Unesco in Jazz Festival - Prima Edizione Alberobello, 26-27-30 Aprile 2014
di Alessandra V. Monaco
Nel corso della sua storia, il jazz è stato un motore di trasformazione
sociale positivo, e lo è ancora oggi. [...]
Fin dalle sue origini radicate nella schiavitù, questa musica ha fatto sentire la
sua voce appassionata contro ogni forma di oppressione.
E' un linguaggio che parla di libertà nel cuore di tutte le culture.
Irina Bokova - Direttore Generale UNESCO
Che la musica fosse un linguaggio universalmente condiviso, capace
di contemplare una varietà di dialetti tanto vasta quanto aggregante, è cosa risaputa.
Che in questa ampia gamma di idiomi il jazz avesse il primato per longevità e trasversalità
è fatto altrettanto noto. Ed è proprio a partire da questa consapevolezza - in troppi
luoghi, purtroppo, misconosciuta – che l'UNESCO nel 2012 ha istituito la Giornata
Internazionale del Jazz (30 aprile), attraverso cui celebrare il genere che nel
corso della storia è stato capace di oltrepassare confini fisici, culturali e razziali,
meritando la degna elezione a patrimonio dell'umanità.
In occasione dell'International Jazz
Day 2014, sono i trulli – altro dichiarato patrimonio dell'umanità - a far da cornice
alla prima edizione dell'Unesco in Jazz Festival, organizzato dal Comune
di Alberobello e dalla Provincia di Bari, con il contributo del Gal (Gruppo
di Azione Locale) "Terra dei Trulli e di Barsento" e della Camera di Commercio di
Bari, in collaborazione con l'Associazione Ristoratori Alberobello e la Dosa Enjoy
- Management Booking Productions.
Un festival capace di racchiudere in un'intensa tre giorni (26-27-30
Aprile) le diverse sfumature ed espressioni che declinano il nobile genere. Con
un potenziale di richiamo che ha fatto eco nella maggior parte delle province pugliesi,
portando il tutto esaurito al Cinema Teatro dei Trulli. Segno che il territorio,
in relazione a simili manifestazioni di cultura, è più vivo che mai.
Apertura in grande stile con Chiara Civello e la
prima assoluta del suo nuovo album "Canzoni", per l'occasione accompagnata
dall'Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari, diretta dal maestro svedese
Magnus Lindgren, e dalla formazione Jazz Combo di
Nicola
Conte (produttore artistico del disco). "Incantevole": l'atmosfera
come il titolo del singolo di lancio, uno dei diciassette brani del repertorio italiano
dagli anni Sessanta ad oggi, rivisitati dall'artista romana (con la Puglia nelle
origini e "nel cuore" - come lei stessa afferma) per la prima volta nell'esclusiva
veste di interprete.
Una mise musicale decisamente apprezzata dal pubblico in sala,
conquistato dai raffinati arrangiamenti strumentali e dall'elegante pienezza della
voce della Civello, capace di entusiasmare, soprattutto negli appassionanti dialoghi
con il sax di Gaetano Partipilo
e dello stesso Lindgren (che di tanto in tanto dismette i panni di direttore d'orchestra
per indossare quelli di sassofonista e flautista). Una riproposizione intensa e
originale di classici che fanno parte del comune vissuto musicale italiano: da "Io
che non vivo senza te" a "Fortissimo", passando per "Via con me",
"Il Mondo", "Senza fine" e "Arrivederci". E molto altro ancora.
Per una serata sospesa nel tempo, tra note e ricordi.
Respiro internazionale per il secondo appuntamento del festival.
