Personalità, potenza di voce, espressività senza
alcun ricorso a certi sterili virtuosismi di tante aspiranti cloni di Ella Fitzgerald
e della Vaughan. Queste le carte che Daniela d'Ercole gioca nel suo
disco d' esordio, pubblicato dalla label tedesca YVP MUSIC e già presentato negli
USA. Stella polare della giovane cantante pugliese sembra essere piuttosto la
Dinah Washington degli ultimi anni, quando la vocalist dell'Alabama aveva messo
la sua sapienza di interprete blues al servizio di una musica pop raffinatissima.
Il primo brano di questo disco "I'll close my eyes"
è un omaggio esplicito a Dinah, quasi il tributo da pagare a tanto nume. Nei brani
successivi la D'Ercole è decisamente più personale e, sorretta da un gruppo
di musicisti assolutamente perfetto per il suo mondo espressivo, mette in luce tutte
le doti di cui si diceva all' inizio.
Ovviamente ci sono luci ed ombre. Queste ultime nascono da un lettura
a volte un po' scolastica di certi standard come Caravan
o Speak Low e dall'eccesso di leziosità di brani,
invero molto poco jazzistici, come Sailing.
Le luci, vivide, vengono da brani come Peacok
(forse non a caso scelto anche come titolo del disco) nei quali la giovane interprete
riesce ad evocare brume e tristezze giocando sulle sfumature, sui soffi, sui chiaroscuri,
con una tecnica quasi strumentale (Nelle note di copertina confessa, infatti, di
essere stata ammaliata da una rilettura di Wynton Marsalis di "Where
or When" e di aver studiato approfonditamene la grande storia jazzistica
dei fiati). In questi momenti, specialmente quando dialoga con il sax di Jed
Levy, viene da pensare che il territorio che ha scelto di abitare, una frontiera
mobile fra pop e jazz è forse un po' limitante. In altre parole la D'Ercole dovrebbe
forse osare di più. Ha tecnica, grinta e carica emotiva per farlo. Questi rilievi
(incoraggiamenti) non devono comunque far dimenticare che siamo davanti ad un ottimo
disco d' esordio.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 06/06/2009
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