Jazz tra Laghi e Montagne.
Intervista a Fulvio Albano
sassofonista, arrangiatore e direttore del Festival di Avigliana.
di Franco Bergoglio
Avigliana, cittadina incastonata tra i laghi e le prime montagne all'imbocco
della Val Susa, ricca di un centro storico fascinoso, ospita da tempo il Due
Laghi jazz festival. Inerpicarsi tra mura e vestigia medievali è una piacevole
scoperta, le serate di fine estate sono fresche e quando si schiude finalmente la
piazza Conte Rosso che incornicia il palco dei concerti, si scopre una
location di prim'ordine. Atmosfera rilassata, amichevole, suggestiva: tutto
si presta al buon ascolto.
Negli anni, sul palco di Avigliana sono sfilate
le stelle del jazz italiano, americano, mondiale: hanno suonato in piazza e magari
si sono concesse alle lunghe jam sessions notturne. La locandina di quest'anno spiegava
che il Due Laghi è l'ideale per i jazzofili e per i bon vivants, tra specialità
eno-gastronomiche e paesaggistiche. E devo dire, limitandomi al lato jazzistico,
che si lascia sempre Avigliana piacevolmente paghi.
Phil Woods, Benny Golson, Bud Shank e molti altri:
negli anni sono sfilati incredibili sax players, a testimoniare che se
Fulvio Albano i sassofoni li maneggia con perizia, sa anche selezionare artisti
di prim'ordine. Ma il Due Laghi non è solo sax: il festival ha ospitato grandi orchestre,
solisti di fama ai principali strumenti, cantanti; insomma c'è stato e ci sarà sicuramente
nelle edizioni a venire di che divertirsi.
A festival 2007 ormai terminato, abbiamo
sentito Fulvio Albano per un bilancio e qualche considerazione generale sul
jazz.
Fulvio Albano oltre al "Due Laghi Jazz Festival " ricopre il ruolo di
direttore artistico anche del "Susa Open Music Festival"; entrambe sono manifestazioni
di rilievo internazionale aderenti al circuito Piemonte dal Vivo promosso dalla
Regione. E' anche direttore artistico dell'"Altitude Jazz Festival" di Briançon,
in Francia. Si occupa inoltre del "Due Laghi Jazz Workshop", master di perfezionamento
realizzato in collaborazione con la Haute Ecole de Jazz de Suisse Romande di Losanna,
ed è Presidente Fondatore del Jazz Club di Torino. La sua attività artistica contempla
la partecipazione a numerosi festivals jazz italiani e apparizioni internazionali
in tutto il mondo, con concerti a Helsinki, Lisbona, Lugano, Coutances, Praga, Ha
Noi, São Paulo. Ha collaborato stabilmente con la RAI e con il Teatro La Fenice
di Venezia. Attualmente è solista nella Big Band di Gianni Basso. Ha suonato,
fra gli altri, con
Dusko Goykovich, Johnny Griffin, Alvin Queen,
Tony Scott,
Lee Konitz,
Franco Cerri,
Benny Bailey, Slide Hampton, Bob Mover, Jimmy Cobb,
Tom Kirkpatrick, Bobby Durham, Sangoma Everett,
Dado Moroni,
Tullio
De Piscopo,
Phil Woods,
Dee Dee Bridgewater,
Paul Jeffrey
e Scott Hamilton.
Parliamo con Fulvio Albano del Due laghi jazz festival,
un'esperienza giunta quest'anno alla quattordicesima edizione. Il riscontro di pubblico
è sempre stato buono; anzi, col passare del tempo il radicamento della manifestazione
nella cornice di Avigliana sembra un dato acquisito.
Si, la manifestazione è cresciuta costantemente negli anni, Segno probabilmente
di un lavoro dedicato alla musica in quanto tale e non alle mode correnti. Voglio
dire che lavorando quanto più possibile con coerenza e determinazione non v'e' alcun
bisogno di far riferimento alla omologazione imperante. Esiste un'alternativa e,
nonostante le difficoltà non siano poche, noi la percorriamo con entusiasmo. La
città di Avigliana si presta benissimo alla realizzazione di un siffatto festival
che vuole essere un momento di condivisione della cultura jazzistica più autentica
con un largo pubblico.
