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Michel Godard & Ihrab Radwan
Doux Désirs
dodicilune (2017)
1. Su l'onda d'amore
2. In The Grotte
3. Intro To Tenderness
4. Tenderness
5. Il goloso
6. Dahab
7. Acqua alta
8. Serbia
9. Malato d'amore
10. Love At First Sight
11. A la folie
12. A Trace Of Grace
Michel Godard - serpentone, tuba, basso elettrico Ihab Radwan - oud, voce
Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
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web: www.dodicilune.it
V'è ben poco da dire e, ancor più, da scoprire di Michel Godard:
gran maestro del serpentone, strumento del XVI secolo che raramente lo si ascolta
in contesti improvvisativi, se non per mano del musicista francese (ben accreditato
anche nella musica classica). L'egiziano – residente in Francia – Ihab Radwan appartiene
a un'altra rara schiera, quella di coloro i quali hanno a cuore la tradizione dell'oud
e della musica islamica, con il passo giusto – e le giuste competenze – per convogliarla
nel contemporaneo. Due virtuosi? Può darsi, ma sicuramente non in questo album,
che invece profuma di passione ed empatica combinazione di idee.
C'è la melodia italiana, la struttura della canzone che ricorda
quella storica napoletana (musica madre della canzone) ben immersa in architetture
sì complesse, ma di un'affascinante bellezza, anche disarmante ("Su l'onda d'amore").
Questo è solo l'avant-gout. I suoni del Maghreb fanno un tutt'uno con l'improvvisazione
libera da schemi, golosamente ritmica e avvolgente di Godard ("In The Grotte").
Tempi, ritmi e suoni vanno in altalena, tra sospensioni, glissando, ponti tra universi
musicali che, almeno in questa sede, s'accomodano benissimo insieme. E, quindi,
dalla melodia soffusa, ma sempre graffiante, di "Tenderness", si passa al
groove tambureggiante di "Il goloso", dove l'oud e il serpentone sembrano
giocarsela a colpi di spada. Il trombonistico periodare di Godard affiora in Dahab,
mentre le corde magistralmente toccate da Radwan lo intersecano, affrescano la melodia
di memoria mussulmana. Tutti brani freschi e nuovi, firmati – equamente – da entrambi,
con molti titoli in lingua italiana, circostanza che incuriosisce. La musica del
mondo declinata secondo il vocabolario di due fuori classe, che sanno anche ammansire
quella balcanica ("Serbia"). In "Malato d'amore" si ascolta anche
la voce di Radwan, che avrebbe meritato – se l'economia del disco l'avesse permesso
– maggior spazio, perché è cristallina e dall'impeccabile intonazione e ruota intorno
al Rinascimento musicale. Un duo che, almeno si spera, farà parlare e che bisognerebbe
ringraziare per il contributo storico e "futuristico" che danno all'improvvisazione.
E un applauso va anche alla Dodicilune, per aver prodotto e licenziato questo lavoro,
dimostrando di avere coraggio e lungimiranza.
E' jazz? Non è jazz? Se c'è ancora qualcuno che si pone questa
domanda, è giunto il tempo che si rinchiuda nella sua torre eburnea.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/11/2017
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