Jazzitalia - Articoli: Nero, free, di sinistra: Il ruolo del Jazz nell'immaginario politico
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Nero, free, di sinistra
Appunti sul jazz "politico" degli anni Sessanta
di Franco Bergoglio

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Questo saggio, è stato pubblicato nel volume:
A.A.V.V., La comunicazione politica, a cura di Fabizio Billi,
Milano, Edizioni Punto Rosso, 2001.

1. introduzione 2. Le Lotte, il Rock e…il Jazz Politico 3. Il Free: motivazioni politiche, motivazioni estetiche 4. Le critiche al free
5. Una variante: le critiche incrociate dei critici free 6. L'arte nera 7. Il ruolo del Jazz nell'immaginario politico 8. Jazz e politica in Italia

Il ruolo del Jazz nell'immaginario politico

La musica di Archie Shepp, è la grande bellezza nera del potere nero.
Stokely Carmichael.

In occasione di un viaggio a Parigi, di poco successivo al maggio francese, Stokely Carmichael si incontrò proprio con Shepp in un locale. "I soli rivoluzionari che io abbia visto a Parigi, li ho incontrati in un locale jazzistico, erano Archie Shepp e i suoi musicisti" [1]. Carmichael esprimeva così in maniera tranchant la scarsa fiducia di cui godevano studenti e forze rivoluzionarie europee per i neri del Black Power; ma l'aspetto da porre in rilievo risiede nel momento di accostare lo pseudo-rivoluzionario al rivoluzionario autentico, dove il secondo termine, quello positivo, viene incarnato da un musicista jazz. Ad avvalorare il ragionamento viene poi la dichiarazione riportata in epigrafe di capitolo, scaturita da una domanda di Shepp a Carmichael, al quale il primo aveva chiesto una sua definizione di Potere Nero. La musica di Shepp, e il free jazz, sono il miglior mezzo di esemplificazione di Potere Nero. Per un verso si è assistito negli anni Sessanta ad un tentativo di politicizzazione della musica operato dagli stessi musicisti spinti dalla situazione sociale e da una raggiunta piena consapevolezza. Questo clima, che ha prodotto musicisti nuovi, come Archie Shepp o Max Roach, ha visto anche emergere, sull'esempio di Malcolm X, una nuova classe politica, rivoluzionaria ed internazionalista, ma legata ad un feroce nazionalismo culturale. Il "Potere Nero" non è altro che uno spostamento d'attenzione al vivo del problema politico, sociale ed economico dell' idea di "bellezza nera" espresso nell'ambito culturale. Lo stesso Malcolm X si è servito del jazz per indicare la strada che dovrebbe prendere il nero per arrivare ad una vera libertà culturale, quella che secondo Malcolm è sempre stata negata all'uomo di colore: "ho visto dei musicisti neri produrre del jazz, mentre suonavano con dei bianchi ad una jam session –la differenza è enorme. Il musicista bianco può produrre se ha un foglio di musica davanti. Può produrre qualcosa che ha già sentito. (…) Ma il nero…prende la sua tromba e tira fuori dei suoni che prima neanche si immaginava. Improvvisa, crea, gli viene dal di dentro. E' la sua anima, è soul music. E' l'unico campo sulla scena americana in cui il negro sia stato libero di creare. Ed egli ne è diventato maestro".[2] Anche in quest'occasione, Malcolm X mostra la propria capacità di toccare sempre la corda giusta della sensibilità nera. [3]