Gli ospiti sono sempre di livello altissimo. quest'anno Enrico Intra,
Lee Konitz, Ray Mantilla, e poi i workshop, gli eventi
collaterali e cene, presentazioni culturali, serate nei clubs…Un lavoro globale
che si chiude poi con una tre giorni di concerti aperti, gratuiti, incorniciati
nella splendida piazza Conte Rosso. come ci siete riusciti?
con un lavoro appassionato e costante che ha avvicinato alla nostra organizzazione
persone che vi dedicano volontariamente parte del proprio tempo, con competenze
diverse e complementari a quelle musicali. è fondamentale a nostro avviso far si
che la musica jazz non resti limitata a una cerchia di élite o votata all'intellettualismo,
ma divenga, così com'e' stata sin dalla sua nascita, una esperienza socialmente
condivisa. La bellezza dei luoghi, da Piazza Conte rosso ai laghi, contribuisce
alla buona riuscita dell'evento. Teniamo conto inoltre che molte persone anche della
provincia di Torino, hanno scoperto il centro storico e il parco ornitologico dei
laghi grazie al festival.
Due peculiarità del festival di Avigliana sono la gratuità dei concerti e la
jam session del dopo concerto. La jam session è davvero una gradita sorpresa annuale,
per una pratica sempre più rara in Italia…
I concerti sono gratuiti per scelta delle amministrazioni comunali di Avigliana
che dal 1994 ad oggi si sono avvicendate. l'amministrazione
cittadina ha sempre sostenuto, insieme con la regione Piemonte, la Provincia di
Torino, la comunità montana Bassa valle di Susa, unitamente a sponsors privati locali
e internazionali - come Air France e fondazione CRT - i costi per la sua realizzazione.
i locali e le attività commerciali della città hanno cominciato ad avvicinarsi poco
a poco all'evento, dando un significativo contributo allo sviluppo delle sue attività
collaterali come i concerti sui laghi, i concerti nei ristoranti e nei jazz club
e le jam sessions notturne. queste, in particolare costituiscono il coronamento
di tutta l'attività, in quanto avvicinano in modo del tutto informale e spontaneo
gli artisti che si esibiscono sul palco principale ai giovani musicisti e al pubblico
stesso che può così condividere alcuni sorprendenti momenti di jam a fianco di figure
come George Arvanitas, Benny Bailey, Bruce Barth, Gianni
Basso, Bobby Durham, John Engels,
Dusko Goykovich,
Slide Hampton, Reggie Johnson,
Dado Moroni,
Alvin Queen,
Tony Scott
e tanti altri. come diceva Dizzy Gillespie, "il jazz e' andare incontro alla
gente". Il jazz secondo noi è proprio questo, un'esperienza dinamica, fatta di momenti
clou sul palco, condivisione di esperienze in jam sessions e attività collettive
spontanee.
Da addetto ai lavori impegnato su più fronti, un giudizio sul jazz torinese e
piemontese. Stiamo assistendo a una ripresa? Torino ha avuto una storia jazzistica
di primo piano per l'Italia, che negli anni e' sembrata appannarsi …
Il jazz secondo me è di casa a Torino e in Piemonte, terra che è sempre stata
all'avanguardia nell'arte e nella cultura - nonostante tenda talvolta a lasciarsi
sfuggire di mano alcune situazioni. credo che in Piemonte ci siano stati grandi
musicisti storici, alcuni "padri fondatori", noti e meno noti - penso a
Valdambrini,
Basso, Fanni, Valenti -. vi sono tuttavia anche giovani con
un certo talento cui occorre offrire opportunità. E c'è un vasto pubblico istintivamente
vicino al jazz; siamo profondamente convinti di questo, al punto che a seguito delle
numerose richieste di continuità dopo il festival abbiamo deciso di avventurarci
in un'esperienza "metropolitana" e stabile, il Jazz Club Torino, per dare alla città
e alla regione un polo di aggregazione attorno a questa formidabile esperienza artistica.
Parallelamente abbiamo deciso di rifondare la grande orchestra stabile, con la trasformazione
della Big Band di Gianni Basso nella Torino Jazz Orchestra, formazione rappresentativa
della Città e del piemonte. Gianni Basso stesso ha fortemente voluto questo
passaggio perché condivide l'idea che il jazz possa sopravvivere e svilupparsi attraverso
la creazione e il sostegno di grandi orchestre, fucine e palestre per i giovani
musicisti, in cui oltre a sviluppare le proprie capacità e attitudini solistiche,
essi possano assimilare lo spirito di disciplina, rispetto e collaborazione con
gli altri. secondo noi lo sforzo che si sta facendo oggi per inserire il jazz nelle
scuole e nei conservatori può risultare vano se non si investe nelle orchestre,
se non si offrono ai giovani le adeguate opportunità per fare esperienza.
