|
|
|
|
|
|
Paulo Fresu e Uri Caine duo
Roma 19/11/2003, Auditorium Parco della Musica, sala Settecento
di Francesco Lombardo
foto di Andrea Bernardini
E' la prima delle due serate in programma con Paolo Fresu e Uri Caine qui all'Auditorium Parco della Musica, nella sala Settecento, la più piccola, la più intima. Curioso… nella sala
Santa Cecilia dello stesso Auditorium, la più grande, sta suonando (quasi contemporaneamente) Richard Galliano col suo septet: forse anche questa "prossimità" con un concerto di richiamo contribuisce a spogliare dalla retorica dell' "evento" l'esibizione di due riconosciuti protagonisti del jazz contemporaneo.
Il loro incontro è prima di tutto la fusione di due straordinarie sensibilità artistiche, il segreto dell'equilibrio sottile tra la coscienza viva del passato e la necessità dell'innovazione, della ricerca; non è difficile trovare traccia di ciò ripercorrendo le loro rispettive biografie musicali.
Ci siamo. Sullo sfondo nero del palco, in una luce sobria, si avvicina al piano Uri Caine; più a destra una sedia per Paolo Fresu.
La voce suadente del flicorno di Fresu disegna nell'aria una melodia,
Bye, bye blackbird, e non c'è bisogno d'altro… s'imprime nelle nostre menti come il ricordo improvviso d'un paesaggio che c'ha emozionato; ora quel profilo dell'orizzonte è lì, e le note di Caine ne scoprono i dettagli, ne espandono le atmosfere armonizzando con un tocco dinamico e misurato. Si va avanti, senza neppure un'interruzione, una parola, perché il tempo adesso scorre nella musica; Fresu alterna al flicorno la tromba, di cui predilige prevalentemente la sonorità nostalgica con la sordina, ed attraversa temi tra i più significativi del repertorio tradizionale, in un conversazione fatta di standards che sembra naturalmente allargarsi da Miles Davis al Gershwin di Porgy & Bess.
La nudità degli arrangiamenti moltiplica la capacità evocativa della melodia, e ci sorpendiamo a cantare (almeno nella nostra testa!), irresistibile, il tema di
Cheek to cheek.
Caine ironizza, lasciando sgocciolare le frasi sull'ottava più alta del piano ed è incredibile la sensazione di poter sentire risuonare nella nostra immaginazione le note anche quando l'estensione dello strumento non può più contenerle e lui le suggerisce solo percuotendo il legno a destra della tastiera.
Fresu s'incurva sulla sua sedia, in una posizione quasi innaturale, come se con tutto il corpo si tendesse ad afferrare le note inseguendole nell'unico equilibrio instabile dove possono esser trovate.
Lo stile è rigoroso, essenziale ma comunque sempre disinvolto, mai artificioso, carico della consapevolezza profonda con cui Fresu e Caine sanno reinventare; concede spazio con grande parsimonia a sapori più sperimentali: così gli effetti elettronici con cui in alcuni intro Fresu dilata le note della sua tromba, o le rapidissime sortite delle mani di Caine a cogliere i fremiti di grappoli di note su tutta la tastiera, e ancora gli schiocchi delle labbra e i soffi nello strumento di Fresu, l'uso dei pianissimo, non vogliono essere stasera il soggetto della loro musica, ma elementi espressivi che concorrano a stabilire un nuovo rapporto tra i temi senza tempo della scaletta proposta e… il silenzio. Sì. L'impressione che si ha è questa. La musica che suonano stasera era già lì, nei nostri ricordi: il feeling del loro racconto a due voci lascia che la materia sonora emerga dal silenzio; è quasi un soffio vitale, familiare come il respiro, un flusso di emozioni che scivolano nell'ottone di Fresu e tra le corde di Caine per raggiungere le nostre orecchie e far risuonare i nostri pensieri.
L'entusiasmo dell'applauso del pubblico, mentre si congedano dopo un bis generoso, vede ora salire le luci nella cornice della sala Settecento, la più piccola, la più intima, che stasera ha abbracciato il piccolo miracolo dell' "evento… non evento".
E noi, fortuna nostra, c'eravamo.
07/01/2011 | Esperanza Spalding al 34° Roma Jazz Festival, Gezz - Generazione Jazz: "Grande attesa e Sala Petrassi gremita per il ritorno a Roma, a circa un anno di distanza dall'ultima esibizione, della giovane e talentuosa Esperanza Spalding, attesa ad una conferma dal vivo dopo l'uscita del recente ed ambizioso album "Chamber Music Society"...Affiora la sensazione che la Spalding, pur dotatissima, voglia dire "troppo" e tutto insieme: canta, suona, improvvisa, compone i brani e li arrangia, disperdendo energie in troppi rivoli. La musica è veicolo di emozioni, ma in questo modo la tecnica, seppur eccellente, rischia di prendere il sopravvento sui sentimenti." (Roberto Biasco) |
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
16/05/2010 | Angelique Kidjo all'Auditorium Parco della Musica: "Ciò che canta è solare fusione fra la cultura del Benin, suo paese d'origine, ed il blues, il jazz, il funk e, soprattutto, la Makossa: un'ibridazione certo non nuova ma innovativa per temi e poetica, un mondo di suoni ed immagini dai contorni onirici, dalle evoluzioni potenti d'una voce ben definita e dinamica, di ampia estensione, ricca di coloriture flessibili nella varietas delle esecuzioni..." (Fabrizio Ciccarelli) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
|
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 17.346 volte
Data pubblicazione: 13/12/2003
|
|
|
|
|