Il jazz è stato riconosciuto dai militanti e dai leader neri come la più importante manifestazione culturale nera, e, nello stesso tempo, un'arma di propaganda e come tale questi hanno iniziato ad utilizzarla. Barbara Ann Teer, un' attrice impegnata del Black Power ha scritto: "La gioventù negra d'America ha bisogno di un'immagine nuova: dovrebbe spettare all'artista negro il compito di dargliela". L'arte come veicolo di messaggi e comportamenti positivi, in grado di educare la comunità, laddove falliscono le scuole pubbliche disastrate e il tessuto sociale disgregato del ghetto. "Ad eccezione dei cantanti di rhythm&blues, di suonatori di jazz e di personalità della portata di una Nina Simone, pochissimi negri nel mondo dello spettacolo hanno un concetto chiaro dell'immagine che dovrebbero riflettere" [4]. Così la Teer individua nei musicisti neri una delle poche categorie di artisti in grado di influenzare i comportamenti soci-culturali della popolazione di colore, nel proporre dei modelli di riferimento validi. Per Larry Neal, collaboratore di Leroi Jones nel Black Arts Movement, è necessaria l'elaborazione di una estetica nera in grado di contrapporsi all'estetica occidentale dominante; tenendo presente che questa costruzione teorica, che passa per i Black Studies, ha un punto di partenza: la musica nera contemporanea, in tutte le forme, dal blues al soul di James Brown, rappresenta la più alta conquista culturale della razza e propone un esempio già operante di "estetica nera". L'importanza della musica nell'immaginario collettivo della popolazione di colore è altissima: dal recupero di una memoria africana, alla rilettura epica dell'esistenza dello schiavo e poi dell'ex schiavo in una terra straniera. L'importanza della musica per il movimento nero non è solo recupero del passato o modello positivo di comportamento: "Otis Redding, Sam Cooke, Bessie Smith, Billie Holiday, Charlie Parker, Coleman Hawkins, Eric Dolphy e John Coltrane sono, nelle menti della gente di colore, più che intrattenitori. Sono dei poeti e dei filosofi dell'America "nera". Ognuno di questi artisti ha dedicato la sua vita ad esprimere ciò che W.E.B. DuBois ha definito: le anime del popolo nero[5]. Ancora negli anni Ottanta ci sono intellettuali neri che insistono su questo punto: "la ripoliticizzazione degli operai e dei poveri dovrebbe puntare anzitutto sull'eredità culturale nera, specialmente sulla forma e il contenuto ideologico della musica popolare nera. La vita afroamericana è permeata dalla musica popolare nera. E dal momento che i musicisti neri rivestono un ruolo così importante nella vita degli afroamericani, essi hanno una missione e una responsabilità particolari: presentare cioè della buona musica che sostenga e dia motivazioni alla gente nera e fornisca delle idee di ciò a cui essi dovrebbero aspirare. Nonostante la ricchezza della tradizione musicale nera e la vitalità della musica nera contemporanea, la maggioranza dei musicisti neri vengono meno a questo compito cruciale" [6]. Per il sociologo Cornel West gli attivisti neri devono rendere coscienti i musicisti neri delle esigenze più urgenti urgenti della comunità nera. Nota Luigi Onori, riguardo a questo articolo di West, che l'autore può aver ragione se si riferisce agli anni Ottanta e Novanta, ma all'inizio degli anni Sessanta il rapporto tra attivisti e musicisti era esattamente rovesciato [7]. "Roach, Weston e Coltrane incarnavano una lotta ispirando ed essendo a loro volta ispirati dal movimento, veicolando idee ed utopie se non per i proletari di colore senz'altro per gli studenti universitari, le frange intellettuali e i bianchi progressisti" [8]. La visione di Luigi Onori, rispetto a quella critica di West, restituisce ai jazzisti e ai promotori come Jones la giusta considerazione per il lavoro svolto al di là della realizzabilità di alcune utopie; quando poi West invita gli attivisti a interessare i musicisti alle problematiche dei neri più poveri, cade in contraddizione: chiede a dei militanti di svolgere lo stesso lavoro già tentato da Leroi Jones e dimostratosi velleitario nel lungo periodo[9].

Perché la musica è al centro di questo discorso e non altre arti? Perché la musica ha una manifestazione pratica che possiede una precisa caratteristica sociale: si svolge in ambienti aperti all'influenza del pubblico e alla interazione. Arte collettiva nel senso pieno della parola, il jazz è anti individuale perché esprime, punto di assoluto rilievo per una pratica artistica, un pensiero comunitario. Tornando a West, va rilevato che questo intellettuale professore di studi afroamericani ad Harvard, critica il rovesciamento culturale degli ideali di bellezza anglo-americani, tra cui il riscatto del jazz, perché voluto da giovani intellettuali della "nuova" borghesia nera. E' una critica a Ron Karenga, Leroi Jones, A.B. Spellman che non rende giustizia all'opera compiuta da questi infaticabili organizzatori culturali ed intellettuali globali. La critica da rivolgere loro ed ai musicisti come Shepp o Roach, consiste nel non essere riusciti a parlare davvero alle classi sociali "umili" come era nelle intenzioni: la musica di protesta non ha tenuto conto del fatto che il free jazz era una forma d'espressione intellettuale e come tale richiedeva mezzi di comprensione che un ragazzo del ghetto senza istruzione non poteva possedere.

Il segno proposto non era facilmente decifrabile, mentre quando James Brown, urlava: "sono nero e orgoglioso", si rendeva immediatamente comprensibile a tutto l'universo giovanile afroamericano. Il jazz ha proposto nel suo linguaggio e con i segni che gli sono propri, un'estetica della ribellione artistica, quale nessun'altra arte poteva permettersi. Il nero diventa il paradigma dell'oppresso e la sua musica, il jazz, diventa il simbolo nobile, perché sublimato in forma artistica, di questa ribellione contro la schiavitù.

Una idea recepita dalla comunità nera (che magari non ascolta jazz, ma ne è in qualche modo consapevole e orgogliosa) ed esportata presso l'universo bianco. Come fanno notare Carles e Comolli, la cultura dell'oppresso non solo non scompare, come era nell'intendimento dei "padroni", ma riesce addirittura ad imporsi all'interno del pensiero dominante [10].

