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Roberto Olzer è un pianista di cultura jazzistica e classica dotato di indubbia
raffinatezza musicale e di una capacità espressiva al di fuori del comune. Si è
diplomato nel 1994 al Conservatorio "Giuseppe
Verdi" di Milano in Organo e Composizione Organistica, stesso anno in cui comincia
a frequentare Ramberto Ciammarughi che lo introduce all'improvvisazione e
al repertorio delle blue notes. "Esprit de Finesse" è il quarto album
di Olzer, dopo "Folk songs" in duo con il chitarrista Fabrizio Spadea,
"Eveline" con un sestetto a proprio nome e "My jazz flutes" con il
Michele Gori
Quartet.
Dal titolo dell'album, lo "spirito della
finezza", espressione con la quale Blaise Pascal indicava la capacità
intuitiva appartenente più al sentimento che alla ragione, si intende ciò che
Olzer vuol presentare in questo studio: non solo l'esecuzione (già intenta a
"virtuosismi sobri", si consenta l'espressione) frutto di un accurato studio dello
strumento, ma soprattutto lo spettro di emozioni che il pianoforte è in grado di
fornire.
Il pianista afferma nella nota di copertina: "Mi sono lasciato tentare
dal richiamare, nella scelta dei titoli, alcune suggestioni della filosofia di Pascal,
le cui Pensées mi fanno compagnia da molto tempo, per lo più
scorrendo nel sottosuolo dell'anima, ma periodicamente riaffiorando, nei passaggi
cruciali dell'esistenza, come un fiume carsico ed un riferimento ineludibile."
Il commento a tali pensieri è tutto nelle composizioni scelte, nel fluire silenzioso
di un suono essenziale nell'intuizione artistica.
La scelta di ricordare a duecento anni dalla nascita un musicista più
passionale che virtuoso, come a nostro parere è stato Felix Mendelssohn Bartholdy,
è più che indicativa e può farci meditare su quanto egli avesse intuito circa la
possibilità di un'armonia diversa, quella che poi avrebbe contribuito a dar vita
al jazz stesso. Ed in effetti nel disco sembra essere racchiusa, assieme al frutto
della formazione musicale di cui si è detto, questa profonda convinzione rappresentata
con lineare equilibrio ed un' originale suggestione di suoni.
Nonostante la forte impronta mendelssohniana, nessuno dei due generi si
annulla nell'altro, in virtù di un' interazione davvero convincente tra una base
per lo più scritta e improvvisazioni vibranti e di sicuro impatto emotivo. Le sonorità
del disco ruotano attorno a modulazioni sostenute e vaganti che lasciano l'ascoltatore
sospeso in un aria carica di espressività e passione con la complicità del romanticismo
di Chopin e Liszt, contemporanei di Mendelssohn. L'uso del
sincopato tipico del jazz è amalgamato alla base classica degli arpeggi e dei trilli
che modellano l'esecuzione con un gusto raffinato, in maniera tale che ogni brano
contenga un'avvolgente linea tematica.
L'album offre sette composizioni del maestro amburghese, una del compositore
belga contemporaneo Flor Peeters e ben sei scritte da Olzer stesso. Il pentagramma
più significativo del disco è probabilmente la bonus track, "Prelude, Fugue &
Choral", che racchiude una larga varietà di timbri e tempi che spaziano dall'espressivo
al movimentato; queste caratteristiche offrono la possibilità di mostrare le sue
ottime capacità tecniche e la tendenza ad una coloritura tanto eterea quanto impressionistica.
Emozionante ed emozionato in "Eveline": il piano sembra narrare una passione
amorosa, preludio a "L'Ile solitaire", interpretata con grande vigore ed
inventiva, tale da far pensare ad una sonorità sempre in medio tra lo scritto
originale e le variazioni di tempo più propriamente jazzistiche. Moto su scale cromatiche
e ritmo incentrato su tonalità alterate sono invece gli shifters dei tre
"Divertissement", i brani maggiormente blue dell'album che disegnano
in modo originale la parabola emozionale dell' opera.
Lo studio che ha effettuato questo giovane compositore è considerevole,
e la scelta di rileggere il musicista tedesco nelle sue pagine più intimistiche
ed evocative è già di per sé una novità stilisticamente e discograficamente importante;
proposta ancora una volta intelligente dell'etichetta Dodicilune.
In una consapevolezza evidente dei sentimenti che intende esprimere,
Roberto Olzer dà buona prova di sé per cura tecnica e gusto raffinato
in un album senz'altro interessante, gradevole e pieno di sentimento, impreziosito
da una registrazione tecnicamente ottima, raccomandato caldamente agli amanti del
piano solo sia nel jazz che nella classica.
Fabrizio Ciccarelli e Andrea Valiante per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 29/11/2009
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