Il Jazz in Italia Presentazione del libro di Adriano Mazzoletti Auditorium Parco della Musica in Roma, 28 maggio 2010 di Fabrizio Ciccarelli e Andrea Valiante foto di Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello
Gli amanti del jazz come
Adriano
Mazzoletti sono più unici che rari nel nostro panorama musicale. Un
artista, anche più che giornalista, dedito per tutta la sua vita a collezionare,
archiviare, studiare, accumulare una quantità impressionante di produzioni musicali,
documenti, testimonianze, aneddoti sul jazz italiano dal momento in cui le blue
notes hanno cominciato a diffondersi nella penisola al tramonto della seconda
guerra mondiale. Ognuno che si interessi di jazz, professionalmente o per passione,
non può non riconoscere quanto
Mazzoletti
abbia ideato per diffondere non solo il sound di Parker, Davis e Coltrane, ma anche
quello dell'italian stile di Natalino Otto,
Franco Cerri,
Gorni
Kramer, Jula de Palma, Nicola Arigliano,
Giorgio Gaslini,
Enrico Intra, Enrico Rava,
Massimo Urbani,
Paolo Fresu
e tanti altri, riconoscendo per primo quanto questo modus fosse del tutto originale,
al pari – ed in realtà ancor più espressivo - di quello sudafricano, scandinavo,
francese, slavo o latino.
La necessità di catalogare e di diffondere questa
mole di utilissime informazioni è la spinta che ha portato alla nascita del libro
"Il Jazz in Italia. Dallo Swing agli anni Sessanta", pubblicato da EDT e
presentato il ventotto maggio 2010 all'Auditorium
Parco della Musica in un evento nel quale si sono esibiti più di cinquanta artisti,
tra i quali brillano alcuni dei musicisti e delle band che hanno scritto (sui libri
e sui pentagrammi) la storia del jazz italiano.
La serata non si concentra però solo sulla musica:
Mazzoletti
ha voluto soprattutto creare uno spazio di discussione fatto di memorie, di ricordi,
di episodi e racconti, portando sul palco i volti e le testimonianze di colleghi
e amici, quali Marcello Piras, Leone Piccioni, Marco Santoro
ed Enrico
Pieranunzi (il quale ha redatto l'introduzione del testo), tra i personaggi
più significativi del periodo storico-musicale su cui si concentra il suo libro.
L'opera
è composta da due tomi di circa 2500 pagine, 2000 nomi citati e circa 300 pagine
di discografia, un'autentica "Bibbia del jazz" come la definisce Leone Piccioni,
e che Marco Santoro fotografa correttamente come una "straordinaria fonte di
informazioni di carattere storico e sociologico".
Tra gli artisti citati nel libro vi è anche Piero Angela a cui
spetta l'introduzione della serata e che offrirà un saggio della sue capacità di
pianista interpretando con veterana scioltezza una crepuscolare "Feelings"
in duetto con Giorgio Rosciglione.
La prima band ad esibirsi è il Sestetto Dino & Franco Piana, dell'indissolubile
trombonista Dino Piana (che sarà più volte chiamato sul palco) con
Pietro Iodice
alla batteria, Augusto Pierozzi e Stefano Sabatini, che virano in
armoniosa intensità le calde ampiezze armoniche di "Bernie's Tune".
Un intervento di Marcello Piras precede le parole commosse di
Leone Piccioni, colorando di sentimenti crepuscolari il preludio all'ingresso
in scena di Gianni Coscia e della sua raffinata fisarmonica, uno storico estimatore
di Kramer al quale dedica un magnifico omaggio con un brano di rara delicatezza
e leggerezza espressiva. Davvero mirabile la morbidezza ed il controllo dell'intensità
con cui Coscia gestisce le note del suo strumento anche quando, in un "ondivago"
duetto con Dino Piana, esegue un brano popolare dinamico e acceso.
La parte centrale del concerto è incentrata sugli anni '30 con due band
divertite ed estroverse: una composta da autentici "veterani" e l'altra da giovani
jazzisti. La prima band è quella di Luca Begonia e
Dino Piana
(ancora con l'eccellente terzetto Sabatini, Pierozzi, Iodice e con la partecipazione
di Marcello
Rosa), che ripropone un brano in stile Dixieland di grande impatto
sonoro, eseguito attraverso coloriture d'insieme chiare e vigorose, coordinate secondo
un intento filologico che lascia il giusto spazio agli equilibrati soli dei singoli.
La seconda è il Quintetto Swing Urso degli omonimi fratelli che reinterpretano
"Dark Eyes", affettuoso e fedelissimo omaggio a Gene Krupa, nel quale
il batterista Emanuele Urso (tanto bravo quanto ironico) si immedesima sorridendo,
emulandone con vivaci similitudini sia la tecnica che lo stile spettacolare e stravagante
da showman: bacchette lanciate in alto e poi riprese in perfetto timing
per l'assolo o per l'accompagnamento.
I toni della serata si colorano di nuances notturne con la presenza
on stage di Amedeo e Giovanni Tommaso con Franco Mondini:
un'elegia sussurrata per
Chet Baker
in "Ballata in Forma di Blues", arrangiata da Amedeo che ha avuto la ventura
di suonarci assieme, un divertissement in ritmo sincopato su una scala blues,
disinvolto quanto meditativo secondo un'estetica raffinata e silenziosa.
Poi una delle tante band che per questa serata si è riunita per ridar
vita al sound che le ha distinte tra le pagine della storia delle notes
italiane: i Saxes Machine di Bruno Biriaco, con la partecipazione
di Enrico
Pieranunzi, rileggono "Miss Laura", un brano di profondo senso
musicale espresso con magnifica tecnica ed un passo armonico del tutto incendiario.
La parte finale del concerto è dedicata ai musicisti più giovani, alle
generazioni che hanno segnato gli ultimi decenni.
Enrico
Pieranunzi resta sul palco dove è raggiunto da
Rosario Giuliani
per una versione meditativa e lunare di "I Mean You", pentagramma di complessa
struttura, seguito da un'eterea introspezione di
Giampiero
Boneschi nelle chiaroscurali venature di "Storia di un istante".
La chiusura del concerto è dedicata allo scintillante corpo sonoro della
Saint Louis Big Band guidata da
Antonio Solimene,
una formazione di assoluto livello stilistico di impeccabile veemenza esecutiva,
complice l'estroversa direzione di un maestro di altissimo livello. La band eseguirà,
insieme a Marcello Rosa e Valentina Piccioni, "Opus in jazz",
scritto da Piero Piccioni (padre della brava e raffinata singer), muovendo
un momento di commozione e coinvolgimento da parte dei partecipanti su un palco
ormai al completo.
L'ultima piece, la conclusione del concerto. "Take The A Train",
Ellington riletto dalla Big Band attraverso un sound brillante, pulito, dinamico
e intenso. L'elegante rilettura dell'evergreen non avrebbe potuto concludere
meglio una serata di assoluto livello culturale e musicale, organizzata e portata
a termine egregiamente e dalla quale l'artefice di tutto questo,
Adriano
Mazzoletti, non avrebbe potuto chiedere di più.
..::Alcune Foto Tratte dal Libro::..
courtesy by EDT