Quando si è un affermato musicista del panorama musicale italiano,
il punto di riferimento batteristico dell'Italia del jazz e della canzone d'autore,
si potrebbe cadere nel tranello dell'autoreferenzialità, del rimanere sempre uguale
a se stessi e godere del successo acquisito. Roberto
Gatto, batterista di spicco con una lunga e fortunata carriera al
vertice, ha scelto invece la strada più tortuosa ma sicuramente più divertente:
il suo reinventarsi. E il suo sperimentare passa attraverso questo nuovo progetto
che ha portato in tour in Italia per una decina di giorni a marzo. Un mini tour
di rodaggio che ha toccato naturalmente anche la sua città natale, Roma. Nella cornice
della sala Studio dell'auditorium Parco della Musica, lo scorso 2 marzo, Gatto ha
presentato il suo nuovo Special Quartet. Una serata effettivamente speciale, perché
era inserita nella serie di concerti Recording Studio che prevedono la registrazione
di un disco che verrà prodotto e pubblicato proprio dalla Parco della Musica Records
nel 2014.
Il quartetto assemblato dal batterista
italiano è quanto di più particolare e interessante si possa trovare in circolazione.
La parte melodica è affidata a due fiati, la tromba del giovane, talentuoso e osannato
Avishai Cohene il sax tenore e clarinetto di un grande rappresentante
della musica italiana nel mondo Francesco Bearzatti.
A supportarlo e accompagnarlo nella parte ritmica il richiestissimo contrabbassista
americano Doug Weiss. Quattro personalità che hanno messo a servizio
della musica, il loro bagaglio culturale e musicale con grande trasporto ed energia,
ma anche e soprattutto con originalità.
Una performance, che alternando standard jazz e pezzi originali
di Gatto, è stata costellata da preziose perle musicali, da fraseggi intensi e improvvisazioni
originali. I due fiati, protagonisti indiscussi del palco, hanno giocato a reinterpretare
la tradizione, a creare nuove soluzioni melodiche e hanno mostrato una sintonia
e un interplay ottimo. I dialoghi più interessanti sono stati quelli tra clarinetto
e tromba, dove il suono più dolce di Bearzatti contrastava le asperità della tromba
di Cohen generando un mix perfetto di paesaggi sonori. Ma è al sax tenore che il
sassofonista friulano, residente a Parigi, riesce a mettere la sua inconfondibile
voce, così particolare ed unica, costellata di vibrati e rotta da piccole grida
aspre e pungenti. Il trombettista israeliano, naturalizzato newyorkese, riesce ad
incantare in qualsiasi situazione, che sia una ballad o uno standard bebop, che
sia un blues melanconico o una cover ironica, il suo fraseggio è spettacolare, tanto
che il primo accostamento che si è indotti a fare è addirittura quello con il grande
Miles Davis. Comparazioni a parte, quello che in tutto il concerto rimane molto
impresso, è la sua scelta di non chiudere mai i suoi soli ma di lasciarli in sospeso
pronti ad essere intercettati dai suoi compagni. Una modalità di abbandono nel momento
più alto che lascia lo spettatore con una insaziata voglia di ascoltarne ancora.
A supportare i giochi melodici dei due, la batteria di Gatto. La sua tecnica e la
sua padronanza dello strumento sono una sicurezza, gioca con il ritmo a suo piacimento
con abilità fuori dal comune, da navigato leader porta avanti la serata con destrezza.
Un condottiero sicuro, dal suono corposo e vibrante.
Climax della serata una splendida ballad di Horace Silver "Please",
che spicca per un avvicendamento di voci e un crescendo di intensità e lirismo.
Un assemblaggio riuscito quello del batterista romano, che sentiremo ancora in supporto
digitale e sicuramente anche in live.