Jazzitalia - Articoli: Nero, free, di sinistra: Le Lotte, il Rock e…il Jazz Politico
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Nero, free, di sinistra
Appunti sul jazz "politico" degli anni Sessanta
di Franco Bergoglio

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Questo saggio, è stato pubblicato nel volume:
A.A.V.V., La comunicazione politica, a cura di Fabizio Billi,
Milano, Edizioni Punto Rosso, 2001.

1. introduzione 2. Le Lotte, il Rock e…il Jazz Politico 3. Il Free: motivazioni politiche, motivazioni estetiche 4. Le critiche al free
5. Una variante: le critiche incrociate dei critici free 6. L'arte nera 7. Il ruolo del Jazz nell'immaginario politico 8. Jazz e politica in Italia

Le Lotte, il Rock e…il Jazz Politico

Sono un nero e un jazzman…E, come Nero e jazzman mi sento miserabile
Ornette Coleman

In principio era l'America. Per gli osservatori attenti, i reazionari anni Cinquanta del benessere e del conformismo anticomunista avevano già mostrato almeno due spie rosse della ribellione che sarebbe esplosa nel decennio successivo: in letteratura il beat e in musica il bebop. Due forme d'arte che si muovevano nello stesso ambiente di outsiders e avevano ampiamente manifestato il loro disappunto sociale nelle proprie opere, non a caso contigue e sotto influenza reciproca. Norman Mailer nel saggio Il negro bianco (1957)avrebbe definito la filosofia degli hipsters intrisa di jazz in contrapposizione frontale alla morale borghese degli square, anticipando alcuni temi a venire [1]. Solamente gli anni Sessanta videro il dischiudersi a catena di quei sintomi, in una vera febbre rivoluzionaria: marce e movimento per i diritti civili, liberazione della popolazione nera, fermenti giovanili, nuova cultura underground. E ancora: il tributo di sangue versato da Malcolm x, Che Guevara e Martin Luther King, l'occupazione dei campus repressa dall'establishment nel sangue, la protesta contro la guerra in Vietnam, l'esasperazione e la conseguente radicalizzazione del Black power, il dissenso studentesco e quello accademico (con figure come Noam Chomsky che stigmatizzavano l'avventurismo guerrafondaio americano, proponendo una inedita agenda morale per gli intellettuali contro i nuovi mandarini filo-governativi).[2] La nuova sinistra americana (New Left, definizione di Wright Mills), rompeva con la tradizione dei partiti comunisti e socialisti, con le organizzazioni partitiche di tipo leninista. Terzomondismo, forme partecipative di massa, ribellione anticapitalista, rifiuto in blocco dell'American way of life. Ecco i capisaldi di un quadro dove manca, unica differenza sostanziale, un riferimento forte verso la classe operaia, ben presente invece nella Nuova Sinistra europea. La somiglianza tra i due movimenti giovanili in America ed in Europa si trova invece nell'essenziale riferimento alla lotta contro l'oppressione in Algeria, in Vietnam o a Praga, nel forte afflato anti-sistema, nella ribellione spontanea giovanile, nel romanticismo rivoluzionario esotico, latinoamericano o asiatico che fosse.



Una somiglianza ancora più marcata sul versante culturale: l'America esporta controcultura nelle arti performative e visuali, nel cinema e soprattutto in musica: dal folk di protesta, al blues revival, al rock psichedelico e pacifista della costa ovest, all'apoteosi utopica di Woodstock, dove Jimi Hendrix riassume su di sé tutto l'esprit du temps martoriando l'inno The Star-spangled banner, per arrivare alle avanguardie e al jazz. Data tanta ricchezza, risulta difficile per i giovani sfuggire a un qualche modello musicale made in USA [3].

