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Hobby Horse
Eponimus
Parco della Musica Records (2013)
1. Battle (Part I)
2. Visitor
3. Ribcage
4. Watercourse
5. Kitten Salad Sandwich
6. Battle (Part II)
7. Three Hours
8. Success
9. Non ti scordar di me
Dan Kinzelman - winds, keyboards Joe Rehmer - double bass, keyboards Stefano Tamborrino - drums, percussion, vocals
Eponymous. Qualsiasi altro titolo sarebbe stato riduttivo: un po'
come l'idea di un'immagine monocromatica nella prospettiva di un caleidoscopio.
Tant'è che di figure chimeriche e di colori surreali traboccano anche i dipinti
di Evan Ross Murphy, scelti come front e back cover dell'album. A risolvere il dilemma
semantico interviene così l'etimologia greca del termine eponimo [dal gr.
ἐπώνυμος, comp. di
ἐπί «sopra» e
ὄνομα, ὄνυμα «nome»] che, nell'antichità classica,
indicava la divinità o il personaggio mitico che dava il nome a un luogo o una gente,
diventandone il protettore. L'accezione evoluta nell'uso moderno denota "colui che
dà il nome a un movimento letterario o artistico, o anche a un periodo storico"
(Fonte: Treccani.it). Nella fattispecie, a battezzare un nuovo fare musicale
è l'album di debutto del trio italo-americano Hobby Horse, nato nel
2008 dall'incontro fra Dan Kinzelman,
Joe Rehmer e Stefano Tamborrino.
Un'esperienza sensoriale uditiva,
l'ascolto di Eponymous, assimilabile a quella prettamente visiva offerta
dall'affascinante strumento ottico: nove brani come nove scatti di rotazione per
nove imprevedibili e sorprendenti combinazioni. In cui si intrecciano - e giocano
– inattese quanto ricercate sonorità: dalle improvvisazioni free jazz armonicamente
adagiate su consistenti tessuti melodici (particolarmente avvolgente quello di
Visitor, sinuoso quello di Kitten Salad Sandwich, asimmetrico quello
di Success), alle sofisticate atmosfere d'ambient music ispirazione (di cui
Ribcage è raffinata prova); dai riflessivi passaggi elettronici che scorrono
in Watercourse (e non solo) alla vivacità ritmica che dirompe (e vince) nel
finale delle Battle (Part I e II). La voce di Tamborrino chiude
infine il cerchio (magico) con la reinterpretazione - in perfetto equilibrio tra
gli intenti originali e quelli hobbyhorsiani - della Three Hours di Nick
Drake e la struggente delicatezza dell'intramontabile Non ti scordar di me
(scritta nel 1935 da Ernesto De Curtis e Domenico Furnò).
Caleidoscopico, forse è proprio questo l'eponimico.
Alessandra V. Monaco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 06/07/2014
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