Loretta V. Mannucci, giornalista americana, bianca, parlando della democrazia partecipatoria (siamo nel 1968), da lei contrapposta al modello americano di democrazia autoritaria, arriva al jazz. "Il mondo americano ha già da cinquant'anni un esempio intensissimo di democrazia partecipatoria: il jazz. Questa musica assolutamente indigena, per quanto presupponga una lunga storia musicale e sorga da una tradizione che ha radici distanti e primitive, è la società tecnologicamente avanzata. E' l'America. Nessuno, sentendola, ha mai avuto un momento di dubbio in questo senso. Nel jazz ogni singolo musicista, ogni voce, è autonomo. Ma ognuno canta intorno ad un tema unico. Ognuno interpreta e svolge in libertà e ognuno s'accorda con gli altri, tirandosi indietro quando un compagno improvvisa un assolo e suonando a commento e a completamento, per sostituirlo poi a sua volta.(…) E' un esempio di ordine basato su un gioco di rapporti, un ordine relativo e dinamico. (…) Il grande favore che il jazz ha incontrato nelle università americane degli ultimi anni – con festivals, conferenze, corsi e cattedre- segue assai bene la fortuna dei nuovi movimenti radicali quanto a consistenza ed ubicazione geografica" [11].

All'interno di questo ribollente calderone in cui stanno studenti, predicatori, attivisti non-violenti, uomini di chiesa alla reverendo Cleage, nazionalisti e musulmani neri, musicisti arrabbiati, ci sono anche molti scrittori. Il loro urlo non é certamente stato meno forte o deciso di quello dei musicisti, ma per le motivazioni connaturate all'importanza "sociale" della musica, essi non sono stati così al centro dell'attenzione. Praticamente tutti questi nuovi scrittori (James Baldwin, Ralph Ellison, Eldrige Cleaver, oltre ai già citati Leroi Jones, A.B.Spellman e altri) si sono occupati della condizione nera e sovente ne hanno fatto oggetto di opere letterarie. Più o meno tutti gli intellettuali attivi negli anni Sessanta e Settanta hanno riconosciuto l'importanza e la forza morale del jazz, come caratteristica pregnante, sviluppata dal nero per difendere la sua integrità culturale. [12] Come nota Walter Mauro, chiosando un'intervista a James Baldwin: "la letteratura, in un simile sconvolto universo, finisce per diventare ragione primaria di vita, e va a confondersi con la musica, con il jazz, con la supremazia del negro (mio padre doveva essere bellissimo…), (…) l'espressione, la parola e la nota musicale si confondono in un continuo ricambio che isola il negro, gli consente di aprire ancor più i confini del dolore e della soppraffazione…" [13].

Per alcuni scrittori (come Baldwin) il passaggio dall'idea di integrazione a quella della violenza è tormentato, seppur inevitabile dopo la morte di M.L. King; altri come Jones, si inseriscono fin dall'inizio della loro attività su posizioni radicali, qualcuno come Cleaver rinuncerà ad una carriera letteraria promettente e comoda per militare nel BPP. [14] Per tutti loro l'idea di jazz è univoca e può valere quello che ha affermato Baldwin: "il jazz nacque dallo scontro frontale fra due modi di vivere". [15]

La capacità del jazz di porsi come alternativo è proprio derivata da questo fattore: la sua esistenza è stata sempre caratterizzate dallo scontro culturale.

Ralph Ellison fa parziale eccezione: come scrittore nero è convinto di dover assolvere una funzione dal momento che la cultura negra non contrasta ma è parte di quella americana. Ellison ammette che le forme espressive della cultura negra nascono in contrasto con la civiltà bianca: è il caso della parlata nera, un idioma originale, inventato dagli schiavi per non farsi comprendere dai padroni. Dunque "se è vero che la cultura nera è destinata ad arricchire la cultura americana, è pur vero che la dinamica con cui essa confluisce nel filone centrale è una dinamica di contrasto, una dialettica di antitesi e sintesi", che porta comunque come risultato quello di una interiorizzazione della cultura e del costume nero all'interno della società statunitense.[16] Ellison con questa posizione si espone alle critiche dei giovani intellettuali neri durante gli anni Sessanta, dai quali viene definito "Zio Tom" conservatore; lui replica che "la generazione attuale pretende di strumentalizzare l'arte alla pianificazione ideologica", mentre il separatismo degli studenti impedisce di lavorare per la formazione di valori nuovi e comuni con i loro compagni bianchi.


