Culatello & Jazz: Fabrizio Bosso, Lorenzo Tucci, Luca Mannutza
Roccabianca (PR) - 11 settembre 2009
di Marco Buttafuoco
Foto di Andrea Campanini-Parma
I rapporti fra jazz e gastronomia sono sempre apparsi, al vostro cronista,
come qualcosa di indefinito ed anche un po' inquietante. Prendete l' autobiografia
di Ellington. Il duca dedicò un intero capitolo delle sue debordanti memorie a questo
tema. Per arrivare a dire che il piatto migliore che aveva mai mangiato in Italia
erano le scaloppine avvolte nel Belpaese. Un po' sconfortante.
Anche il cosiddetto soul food, la cucina del
sud degli USA tanto amata da tanti musicisti e spesso citata nelle loro biografie
ha sempre evocato a chi scrive oscure suggestioni di digestioni faticose, di interiora
fritte nel lardo. C'è anche una storia reale dietro questa diffidenza. Una storia
avvenuta a New York una diecina di anni fa. Seduto al tavolo del Birdland, in attesa
di ascoltare il grande
Bobby Watson con un gruppo stellare, sentendomi molto jazzofilo
militante e turista consapevole, lontano dal clichè dell' italiano in cerca di pasta,
ordinai, invece di una normale e newyorkese bistecca con le patatine fritte, il
cosiddetto piatto di New Orleans. Altro non era che un mix di spezie urticanti accompagnate
da riso, verdure e pesce. La gola e l' esofago in fiamme mi impedirono perfino di
ascoltare con la dovuta concentrazione Watson e d i suoi bravi. Spesi l' ora e mezzo
del set a mangiare pane e a tentare di spegnere l' incendio appiccato da quel cibo
demoniaco con litri di birra. Si voglia notare, sempre che interessi, che chi vi
parla pur vivendo in Emilia da tempi lunghissimi, vanta origini livornesi ed al
piccante è quindi più che abituato
Ovvia quindi la diffidenza quando ho scoperto dell' esistenza di una associazione
culturale chiamata "Culatello e Jazz" e di una serata basata su un mix inedito di
questo prezioso salume e la musica del trio hammond di
Fabrizio Bosso.
Il culatello, cibo delicato, oggetto di culto buongustai, pareva al vostro affezionatissimo
inadatto alle acidità scontrose della musica afro americana. La serata proponeva
inoltre non qualche panino e qualche bicchiere di lambrusco, ma un intero menù a
base del prezioso e costoso insaccato. Un menu elaborato addirittura da Massimo
Spigaroli, chef del ristorante Cavallino Bianco di Polesine, nella nebbiosa bassa
parmense. Sappiate che questo Spigaroli è una specie di Duke Ellington dei fornelli.
Uno che crea nuove e raffinate ricette dai sapori della tradizione. E poi l' ambientazione
dell' evento era quanto meno inusuale: il cortile di un castello nobiliare, quello
di Roccabianca, sempre in provincia di Parma. Quanta strada ha fatto, ho pensato,
la nostra musica, nata come musica del Diavolo, dai bordelli di New Orleans ai castelli
della vecchia Europa.
Incline come sono però ai piaceri della gola come a quelli dell' orecchio
mi sono proposto senza troppo sforzo per assistere alla serata e commentarla con
qualche futile riga.. Bellissimo scenario quello del cortile del castello, tavoli
apparecchiati con grande eleganza (altro che club fumosi), luci morbide, pubblico
elegante. Un affollamento incredibile, fra l' altro, con cento spettatori rimasti
fuori (Dall' ascolto di Bosso o dal menù di Spigaroli ?).
Dopo una serie di stuzzichini deliziosi è cominciata la cena. E' stato
dopo un piatto mitico di tagliolini al burro e culatello che al vostro cronista
è venuto in mente di accostare quel tal Spigaroli al nostro Duca. Questo per dire
la qualità dell' evento gastronomico. Alla fine della cena, mentre i musicisti si
preparavano a suonare, uno speaker ha annunciato che sul lato del cortile opposto
a quello del palco l' organizzazione proponeva un assaggio di grappe ed una scelta
di sigari pregiati. Il movimento della folla verso quell' area ha fatto pensare
che in realtà il jazz era un pretesto, per molti, dei presenti, un di più, una ciliegia
sulla torta. Bosso ha cominciato in un clima un po' surreale. La maggior parte del
pubblico era lontana da lui. Da quella parte arrivavano ventate deliziose di distillati,
refoli di profumatissimi sigari ed un chiacchiericcio indomabile. Lo stesso Fabrizio
ed i suoi due musicisti (Luca
Mannutza allo Hammond e
Lorenzo Tucci
alla batteria) erano un po' frastornati. Forse dall' ambiente, forse dalle libagioni.
Un inizio stentato, fiacco. Ma Bosso non è certo un novellino. Una volta capito
lo spirito della serata ne ha cominciato a riprendere in mano le redini. Ha sfoderato
alcuni pezzi suonati con grinta e fantasia, un "Someday My Prince Will Come",
ad esempio, o un "Moritat" da "L'opera da tre soldi", fantasmagorici, pieni
di sorprese, che hanno cominciato ad affascinare una platea che a certi linguaggi
non era certo molto abituata. Alla fine, dopo l' ultimo bis, un "Estate" che ha
fatto aleggiare sul cortile lo spirito inquieto di Chet. Un pifferaio magico, il
nostro Bosso. L'uomo giusto al posto giusto in quella serata.
Lo ascoltavo, però, sorseggiando, di tanto in tanto un ottimo Gutturnio
passato dalle botti francesi, i celebri barriques. E' un procedimento questo che
da sapori nuovi al vino e lo rende più profumato, ma che appiattisce le carattetristiche
intrinseche di ciascun vitigno. Per capirci un Chianti rischia di somigliare troppo
ad un vino di tutt' altra regione. Sono tutti e due buoni, ma troppo uguali fra
loro. Ho tentato allora un paragone con il jazz di questi ultimi anni, che a volte,
in effetti, un po' barriquato sembra proprio. Ma ho presto lasciato cadere
il pensiero, perché, a fine serata, tutto quadrava. Ottima musica (bravissimi i
due scudieri di Bosso, autentici solisti), grande cena, soddisfazione generale.
Per i cultori della gastronomia ma anche per i combattenti della causa del jazz.
Serate come questa avvicinano infatti alla nostra musica persone che per essa nutrono
inveterate diffidenze. Non è poco.
Già alla fine della serata gli organizzatori facevano progetti per il
prossimo anno. Forse faranno tendenza, chissà. Già qualche jazz & wine in giro c'è.
Magari nei prossimi anni avremo serate simili in altre regioni.Non so "Caciucco
e jazz a Livorno", o "Polenta e jazz " a Bergamo. Tutto può essere. Il vostro cronista,
fedele al dovere di informarvi, si farà uno scrupolo per essere sempre presente
a questi eventi e si prenota fin da ora per gli accrediti relativi.
Foto di Andrea Campanini-Parma
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
|
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 4.224 volte
Data pubblicazione: 13/12/2009
|
|