Protagonista Sarah
Jane Morris, accompagnata da Tony Remy e dal Michael Rosen Trio (pianoforte di Enrico Zanisi e contrabbasso
di Camillo Pace). "Ella Rose", toccante composizione di Rosen, apre
il concerto e gli animi, lasciando presagire l'escalation di emozioni che solo il
particolarissimo timbro dell'artista inglese può regalare. Il suo elegante ingresso
in scena, incorniciato da una romantica versione della ballad "Into my arms"
(di Nick Cave), ne sancisce la sensazione. La successiva "Wild Flowers",
canzone dedicata alla madre Joy, permette poi di immaginare il resto. Con garbo
la grande interprete interagisce col pubblico, spiegando gli intenti benefici del
nuovo progetto "Bloody Rain", profondamente influenzato dalla musica africana
e segnato dalla presenza di importanti temi sociali, quali l'omofobia, gli assassinii
d'onore, la violenza e la corruzione. Temi raccontati in alcuni dei brani proposti
durante la serata, cantati dalla Morris con forza e sentimento, sottolineati dal
magnetismo della sua gestualità, quasi il corpo fosse un'estensione della voce,
potente strumento tra gli strumenti. Momenti di profondo coinvolgimento regalati
infine da una serie di cover di successo, la cui interpretazione è segnata tanto
dall'accompagnato acustico di Tony Remy, come in "Fast Car", quanto da quello
voci-mani del pubblico, come in "I shall be realesed".
Pennellate d'autore per la serata conclusiva, grazie alla presenza
di due artisti poliedrici del calibro di
Paolo Fresu
e Daniele
Di Bonaventura, che nell'essenzialità di un palco spogliato degli eccessi
ornamentali, dipingono magnifici scenari contraddistinti dall'innovazione prospettica
applicata alle più classiche delle immagini e capaci di contemplare infinite sfumature
di colore. L'affiatatissimo dialogo fra tromba e bandoneon comincia tra le note
della struggente "O que serà" di Chico Buarque, per proseguire tra i toni
ironici e brillati della composizione firmata dal musicista sardo "S'inguldu"
(Ingordo, nella sua lingua d'origine), per poi approdare ai cromatismi sentimentali
dell'intramontabile "Non ti scordar di me". Breve ritorno alla realtà con
le parole di Fresu, che dopo aver sottolineato l'importanza della manifestazione,
spiega al pubblico l'origine dell'antico strumento, nato in Germania nell'800 come
organo "dei poveri", di cui Di Bonaventura è degno quanto raro portatore sano di
sonorità. Strumento che – tra l'altro - tanto ha segnato le melodie del tango argentino.
Ma loro quel repertorio lo tralasceranno – dicono - salvo deliziare i presenti nel
saluto finale a sorpresa con l'inconfondibile ritmo di "El Choclo". La poesia
riprende sulle note del "Minuetto in sol minore" di Bach e su quelle di una Ninna
nanna bretone, apprezzata da Fresu sia per la melodia semplice e raffinata che per
il testo dai risvolti ambiguamente sinistri, su cui lui stesso scherza e sorride.
Chiude il concerto "Sanctus", meraviglioso brano di
Daniele
Di Bonaventura, enfatizzato dalla scelta dei musicisti di interagire a distanza
(l'uno in platea e l'altro sul palco), quasi a voler creare un flusso emotivo visibile
come un immaginario arco congiungente i due spazi sonori. L'immancabile bis regala
infine un momento di estrema profondità con l'esecuzione del tradizionale cileno
"Te recuerdo Amanda".
Bilancio positivo, dunque, per un festival dalla grande partecipazione, non solo
fisica, ma anche e soprattutto morale. In un periodo quanto mai significativo, tanto
per la ricorrenza dell'evento mondiale quanto per l'apertura nello scenario nazionale.
Il 28 aprile, infatti, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
Dario Franceschini, ha dichiarato: "Il jazz italiano rappresenta una autentica
ricchezza del patrimonio musicale nazionale e pertanto ne va sostenuta la produzione
e la promozione. Particolare attenzione va rivolta inoltre ai giovani talenti, che
devono poter maturare in un contesto favorevole per fare della propria passione
una vera e propria professione. È giunto il tempo che anche il Governo e il Parlamento
riconoscano finalmente questa eccellenza".
E da queste parti si prova già.