[1] A.Barbon, D.Albani-Baribieri, op. cit., p.15, entrambe le citazioni di Carmichael sono tratte da questo articolo.
[2] Malcolm X, Con ogni mezzo, prefazione di George Breitman, Torino, Einaudi, 1973., p.68.
[3] W. Mauro, Storia dei neri d'America, Roma: Newton Compton, 1997., p.85. Già nel 1948, Harrison Dillard, primatista alle olimpiadi sui 100 metri e definito "l'uomo più veloce del mondo", dichiarò: "Quando i bianchi si decidono a finalmente a lasciarci fare qualcosa, noi cerchiamo di rifarci. Così è nello sport, come è stato nel jazz".
[4] A.A.V.V., Il black power in azione, a cura di Floyd B. Barbour, Milano: Sugar, 1969, pp.293-294.
[5] Larry Neal, "Any day now: Black art and black liberation", in Woodie King, Earl Anthony, "Black poets and profets", New York: New American Library, 1972, p. 154, traduzione mia. The Souls of Black Folk, è il titolo di uno studio di W.E.B. DuBois, pubblicato a Chicago nel 1904.
[6] Cornel West, "Il paradosso della ribellione afroamericana", in Senza illusioni, a cura di Bruno Cartosio, Milano: Shake Edizioni, 1995, pp.55-56.
[7] Ecco un passo in cui Charles Silberman, (op. cit., p.107) rilegge l'esperienza giovanile di Baldwin e spiega fino a che punto possano contare i condizionamenti della cultura dominante: "Il giovane Jimmy cercò con tutte le sue forze di non credere ciò che i bianchi dicevano, e si sforzò così di evitare qualsiasi cosa che potesse ricordare la sua immagine stereotipata, rifiutandosi di mangiare cocomeri, o di ascoltare jazz negro. Fu solo quando cominciò a vivere la vita dell'americano espatriato a Parigi che Baldwin cominciò a risolvere il problema della propria identità". Così tornò ad ascoltare il "jazz negro", che divenne poi una delle fonti primarie della sua attività di narratore: "Non ho certo intenzione di paragonarmi a due jazzisti che ammiro incondizionatamente, Miles Davis e Ray Charles, ma mi piace pensare che almeno in parte coloro ai quali Un altro mondo è piaciuto e piace, abbiano nei confronti del mio romanzo una sensibilità non dissimile da quella per la musica di Miles e di Ray. Anche se in maniere molto diverse, i blues di questi due musicisti hanno un linguaggio universale: (…)svelano fino in fondo cosa significa essere veramente vivi. Nella loro musica c'è pietà, non compassione". Questa la visione "letteraria" del jazz di James Baldwin, nell'introduzione a: James Baldwin, Un altro mondo, Milano: Feltrinelli, 1963.
[8] Luigi Onori, Jazz e Africa, roma: De Rubeis, 1996, pp. 176-177.
[9] La pretesa che il jazz sia stato recuperato da intellettuali nazionalisti neri e che la valorizzazione del jazz sia stata fatta dalla "nuova borghesia nera" alla ricerca di una propria identità, mentre i neri poveri continuavano a rimanere nel loro isolamento, è da rigettare. Leroi Jones infatti, non ha nulla dell'intellettuale classico, inteso nella tipica accezione occidentale del termine. Il nostro non si rinchiude nell'isolamento dell'artista, e neanche si limita a fare della "retorica politica" radicale come pretenderebbe West. Parla per lui la sua biografia. Poeta, saggista, romanziere, organizzatore culturale e politico, dopo l'assassinio di Malcolm X, abbandona il Greenwich Village e la comunità degli artisti bianchi per trasferirsi ad Harlem, dove fonda il Black Arts Theatre, una scuola strutturata in forma di comune, che si occupa di sviluppare studi e progetti artistici legati alla diffusione del nazionalismo nero. Tra i collaboratori in quest'esperienza c'è Larry Neal (poeta e saggista, già citato come teorico e poeta del nazionalismo nero.) Finita l'esperienza della Black Art, dopo altre avventure simili, fondò nel 1968 una struttura politica, la Black Community Development and Defense Organization, un gruppo musulmano che affiancava agli interessi culturali la lotta più squisitamente politica, prende in questo periodo il nome arabo di Amiri Baraka Negli anni Settanta si avvicinò al marxismo-leninismo e ad un socialismo terzomondista: "Sono diventato comunista attraverso la lotta, l'intensità della passione capita, compresa, e infine presa, come forza, mia ideologica chiarezza, come scia di un jet, forza nucleare di ragione, che viene da molto indietro, dalla nascita nera, innescata dalla storia, diretta dall'esperienza". Sempre impegnato a portare il nazionalismo nero tra la gente del ghetto Amiri Baraka/ Leroi Jones è un infaticabile "lavoratore culturale", che "si tiene sempre sul punto di massima tensione di quella politica che viene plasmata dall'arte". Le citazioni virgolettate sono di Anne Waldman, in A.A.V.V., "The beat book", op. cit., p.183.
[10] Un jazzista bianco come Charlie Haden, ha più volte veicolato dei messaggi politici attraverso l'opera della Liberation Orchestra, con cui ha interpretato i canti della guerra civile di Spagna. Charlie Haden apparteneva a quell'avanguardia che cercava di trasmettere contenuti attraverso le opere musicali. Durante un concerto in Portogallo del 1972 dedicò un brano, Song for Che, ai movimenti di liberazione in Mozambico e Angola facendosi così espellere dal governo portoghese. Questo esempio testimonia l'esistenza di un free di protesta bianco, con i suoi contenuti e le sue motivazioni, a fianco di quello nero. Cfr. con Giampiero Cane, op. cit., p.200. "L'opera presentata da Charlie Haden e dalla "Music Liberation Orchestra", potrebbe anche nascere da una estensione analoga del lavoro di Shepp al mondo culturale bianco, ma oggettivamente essa amplia i termini della relazione e li complica. Almeno tematicamente, essa si annette materiali che non appartengono alla tradizione afroamericana, ma a quella rivoluzionaria. (…) L'esposizione si s'alterna con la improvvisazione, i passi afroamericani percorrono un itinerario lasciato da tracce di un altro linguaggio popolare, nel quale il blues non si colloca per sua natura, ma per mediazione. Si parlano, dunque, due lingue diverse, ma esse sono ambo rivoluzionarie".
[11] Loretta Valtz Mannucci, I nuovi americani, op. cit., pp. 123-124.
[12] Giuseppina Cortese, Letteratura e coscienza nera, Milano: Mursia, 1973, p172: "L'America bianca è dunque pazzia e falsità, mentre l'America nera, perpetuamente alienata dai beni materiali, ha sviluppato una profonda spiritualità, che è l'essenza della sua cultura e forza vitale. Le conclusioni di Jones sono sostanzialmente analoghe a quelle di Baldwin e di Ellison, dove sottolineano l'energia morale accumulata dai neri attraverso la sofferenza(la disciplina morale come essenza dello stile di vita dei neri è uno dei temi favoriti di Ellison)".
[13] W.Mauro, E. Clementelli, La trappola e la nudità, Milano, Rizzoli, 1964, p.65.
[14] Giuseppina Cortese, op. cit., p.190, su Eldridge Cleaver: "optando per la causa della rivoluzione ha sacrificato la vena più intime e personale che, intrecciata al tema politico, è la sostanza vitale di Soul on Ice.
[15] Ibidem, p.70.
[16] Le parole di Ellison sono riportate in: Giuseppina Cortese, op. cit., pp. 108-110. Su questo concetto dell'integrazione della cultura nera con quella bianca e dei problemi ad essa connessi, riporto un caso citato nel testo della Cortese: "Nel corso di una conferenza, tenuta in una università, Ellison predisse che lo stile afro sarebbe stato presto incorporato nella cultura popolare americana. I giovani neri, che respingevano per intero la tesi di Ellison circa l'incorporazione progressiva dello stile dei neri nel costume americano, accolsero il suo discorso con veementi proteste, ma il tempo ha dato ragione ad Ellison". (p.109).