Fulvio Albano direttore di festival ma anche musicista e arrangiatore.
Come concili le due attività? Non ti chiederò quale preferisci, ma le differenze,
le difficoltà, le soddisfazioni…
Sono un musicista prima di tutto, vivo di e per la musica. il jazz è la mia
musica, la amo profondamente. per me ha un significato che va al di là di possibili
spiegazioni razionali. E' innanzitutto una profonda passione. ciò che mi ha mosso
in questa direzione e' stato dapprima l'aspetto collettivo, sociale, di condivisione,
un elemento che e' anche alla base della nascita e della fortuna che il jazz ha
incontrato nella sua storia. e che ancora lo caratterizza oggi. Secondo me il jazz
incarna perfettamente la sintesi tra istinto e razionalità; è una musica che ti
lascia ampia libertà creativa pur soggiacendo a un insieme di regole che la rende
fruibile e comprensibile. Non amo il "free jazz etichettato" perché secondo me il
jazz è sempre stato free per sua stessa natura. se devo esprimere le mie sensazioni,
per me suonare, arrangiare, comporre o organizzare sono un tutt'uno, lo faccio con
il medesimo entusiasmo, perché provo soddisfazione nel vedere il jazz continuare
ad esistere; un entusiasmo che investo non tanto a livello individuale e personale,
privilegiando il mio bagaglio personale quanto piuttosto entusiasmo per un fenomeno
collettivo, per un percorso condiviso in cui mi sento profondamente coinvolto e
a cui ho il privilegio di partecipare attivamente insieme ad alcuni dei miei grandi
maestri ed ispiratori.
Ho ascoltato il cd Jazz at the Piemonte clubbing
(2006) contenente gli estratti dei concerti
olimpici, apprezzando le variazioni per i fiati da te arrangiate per
Stolen moments di Oliver Nelson e anche il delicato
solo di tromba di
Dusko Goykovich. Una melodia bellissima, speriamo entri
in pianta stabile tra gli standards...
Come ti ho detto, l'arrangiamento è un aspetto del jazz che mi interessa molto,
anche se per me imbracciare un sax e suonare una melodia improvvisandoci sopra e'
un piacere insuperato. lo standard per me, come per molti altri musicisti che stimo,
è la base di un linguaggio e di tematiche musicali necessarie per una musica la
cui genialità è collettiva, una musica in cui interplay, dialogo e comunicazione
all'interno di specifici codici, sono tanto importanti quanto necessari. Certo
Armstrong,
Parker, Young, Ellington, Basie,
Coltrane,
Davis e molti altri sono stati punte di diamante. Ma non sarebbero mai esistiti
senza la presenza di una collettività di musicisti e di ascoltatori, un insieme
di persone che, unite, hanno apportato e continuano ad apportare linfa vitale a
questa musica. il jazz è nostro, è di tutti, occorre difenderlo come tale. e' una
musica straordinaria proprio perchè coniuga in modo ineccepibile l'aspetto soggettivo
della creazione artistica con la cultura diffusa, oggettivamente condivisa. Parliamo
del blues, degli standards, del rhythm changes e, oggi, anche di brani originali
come Stolen Moments. la creazione astratta, puramente soggettiva, priva di un trait
d'union con il passato e talvolta sbandierata come "il nuovo a tutti i costi" mi
lasciano perplesso. Il vero nuovo nasce in modo sofferto e consapevole, è un picco
ardito, proiettato verso il futuro che tuttavia ha alle spalle la grande base della
storia.
Il Jazz oggi, quali chances, quali prospettive?
