanciano e che
lui deve essere pronto a seguire, anticipando successive sollecitazioni. Manolo
Cabras aggiunge la sua voce in uno spazio già pieno con un contributo mai invasivo.
Forte sulle note gravi che va a cercare volentieri, dispensa strappate e veloci
passaggi sulle corde del contrabbasso in modo funzionale allo spirito di questa
improvvisazione e sono carichi di significato i suoi interventi con l'archetto.
I brani migliori del cd sono "Cross fades" con Luppi impegnato a ricreare un'atmosfera
che ricorda vagamente
Jan Garbarek
e le algide atmosfere dei suoi primi dischi ECM. La voce della cantante, però, su
toni alti con suoni lunghi e prolungati, proietta il brano in un clima ancora più
rarefatto, ma lontano da qualsiasi "astuzia" o dalla prossimità con qualcosa di
somigliante alla world music. Qui si percorrono altri sentieri, si perseguono differenti
obiettivi. Non c'è niente di accattivante, per scelta, in quanto si ascolta; dando
per scontato che "certa world music" possa essere accusata di eccessiva condiscendenza
verso il lato orecchiabile e "commerciale" del prodotto, se è ancora valida questa
definizione.
Di tutt'altro genere, ma estremamente suggestiva è "Sure enough". Qui, prima
si apprezza un campionario completo della capacità vocale di Lynn Cassiers, che
imperversa lanciandosi in "sproloqui" antimusicali, grida strozzate, frasi monche
o strascicate, per dialogare, poi, con il tenore decisamente free di Riccardo
Luppi. Il resto del gruppo va a ruota libera, assecondando il leader in un'escursione
su climi musicali piuttosto "caldi", non programmati né programmabili.
In conclusione "Live in Milano" è un disco coraggioso, di ascolto non agevole,
anzi parecchio ostico, ma che ci permette di conoscere meglio un gruppo di musicisti
che seguono come una pratica non rinunciabile, come una vera e propria scelta estetica
o di vita, l'improvvisazione a 360 o più gradi, se solo fosse consentito …
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/04/2012
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