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Chiunque sia ancora interessato alla qualità della musica ed è abbastanza
accorto da non sottoporsi alla logica estrinseca dei generi e degli stili, né vuole
ancora pescare nelle troppo grandi discografie dei déi patri del jazz italiano (quando
finirà quest'opulenza?) può illudersi per un attimo di tornare alla dolce clandestinità
dell'ascolto in soffitta e seguendo questa recensione vestita da suggerimento, ascoltare
il trio di pianoforte, contrabbasso e batteria che ha inciso
Forward. Troverà in apertura un omaggio a Monk,
non una citazione o una scimmiottatura di temi monkiani, ma il tentativo di apprendere
da un universo espressivo che obbliga a pesare ogni nota, spesso costringe alla
rarefazione, rifiuta la logica delle scale snocciolate sugli accordi, piuttosto
induce al blues ed alla variazione tematica.
Confusion ha invece un andamento più melodico,
con un tema dal crescendo appassionato, quasi una rincorsa. Ci sono anche standard,
persino tra quelli più abusati come Autumn Leaves,
Bye Bye Blackbird,
Lonnie's Lament, Dolphine Dance,
che però ricevono la lettura di arrangiamenti intelligenti e non scontati.
Autumn Leaves è certo uno dei pezzi più difficili
da suonare per un pianista di jazz: di quante interpretazioni che vanno dal buono
all'eccelso ne è piena la memoria? Quanto difficile è ricominciare ogni volta da
zero? Il gruppo se la cava egregiamente dando al brano un colore latino-americano
e improvvisando con una preferenza per gli ostinati ed una pronuncia accesa del
ritmo. In Bye Bye Blackbird il gruppo
ha invece il merito di mantenere una bellissima pulsazione swing per tutto il brano.
Tra le composizioni originali del leader ci sono anche due libere fantasie pianistiche
dove più spazio è concesso alla ricerca ed al rischio. In entrambe vi è un fitto
dialogo, un intreccio polifonico, fra mano destra e sinistra, la prima può assomigliare
ad un preludio impressionistico, mentre nella seconda forte è la pronuncia jazzistica
ed il gioco sugli accenti con una coda di particolare gusto per i colori degli accordi
e le risonanze.
Di chi si parla allora? Di
Ettore Carucci,
pianista nato a Taranto nel 1969 (vedi la biografia
su questo sito),
che nonostante il lavoro nella musica commerciale ed una fama non pari al merito,
ha mantenuto la sua sincerità.. A seguirlo Ben Street ed Adam Cruz,
ottimi ed emergenti strumentisti newyorkesi.
Daniele Mastrangelo per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/11/2007
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