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17/08/2009

Ornette Coleman al Meltdown Jazz Festival di Londra: "Adesso che è universalmente adorato dopo anni di feroci contestazioni, Ornette Coleman sfoggia i suoi settantanove anni portati con invidiabile leggerezza, poggiandosi su nuovi entusiasmi. Con il suo fare ieratico e apparentemente distaccato da ogni cosa terrena, in virtù della piena consapevolezza del suo essere. Mr.Coleman forse non sperimenta più come un tempo, ma il suo carisma rimane intatto e nei momenti di grazia, sentirlo suonare sfiora l'incanto." (Vittorio Pio)

08/08/2009

Doppio concerto inaugurale per "Luglio suona bene 2009" con l'Ornette Coleman Quartet seguito dall'Enrico Rava Quintet. (Roberto Biasco)

26/06/2009

Dove si annida il jazz (Jazz - Giorgio Gaslini - Pop, Rock e Jazz...) (C. Malatini, L. De domizio Durini, A. Bernardini) - Franco Bergoglio

09/06/2009

Uri Caine Trio e Don Byron al Teatro Verdi di Pordenone nella loro dedica allo scrittore Paul Auster. Dopo un inizio in duo con Caine e Byron il trio lascia emergere una amalgama di grande livello attraverso originals e standard accuratamente selezionati... (Giovanni Greto)

28/03/2009

Il suono in figure - Pensare con la musica (Giorgio Rimondi )

04/02/2009

Il secolo del jazz (Filippo Bianchi)

16/11/2008

La Fiamma e il Cristallo (Livio Minafra)

18/10/2008

Dizionario del Jazz (Philippe Carles, Andre' Clergeat, Philippe Comolli )

05/07/2008

Jazz! Appunti e Note del Secolo Breve. (Franco Bergoglio )