Oggi il jazz rappresenta un'esperienza artistica con una sua storia che deve
saper riconoscere e rispettare. Avendo bruciato le tappe, si e' posto come una musica
sempre in divenire, contemporanea, all'avanguardia. Era contemporanea e all'avanguardia
la musica di Armstrong, così come quella di Lester Young, il Bebop,
Parker, Miles, Coltrane. Oggi dobbiamo raccogliere questo immenso
patrimonio e cominciare a ripensarlo come musica classica, rispettandone - e facendone
sopravvivere - le forme storiche, con musicisti specializzati, dotati di un buon
bagaglio culturale alle spalle, che sappiano confrontarsi con una storia "vivente"
nell'interezza delle sue peculiarità espressive. per il jazz acquisire, in modo
riconosciuto, lo status di musica "classica" non significa affatto dover rinunciare
alla contemporaneità, bensì piuttosto ritrovare la necessaria consapevolezza delle
sue fondamenta. e occorre favorirne lo studio e la diffusione: se un giovane musicista
si sente vicino alla musica di
Bix Beiderbecke,
ad esempio, deve poterla studiare, approfondire, eseguire con piena dignità. Solo
così, chi vuole e si sente portato per il contemporaneo o l'avanguardia potrà confrontarsi
con un ambiente musicale completo e professionale. "L'esperienza mi dice che si
conosce un'opera intimamente solo quando si può cantarla mentalmente a se stessi
e quasi ricrearla nella propria mente" diceva Aaron Copland. Ecco perché
è importante riconoscere la classicità della storia del jazz e farne costante pratica
di studio. Perchè oggi è ammesso suonare Mozart o Bach contemporaneamente
a Schonberg, Boulez, Nono, Berio o Cage mentre
non ha pari dignità chi invece vuole studiare e suonare - professionalmente e non
solo da amateur - il New Orleans, lo Swing, il Be Bop, il Modale ecc.? Lo status
di "musica classica" è, a mio avviso, il contrario di ciò che può apparire: è un'esperienza
collettiva, di rispetto di tutte le forme e proteso con consapevolezza verso il
futuro. Oggi un artista à la page, omologato in modo autoreferenziale con stili
da copertina, con un percorso del tutto individualistico e elitario, è utile io
credo solo a fini commerciali. La vera esperienza jazzistica è collettiva. Oggi
nel jazz una certa produzione viene considerata come opera artistica a priori, mentre
la storia insegna che la genialità più autentica si riconosce nel tempo; e solo
allora, col tempo, diventa inossidabile. "To be a genius take a long time", ripete
spesso il mio amico Dusko Goykovitch. Il jazz oggi è per me "musica classica"
a tutti gli effetti. una musica in continua evoluzione che ostinatamente deve indurre
a conoscere, comprendere, assimilare, riscoprire e sperimentare costantemente la
sua storia, rinnovandone la sua più intima vocazione.
Discografia di (e con) Fulvio Albano
Miss Bo - 1985 - AT Big Band di Gianni Basso (Esagono)
Jazz a casa Brina - 1987 - AT Big Band di Gianni Basso (Esagono)
Nomos - 1989 - Unite Line Orchestra di R. Zegna
Jazz - 1989 - F.Albano/C.Chiara quintet (Fonit Cetra)
Empty Jazz -1992 C. Bolli group (Splasc(h))
Musique d'Urt -1993 I. Torre quintet (Unit Records)
Urt O'Logique - 1995 I. Torre quintet
Brecce - 1995 - F. Albano / C. Abbate quartet (Pentaflowers)
Cosmit '96 - 1996 - Big Band di Gianni Basso (Cosmit)
Le Triangle d'Or - 1996 - Palmino Pia & Jakaj-Robino String Quartet (Pentaflowers)
Passion Mediterranea - 1997 - T. De Piscopo Band
Summertime - 1997 - Big Band di Gianni Basso (Suono)
Sax & Rhythm sextet - 1999 - featuring A. Queen (SAAR)
Urt'O Pia - 2000 - I. Torre sextet
Live featuring Slide Hampton - 2000 - Big Band di Gianni Basso (Nuova Era)
Child Dreams - 2001 -
Dario Cellamaro
Swingsuite Quintet (MAP)
Playin' the Giants - 2001 - Italian Sax Ensemble (New Vintage records)
Portrait – 2005 – Artisti vari (New Vintage records)
Italian Jazz Graffiti & other sounds - 2006 – Artisti vari (New Vintage Jazz Label)
Live at the Piemonte Jazz Clubbing – 2006 Artisti vari (Regione piemonte e Jazz
Club Torino)
Groovin' at the olympics - 2007 - Italian Sax Ensemble (New Vintage Jazz Label)
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Data pubblicazione: 24/02/2008
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