Anthony Braxton Sextet
Paolo Fresu & Uri Caine
Piacenza Jazz Fest - 17 e 24 febbraio 2007
di Alessandro Armando e Leonardo Schiavone
Foto di Leonardo
Schiavone
Al termine di sguardi e tensioni, puntate e parole frammentate che devono
nascondere le reali intenzioni e la verità di ciò che si ha in mano, al termine
di sigarette consumate e carte cambiate e sistemate con forza nelle mani, al termine
dei rilanci e dei rifiuti, nel gioco del Poker devi calare le carte, mostrare a
chi ha potuto competere ciò che hai cercato di costruire e di celare, devi far
vedere. Se in mano hai quattro carte uguali, forse non hai vinto, ma puoi riempire
la tua voce e il tuo volto di quella strana soddisfazione contenuta nella parola
"Poker!!!" e attendere.
Questa soddisfazione è contenuta in ogni singola parola e gesto di tutte
le persone che lavorano per il Piacenza Jazz Fest 2007:
tutti loro hanno la possibilità di calare le carte, frutto dei risultati ottenuti
con lo stupore e la solidità di chi è riuscito a trasformare, in soli quattro anni,
una sparuta serie di appuntamenti musicali in un festival. Piacenza Jazz Fest
ha raggiunto e orchestrato i diversi aspetti dei maggiori festival italiani e internazionali:
il suo cartellone 2007 è nutrito di nomi importanti
a livello mondiale:
Anthony
Braxton, Seamus Blake,
Paolo Fresu
e Uri
Caine, Di Castri,
Kenny Barron
e Kurt Rosenwinkel, Giorgio Gaslini, Abercrombie e di molti
altri musicisti; ci sono quattro diversi concorsi e molta attenzione per i più giovani
musicisti italiani, c'è lo spazio per il cinema e i per progetti che si allontanano
dal consueto concerto, ci sono le serate del pre-festival per le piazze e i locali
di Piacenza, l'impegno di sponsor importanti e delle realtà amministrative, il club
(il bellissimo Milestone - the jazz place - ) che è spazio per concerti notturni
e spazio per far decantare quanto ascoltato.
Piacenza è una "partita" giocata alla perfezione anche perché ha superato
le difficoltà del jazz in versione non estiva, perché ha saputo unirsi con realtà
organizzative già esistenti come CrossRoads, anche se al momento non ha creato
la possibilità di andare in vacanza a Piacenza per le settimane della seconda metà
di febbraio e di marzo.
Dell'edizione
2007, il poker appunto, presenteremo brevemente
i primi due concerti al Teatro President. Il Teatro è il luogo dedicato agli appuntamenti
di maggior richiamo e prima che le luci lascino spazio alla musica è sede di incontri
tra giornalisti e soprattutto tra i molti fotografi presenti, che inseguendo le
note del jazz vivono con la consueta attenzione a forma di zoom i concerti
di Piacenza. L'atmosfera che si respira a pochi centimetri dal palco, dove si effettuano
gli ultimi accorgimenti tecnici e la scelta del posto migliore dal quale fissare
con un clik le note sul palcoscenico è ricca di saluti e confronti e perché no anche
di sfide: Leonardo Schiavone
e Roberto Cifarelli
improvvisano scatti verso il pubblico che sta prendendo posto, spremendo al limite
le funzioni dei loro strumenti; segue una autovalutazione ricca di consigli più
che di giudizio e con il procedere degli scatti si scopre così che
Ciffarelli fa rima con
"precisione e immobilità" (in questo modo, con profonda amicizia, documentiamo
chi ha vinto e non chi non ha vinto!), la medesima immobilità, quasi ascetica in
un caso e statuaria nell'altro, che ritroviamo nella perfezione sonora di
Anthony
Braxton con il suo sestetto e in
Uri Caine
in duo con
Paolo Fresu.
Braxton apre in concerti al Teatro incarnando forse più che in altre
situazioni la definizione del sito dell'AACM: filosofo oltre che sassofonista, clarinettista
e compositore.
La
clessidra posta ben in vista su un palco traboccante di ferri (ottoni) del mestiere,
la disposizione stessa dei musicisti fanno pensare all'icona del filosofo, dedito
alla speculazione, circondato dai suoi discepoli.
Anthony
Braxton filosofo-compositore ha partiture che farebbero una gran
figura in una galleria d'arte contemporanea, sono strade piene di pericoli e insidie
e, talvolta, i musicisti le abbandonano per costruirne altre spesso non meno ostiche.
Le note trasmigrano dal cartaceo all'aeriforme creando l'immobilità del pensiero
ai limiti della sua potenza razionale.
Braxton,
sul palco di Piacenza, trascina tutti su una strada impervia, che pochi conoscono
o riconoscono e intanto, come quando si pensa alle carte degli avversarsi, suda,
immobile.
Una settimana di silenzio, o quasi, al Teatro President e il duo
Paolo Fresu&Uri
Caine presenta il lavoro del disco, uscito per la Blue Note,
Things: il dialogo tromba pianoforte è intenso
e preciso. I passaggi più semplici, così come l'interpretazione di grandi brani
della storia del jazz sono suonati con la perfezione stilistica che è dei grandi
musicisti. L'elettronica si introduce nel flicorno e nella tromba di
Fresu,
apre a composizioni più personali e ad assoli più ricercati.
La densità della musica di
Fresu
e Caine
è forse l'elemento che più di altri tocca la notte del teatro piacentino, la forma
dell'immobilità, intesa come personificazione musicale nei due artisti, si va costruendo:
Uri Caine
è sempre più statuario, la ponderazione stilistica del suo suono incontra la bellezza
stilistica dei movimenti (non solo sonori!) di
Paolo Fresu.
Fresu
e Caine
sono scolpiti dalla loro musica che è unione della delicatezza delle giunoniche
dita di
Uri Caine e della minuta eleganza di
Paolo Fresu.
Si susseguono brani come Dear old Stockholm,
diversi Frammenti composti dagli stessi musicisti
precisamente distribuiti come spazi e tempi tra i due strumenti; il legame tra
Caine
e Fresu
è immediato forse anche perché è costruito su una comune ricerca per l'innovazione
musicale, l'esplorazione dell'interpretazione di una sorta di classicità poco praticata
in altri progetti dei due artisti ma che, dopo questo incontro, permette esecuzioni
uniche anche di note suonate milioni di volte da milioni di strumenti. Perché quando
Caine
e Fresu
suonano I loves you porgy c'è tutto
il loro essere musicisti usciti dagli schemi del jazz, tutto il loro essere uomini
in viaggio nelle più diverse latitudini e nei più lontani secoli (basti pensare
ai lavori di
Uri Caine su i grandi compositori classici o alla tromba di
Fresu
che interpreta Monteverdi) c'è, come in quattro carte dalla cifra uguale ma
dal diverso seme, tutta la bellezza del sapersi svelare una volta di più.
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 13/08/2007
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