25/05/2008

Intervista a Giorgio Gaslini: "Il musicista totale...un artista in grado di utilizzare vari linguaggi. Che conosca ed ami tutta la cultura musicale: modale, tonale, popolare, classica e contemporanea, jazzistica e non. Che sia in grado utilizzarla e sintetizzarla in una sua personale visione, di piegarla ad una sua precisa esigenza poetica. Senza cedere alle mode, alle pressioni del mercato, del gusto corrente." (Marco Buttafuoco)

01/05/2008

Gli esiliati del jazz, tratto dal libro "Jazz! Appunti e Note del Secolo Breve". "Tra i molti intellettuali e artisti americani fuggiti all'epoca delle persecuzioni maccartiste e stabilitisi in Europa, molti sono i musicisti di colore. Qui hanno trovato un maggior rispetto per la loro dignità umana e artistica, ma quasi nessuno di loro può essere considerato un profugo "politico"." (Franco Bergoglio)

19/03/2008

Stasera Jazz (Arrigo Polillo)

24/02/2008

Intervista a Fulvio Albano, sassofonista, arrangiatore e direttore del Festival di Avigliana: "Sono un musicista prima di tutto, vivo di e per la musica. il jazz è la mia musica, la amo profondamente. per me ha un significato che va al di là di possibili spiegazioni razionali...Secondo me il jazz incarna perfettamente la sintesi tra istinto e razionalità; è una musica che ti lascia ampia libertà creativa pur soggiacendo a un insieme di regole che la rende fruibile e comprensibile." (Franco Bergoglio)

28/10/2007

Sotto la consueta direzione artistica di Paolo Damiani, si è tenuta la XXVII edizione di Roccella Jazz Festival 2007, intitolata "Al tempo che farà": "...un'edizione di "Rumori mediterranei" che certo resterà fra le migliori dell'intera storia del festival" (Enzo Fugaldi)

14/10/2007

Pescara Jazz 2007: "Giunto alla 35^ edizione, e in ottima salute, il Festival pescarese ha proposto cinque eccellenti formazioni, con i loro accattivanti progetti, e due gustosi fuori programma: il concerto della splendida Nathalie Cole (quasi un antipasto al luculliano pranzo che Pescara Jazz ha offerto al suo pubblico), e la bella iniziativa del Jazz in Città (una passerella dei migliori gruppi dell'area metropolitana pescarese)." (Dino Plasmati)

18/08/2007

LEZIONI (Storia): Jammin' The Blues, The Sound Of Jazz, Jazz On a Summer's Day, tre prototipi di come documentare la performace, con estratti video. (Paolo Ricciardi)

17/08/2007

LEZIONI (storia): Be bop: il suono dello sfollagente: "E' la polizia che picchia sulla testa dei neri che ha ispirato il bop. Ogniqualvolta uno sbirro colpisce un nero con il suo manganello, questo maledetto bastone fa: Bop Bop!…Be Bop!… Mop Bop!. E il nero urla: Uoool Ya koo! Ou-o-o! e il maledetto poliziotto ne approfitta per continuare a picchiare: Mop!Mop! Be Bop! Mop!. Tale è l'origine del bebop; il ritmo dei colpi sulla testa del nero è passato direttamente nell'interpretazione che danno del beBop trombe, chitarre e sassofoni" (Franco Bergoglio)

27/05/2007

Gillespie, Blakey, Baker, Petrucciani, Rollins...le jazz pictures di Paolo Ferraresi

02/05/2007

Intervista a Rosario Giuliani: "Non riesco a vivere la musica jazz se non come una passione e vorrei che questo la gente sentisse...Per me la musica è un'espressione necessaria ed insostituibile, è dire qualcosa che non può passare attraverso le parole, qualcosa che viene dallo stomaco." (Daniele Mastrangelo)

28/04/2007

LEZIONI (Storia): Come si filma un'improvvisazione? Documentare la performance con video di Billie Holiday (Paolo Ricciardi)

28/04/2007

Jazz e Politica: Una città...jazz! Pavese, Mila, Gramsci & Co: Intellettuali e Jazzofili a Torino. (Franco Bergoglio)

26/04/2007

LEZIONI (Trascrizioni): "Our Spanish Love Song" solo di Charlie Haden (Marcello Zappatore)

18/03/2007

Nuova gallery di quadri curata da Henk Mommaas

03/03/2007

A New York, si è svolta la 34a Annual Conference della IAJE. Come sempre, decine e decine di appuntamenti di ogni genere compresi i momenti più importanti come il NEA Jazz Masters. Quest'anno, inoltre, c'è stata una incredibile intervista di Greg Osby a Ornette Coleman per Downbeat...(Jamie Baum, Patrizia Scascitelli)

18/02/2007

Ornette Coleman al Padova Porsche Jazz Festival: "...Per me è importante aiutare qualcuno a credere nei propri desideri e a rischiare di diventare ciò in cui crede. Occorre rischiare e questo significa cercare di perfezionarsi continuamente secondo l'ideale che si è scelto ed essere pronti ad aiutare chi ti chiede aiuto oppresso dal bisogno..." (Daniele Mastrangelo)

