Mauro Ottolini Sousaphonix: "Bix Factor" Auditorium Parco della Musica – Roma, 13 marzo 2013
di Roberto Biasco foto di Riccardo
Crimi
Mauro Ottolini - trombone, sousaphone,
voce;
Vanessa Tagliabue Yorke - voce;
Stephanie Ocèan Ghizzoni - voce- riti voodoo;
Vincenzo Vasi - voce-theremin-strumenti giocattolo;
Paolo Degiuli - cornetta; Guido Bombardieri
- clarinetto, sax alto;
Dan Kinzelman - sax tenore, clarinetto, clarinetto basso;
Paolo Botti - viola, dobro;
Enrico Terragnoli - banjo, chitarra, podofono;
Franz Bazzani - pianoforte, armonio liturgico, e pedali Galvan,
Danilo Gallo - contrabbasso;
Zeno De Rossi - batteria
Mettete insieme un buon cinquanta per cento di
Bix Beiderbeckee Louis Armstrong,
sovrapponete uno strato di Igor Strawinsky, preparate a parte e mescolate un mix
di immaginario cinematografico che va da Wim Wenders & Ry Cooder fino
Pupi
Avati passando per Walt Disney, e infine spruzzate il tutto con un pizzico
di Tom Waits e
Charles Mingus.
Otterrete un improbabile surreale miscuglio tra riti woodoo ed echi di balera.
Ma "c'è del metodo in questa follia": solo un novello apprendista stregone
come Mauro Ottolini- acclamato come miglior musicista, miglior trombonista
e miglior arrangiatore nei recenti Top Poll delle riviste specializzate - poteva
riuscire a tirar fuori questo immaginifico "Bix Factor" da un ribollente
calderone di musiche, stili e suggestioni così diverse.
Uno spettacolo che, visto dal vivo, va molto al di là di quanto già ascoltato su
disco: un concept album, una sorta di "Exile on Main Street" in chiave jazz,
che, a partire dalla musica degli anni venti e trenta, vira inaspettatamente verso
dimensioni d'avanguardia.
Sul palco una band di ben nove elementi più tre cantanti. Ottolini la presenta
subito come un'orchestra per matrimoni e funerali. E tanto per spiazzare l'ascoltatore
inizia con una rivisitazione dell'"Andante dall'Ebony Concert" di Igor Stravinsky,
le cui atmosfere vagamente funebri vengono immediatamente spazzate via da una travolgente
rivisitazione del classico "Tiger Rag".
Cambi repentini di atmosfera, autentiche "docce scozzesi", ed improvvisi crescendo
caratterizzano l'intero concerto, che si snoda più o meno sulla falsariga della
scaletta dell'album, alternando rivisitazioni di brani d'epoca e nuove composizioni,
con l'inserimento di brevi recitativi estratti dal racconto riportato nel libretto
allegato all'album. Da ricordare anche l'esecuzione di "The Sky Above Braddock",
ripresa dall'altro recente album sfornato dal gruppo.
C'è una dimensione teatrale nell'allestimento dello spettacolo: alle spalle dell'orchestra
uno schermo gigante continua a proiettare immagini in bianco e nero della vecchia
America, insieme a cartoni animati originali alternati a spezzoni d'epoca, prodotti
e montati a cura di Hermes Mangialardo e Paolo Pinaglia.
Una menzione particolare per i tre cantanti, che assumono sul palco anche il
ruolo di mimi e di attori: Vincenzo Vasi, è un singolare incrocio tra il Dottor
Mabuse e Tom Waits, che utilizza, oltre alla sua voce profonda e carica di blues,
un'improbabile apparato di strumenti giocattolo, ivi compreso il più eccentrico
per antonomasia: il Theremin. Bravissime le due voci femminili: slanciata, elegante,
grande presenza scenica per Vanessa Tagliabue Yorke; sensuale, intrigante, magnetica
Stephanie Ocean Ghizzoni. Mauro Ottolini si ritaglia un ruolo più defilato come
arrangiatore e capo-orchestra, ma le sue ruggenti sortite al trombone ne confermano
lo spessore di solista di razza.
Il resto della band è una vera macchina da guerra: merita indistintamente un
plauso per l'alta caratura dei singoli e soprattutto per il livello di coesione
raggiunto. Non è facile tenere insieme ed "allenare" un band di dodici elementi.
La sensazione è che un gruppo di questo livello, avendo la possibilità di suonare
dal vivo con maggior frequenza, potrebbe raggiungere livelli espressivi ancor più
travolgenti.
Il finale giunge dai bassifondi di New Orleans sulle note solenni dell'eterna
"St. James Infirmary".
Uno spettacolo da non perdere, un'ora e mezza ininterrotta di concerto nel corso
della quale è impossibile annoiarsi. Mauro Ottolini riesce a coniugare ricerca
musicale, impegno artistico e capacità di divertire non solo il pubblico, ma anche
e soprattutto sé stesso e la band che lo circonda. Riuscire a fare, divertendosi,
cose serissime: la quintessenza del jazz!.