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Hobby Horse
Rockedtdine
Parco della Musica Records (2016)
1. Squillers Are Not Your Friends
2. My Fellow Astronauts
3. Mods: Mod I
4. Mod II
5. Typical Landscape
6. Drone
7. Two Beautiful Clouds: A Beautiful Cloud / Another Beautiful Cloud / First Beautiful Cloud
8. The Birthmarch
9. NPR
Dan Kinzelman - sax (tenore), clarinetti, sintetizzatore, voce Joe Rehmer - contrabbasso, sintetizzatore, voce Stefano Tamborrino - batteria, DJ set, elettronica, voce
Il gruppo Hobby Horse è attivo dal 2010 e giunge alla pubblicazione
del quinto disco a suo nome. Il trio è composto da due musicisti statunitensi, ormai
adottati dal nostro paese, e da un giovane percussionista italiano. La musica del
trio è abbastanza inconsueta, perché interpreta in maniera particolare la formula
sassofono-basso e batteria, non proprio atipica, in verità, nel panorama del jazz
internazionale. C'è un'idea compositiva forte, cioè, che orienta praticamente le
iniziative di ciascun membro del terzetto. Si va, in tal modo, oltre lo specifico
dei compiti strumentali definiti dalla tradizione. Non ci sono solisti e accompagnatori
designati in partenza. C'è, infatti, una sostanziale parità nei ruoli. I tre, inoltre,
hanno nelle orecchie la musica fusion, new age, heavy metal, oltre a conoscere quanto
si sta sviluppando in ambito jazzistico contemporaneo e tutte queste influenze vengono
filtrate e rimescolate nei loro originals.
Dan Kinzelman, alle ance, espone i temi, formati solitamente da frasi che si ripetono
ciclicamente e si proietta in assoli strettamente collegati al carattere dei motivi,
evitando accuratamente, cioè, le improvvisazioni svincolate dal contesto. E' sempre
dentro e sul pezzo, insomma. Joe Rehmer è asciutto e sobrio quando pizzica il suo
contrabbasso, mentre diventa pieno e discorsivo quando lo accarezza o lo percuote
con l'archetto. La sua azione è fondamentale per determinare l'asse timbrico-armonico
del "chiodo fisso", come si può tradurre in italiano il nome della band.
Stefano Tamborrino rappresenta la spina dorsale della formazione e va giù deciso
con cadenze funky o spinge verso territori confinanti con il rock, più o meno duro,
suonando spesso in controtempo.
Ad aggiungere un tocco ambient al tutto è l'intervento dei synth che procurano tessiture
impregnate di umori elettronici, estatici e penetranti.
"Rocketdine", in conclusione, è un album abbastanza leggibile, privo di vere
asperità, basato su melodie identificabili, complicate, però, da un confezionamento
raffinato, intellettuale, che conferisce all'intera opera un'aria attraente di avanguardia
tenera.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 07/01/2018
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