17/02/2007

Jazz italiano, l'influenza della Civiltà Musicale Afro-Americana nell'Italia dell'immediato secondo dopoguerra: "Lo swing era presente nel repertorio delle più importanti orchestre di ballabili della penisola da almeno una ventina d'anni, e la canzone italiana lo aveva assimilato più o meno inconsciamente dando vita al genere cosiddetto «swing all'italiana»." (Matteo Pagliardi)

05/01/2007

JAZZin': a photografic story by Luca Buti

27/12/2006

Ornette Coleman allo Skopje Jazz Festival 2006 in Macedonia (Ziga Koritnik)

29/11/2006

Too close for comfort (Smell Quintet)

18/10/2006

Jazz e Politica: La buona società. Il jazz e i pregiudizi degli inizi: "I migliori musicisti neri, quelli che non imbastardiscono la loro arte per piacere ad un pubblico più numeroso sono confinati nel ghetto e non hanno le stesse possibilità di avere contratti radiofonici, o effettuare incisioni discografiche, rispetto ai bianchi, e quindi la loro arte non riesce a farsi sentire" (Franco Bergoglio)

09/10/2006

La gallery di Roccella Jonica 2006 (Francesco Truono)

08/10/2006

BlueLocride, l'edizione 2006 di Roccella Jonica: "Superato il ragguardevole traguardo dei cinque lustri, il festival di Roccella, giunto alla sua XXVI edizione, continua a espandersi nel tempo e nello spazio, abbracciando il capoluogo e l'intera Locride ..." (Vincenzo Fugaldi)

22/09/2006

Continua con un articolo sul pubblico del jazz, l'analisi del rapporto tra Jazz e Politica: "Il pubblico del jazz è cambiato costantemente nel corso della sua vicenda: come del resto è cambiata rapidamente la musica. Non solo: il pubblico è anche una fonte di conoscenza importante..." (Franco Bergoglio)

06/09/2006

Gaslini plays Sun Ra (Giorgio Gaslini)

10/08/2006

Jazz e Politica: "Attaccato di volta in volta da destra, da sinistra, dai custodi della morale, dalla cultura "ufficiale", il jazz è sempre stato sottoposto a pressioni. Questo accade perché il jazz è il nemico mortale di ogni conformismo sociale..." (Franco Bergoglio)

15/07/2006

Intervista a Cinzia Eramo: "...improvvisare è come trovarsi costantemente sul filo del rasoio, non sai dove arriverai, che strada prenderai, se non dopo averlo fatto, sai solo da dove vieni e quello che possiedi..." (Alceste Ayroldi)

17/04/2006

Nuova gallery con le foto di Barbara Rigon

16/04/2006

Jazz e Politica, la semantica del jazz: "...la musica come tutte le arti è una espressione compiuta e consapevole, il suo significato autoreferenziale non necessita di ulteriori costruzioni a posteriori: né da parte dell'autore né da parte della critica...(Franco Bergoglio)

11/04/2006

Jazz e Politica: "Le storie del jazz non si contano, come sono molto numerosi romanzi e racconti che si occupano a vario titolo di jazz. In molti di questi lavori è presente una messe di argomenti, dati, fatti, che opportunamente legata potrebbe costruire una affascinante avventura intellettuale... (Franco Bergoglio)

04/03/2006

Musica e politica, oggi?! A colloquio con l'etnomusicologo e sassofonista Jerome Camal, assistente alla Washington University di Saint Louis (Franco Bergoglio)

04/03/2006

Il Metasassofono: Introduzione ad una estetica jazz. "Il jazz unisce e congiunge fin dalle radici etimologiche del suo nome, che rimandano a illecite fornicazioni. Mescola le razze, le culture e le idee dietro il meraviglioso concetto che l'imbastardimento produce il bello..." (Franco Bergoglio)

25/01/2006

Nuova gallery a cura di Davide Susa con le foto del Festival di Ronciglione Jazz 2005

12/12/2005

Ritratti di Omar Sosa e Charlie Haden (Ziga Koritnik)

18/07/2005

Ornette Coleman a Roma e Napoli: "Un po' come nella sua musica, Ornette, sembra voler fare a meno del superfluo, di quella patina inconsistente di formalità...Sembra quasi che con il passare degli anni la musica di Ornette sia diventata meno complessa e più 'democraticamente' fruibile." (M. De Masi, F. Ughi)

27/06/2005

Charlie Haden apre Terniinjazz 2005 supportato dallo splendido scenario delle Cascate delle Marmore: "...Chi abbia mai ascoltato qualcosa di Charlie Haden saprà benissimo che nelle profondità curvilinee del suo ligneo contrabbasso, batte un cuore sensibile e appassionato..." (Antonio Terzo)

