ECM 2009, (distribuzione Ducale)
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Keith Jarrett
Testament (Paris/London)
CD 1:
Paris - Novembre 26, 2008
Part I
Part II
Part III
Part IV
Part V
Part VI
Part VII
Part VII
CD 2:
London - December 1, 2008
Part I
Part II
Part III
Part IV
Part V
Part VI
CD 3:
London - December 1, 2008
Part VII
Part VIII
Part IX
Part X
Part XI
Part XII
Keith Jarrett
- pianoforte
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Sappiamo bene il moto ondoso del quale
Keith
Jarrett è invaso. Appena abbandonati i fasti del trio delle meraviglie,
accantonate le movenze oramai troppo consuete, collimanti nella naturale bellezza
di una formula magnifica ma tendenzialmente routiniera, eccolo in solitudine mostrarsi
con la sua anima migliore in un gioco di specchi e reticolati immensi e magmatici.
Era questo (in labili comparazioni) il Jarrett
di "Radiance" (ECM, 2005), sostanzialmente proiettato su temi e visioni variabili
di straordinaria drammaticità espressiva. Ed è Paul Hindemith (quasi come
sua consuetudine) a prevalere ancora una volta quale punto di riferimento postumo
del Jarrett solista; pianista che evidenzia temi e improvvisazioni istantanee
in una gabbia impervia di scritture volatili, sempre emblematiche.
Si raccoglie anche questo nel suo "Testament",
una sorta di sommatoria essenziale del Jarrett più poetico e temerario. Ma
fino a un certo punto. Perché se nel concerto di Parigi (prima parte di questo
triplo lavoro dal vivo), vi è una consapevolezza sfuggente e irreale nella cronoscalata
a quei sogni, a quelle finestre di fantasiosa e fine magia interpretativa, nella
seconda parte (il concerto londinese di cinque giorni più tardi, risalente al dicembre
2008), appare un Jarrett significativamente
aperto ad una variabilità più attenta nell'intercalarsi di combinazioni di certo
leggibili e con climi estetici assai più morbidi e concilianti.
Vi è una happiness di fondo nell'apertura di Part
VII (cd 3), modale e ciondolante come Jarrett insegna sin dai
tempi di "The Köln Concert". Squarcio "ostinato" che si fa profondo
minimalismo nelle trascinanti movenze di Part X
(cd 3). Sprazzi di Beatles addirittura nella Part XII
(in chiusura del cd 3 e "simbolicamente" anche in Part
III, cd 2). Diversamente, la meraviglia più sognate ed eterea risplende
sin dalle primissime armonizzazioni di Part II
(cd 3) con un preludio incantevole che diviene tema sereno di un sussurrante sentimento
placatore.
In Part XI (cd 3) il Jarrett magico
e intimista qui emerge in tutta la sua paralizzante bellezza, in forme lunari cangianti
e pensose, ma di una autorevolezza da fine ed inimitabile raconteur.
Sentimento opaco, nascosto, che emerge nel sussulto di apertura dell'esibizione
londinese, nata su di una leggerezza via via sempre più rarefatta e misteriosa.
Prolungamento di tale riflessività chiaroscurale, ancor più romantica e semplice,
è Part VI (cd 2), ricca di grazia e di nostalgica
dolenza.
Nulla a che vedere col concerto di Parigi e con la valenza drammatica di
Part I (cd 1), estraniazione e sogno desueto,
abbandono e mancamento di una notturnità che plana dolcemente verso un affascinante
"andante".
Rappresi da questa stessa natura, lungo il percorso del disco, insorgono
altri segmenti tragici, spesso nervosi, all'interno delle
Part IV, VI
e VIII (cd 1); visionarie costruzioni di complessità
architettoniche degne di un Palais Bulles o di un Giorgio De Chirico.
In Part II (cd 1) emergono invece talune
fascinazioni orientaleggianti e ipnotiche in uno stile mai desueto e sempre caro
al pianista di Allentown.
Antichi e autorevoli, di fatto assorti dentro poetiche chiaroscurali quasi
elegiache giungono a noi ancor più elettivi i riferimenti modernamente bacchiani
di Part VII (cd 1). Suoni di albe serene; di
infiniti cieli desertici che nella Part V ma
soprattutto in Part III (cd 1), ci lasciano
in un abbandono senza fiato, serbando di questo "Testament" un ricordo e un affetto
pari ad altri grandi ed indimenticabili capolavori jarrettiani.
Gianmichele Taormina per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 24/10/2009
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