04/09/2004

Charlie Haden, Carla Bley, e la Liberation Music Orchestra: "Carla Bley è splendida nell'intonare l'Orchestra, nell'attribuire compiti e tempi...Haden è semplicemente magistrale..." (Alceste Ayroldi)

31/07/2004

La rassegna Terniinjazzfest, giunta alla sua quarta edizione, vede due protagonisti di rilievo: un pezzo di storia del jazz, il grande sassofonista nero-americano Archie Shepp ed un pezzo di storia dell'Umbria, la Cascata delle Marmore. (Antonio Terzo)

10/01/2004

Music is the healing... - Attica Blues (Albert Ayler - Archie Shepp)

06/09/2003

Archie Shepp: "...Con incedere lento, cappello grigio a tesa media e sax alla mano, guadagna il palco il mitico Archie Shepp, l'anima più nera del jazz dal sound R&B..." (Antonio Terzo)

14/06/2003

Archie Shepp - Just In Time Quartet al Dolce Vita Jazz festival 2003: "...Sembrava essere appena uscito dall'ultimo film di Wim Wenders dedicato al blues, L'anima di un uomo, con un panama da vecchio bluesman, quando Archie Shepp si presenta sul palco del Dolce Vita Jazz Festival". (Dario Gentili)

12/01/2003

Jim Hall e Charlie Haden: "...musica allo stato puro; è suono approdato alla sua bella delicatezza dopo chissà quali complessi e tortuosi percorsi, è maestria senza presunzione alcuna." (Vito Mancino)

08/09/2002

Archie Shepp, Bobby Durham, Wayne Dockery e Massimo Faraò a Firenze in una festa privata.

27/06/2002

Charlie Haden a Roma. "Siamo usciti dal teatro per raggiungere chi la sua moto chi l'auto blu con autista ma tutti con il desiderio di dire: «Grazie Charlie!».





Video:
Joe Henderson - Serenity
Joe Henderson - Serenity. An Evening with Joe Henderson, 1987. Henderson (ts); Charlie Haden (b); Al Foster (d)....
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Keith Jarrett, Charlie Haden & Paul Motian - Germany 1972
Keith Jarrett performing with his trio in the Hamburg Funkhaus, Germany, on June 14, 1972., , Keith Jarrett - p, Charlie Haden - b, Paul Motian - dr...
inserito il 13/12/2009  da OhNoxius - visualizzazioni: 4350
"Search for life" / "Round trip", Ornette Coleman Ensemble. "InJazz" Summer Clinics 2009. (2/2)
Concerto finele dei seminari estivi InJazz 2009. Ornette Colemn Ensemble diretto da Marcello Allulli. Fabriano (AN). www.injazz.it - info@injazz.it - ...
inserito il 14/10/2009  da bettabu - visualizzazioni: 5493
Udin&Jazz 2009 - ORNETTE COLEMAN 2 BASS QUARTET
Udine, Palamostre 27 Giugno 2009 riprese e montaggio Davide Morandi...
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Ornette Coleman Sextet - Free Jazz (1of 3)
1978 Germany. Ornette Coleman - sax, violin; Ben Nix - guitar; Charlie Ellerbee - guitar; Albert Arnold - bass; Shannon Jackson - drums; Denardo Colem...
inserito il 01/07/2009  da bobjazz11 - visualizzazioni: 4914
Charlie Parker and Coleman Hawkins, Lester Young, et al 1950) - 1 of 2
This is one of two surviving sound films of Charlie Parker playing (and certainly the longest; the other is only 52 seconds long). Until recently, thi...
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Ornette Coleman Ensemble - Injazz Summer Clinics 2008
L'ensemble, diretto dal sassofonista Marcello Allulli, esegue durante il Concerto Finale dei Seminari Estivi Injazz svoltisi a Fabriano nel luglio 200...
inserito il 26/09/2008  da quantumjazzreloaded - visualizzazioni: 4601
Ornette Coleman - Germany 1978
Ornette Coleman: alto saxophone, trumpetJames Blood Ulmer: guitarBern Nix: guitarFred Williams: bass guitarDenardo Coleman: drumsRonald Shannon Jackso...
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Ornette Coleman - Dancing In Your Head (live)
The Ornette Coleman PrimeTime Band Is:, , Ornette Coleman - Alto Sax, Violin, & Trumpet, Burn Nix - Guitar, Charles Ellerbee - Guitar , Larry McRa...
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Ornette Coleman and Prime Time 1988
"Latin Genetics" Live 1988 Montreal Jazz Festival...
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featuring Count Basie All Stars: Emmett Berry, Doc Cheatham, Joe Newman, Joe Wilder (tp); Roy Eldridge (tp, flhn); Vic Dickinson, Benny Morton, Dicky ...
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Grabación de la televisión italiana (Schegge, Rai 3) del cuarteto de Ornette Coleman en 1974. El tema que interpretan es "School Work&q...
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Data ultima modifica: 27/04/2014

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