Un America bifronte, che mentre incarnava il simbolo di "aggressore capitalista", mostrava anche al mondo un movimento di massa pacifico che la contestava, e "sentiva" agitarsi dentro una musica come il jazz, patrimonio dei neri e degli oppressi, in grado di simboleggiare profondi valori sociali. Rap Brown, presidente del SNCC dal 1967 e poi leader del Black Panther Party, diceva: "Ogni individuo nero appartiene al movimento, anche se non ha preso parte alle dimostrazioni. Le vite dei Neri sono politiche, perché il popolo nero conduce una lotta incessante contro il bianco…" [4]. La politicizzazione dei neri è inevitabile, sotto la pressione di condizioni sociali di profonda disuguaglianza. I musicisti non si sottraggono all'influenza della politica e dopo anni di lotte per i diritti civili la presa di coscienza che riguarda l'universo nero, dalle chiese, agli studenti, ai ghetti non può non essere raccolta dal jazz, che di questo progresso culturale è sempre stato parte. La presenza di un terreno di lotta, ha però permesso a molti jazzmen di concepire la loro musica all'interno di un quadro di riferimento nuovo nel mosaico delle varie attività sociali. Il jazz si lega alle forze rivoluzionarie, ai movimenti di protesta e di liberazione, trova la forza di rifiutare simboli borghesi dell'arte (l'isolamento e la maledizione dell'artista), che avevano giocato uno ruolo importante nell'esperienza del bebop, il jazz anni Quaranta. Un aspetto mai abbastanza chiarito si palesa nell'inedito legame ricercato dal musicista nero con un certo tipo di pubblico: la consapevolezza razziale acquisita grazie alle parole di Malcolm X e dei suoi continuatori, motiva l'artista di colore a produrre per "la sua gente", come si evince dalle dichiarazioni di moltissimi jazzmen.

Le affermazioni di Archie Shepp illuminano questa nuova filosofia jazz: "Il musicista nero è un riflesso del popolo nero, in quanto fenomeno culturale e sociale. Il suo scopo deve essere quello di liberare, sul piano estetico e sociale l'America dalla sua disumanità. Penso che proprio i neri attraverso la violenza delle loro lotte, sono l'unica speranza di salvare l'America"[5]. Da una parte il jazzista socialmente attivo si sente finalmente "compreso", d'altro canto gli stessi politici e intellettuali citano il jazz come esempio paradigmatico di manifestazione culturale autenticamente nera, arma di propaganda dei nuovi valori che finalmente gode del riconoscimento della cultura bianca che ha metabolizzato –o americanizzato- moltissime esperienze musicali nere dallo stile new orleans al bebop. Quando Stokely Carmichael afferma: "La musica di Archie Shepp è la grande bellezza nera del potere nero", aggiunge al valore intrinseco di protesta presente nella musica di Shepp, un ulteriore senso di acquisizione culturale alla lotta dei neri, individuando nella sua musica un'altra manifestazione del potere nero. Gli anni Sessanta, grazie alla spinta del movimento delle masse di colore e dell'azione di intellettuali "neri" come Leroi Jones o Ron Karenga, videro la nascita in molte facoltà universitarie dei Black Studies, la cui origine si poteva trovare nell'esortazione di Malcolm X a studiare la storia nera occultata per secoli dalla cultura bianca e nella volontà dei Muslims di creare centri di studio sulla civiltà africana e sulla religione musulmana. Definito Nazionalismo Nero, questo movimento vedeva nel recupero di valori marcatamente neri un momento necessario dello sviluppo della lotta degli afroamericani, quello della battaglia sul terreno ideologico.[6] Questo ammaestramento fu raccolto dall'avanguardia: un'arte immediata e in grado di trascendere il suo ruolo di opera fruibile dal solo lato estetico per caricarsi di una valenza politica concreta. Questo è appunto il discorso portato avanti da Max Roach. Il massacro di Sharperville in Sudafrica portò il batterista di colore a comporre un'amara riflessione musicale su quel terribile episodio di sangue e sulla generale condizione di subalternità della gente nera in Africa e in America. Ne venne fuori una suite tematica che fin dal titolo non lasciava dubbi sulla qualità del messaggio politico: We Insist! Freedom Now Suite. La vera novità del 1960 è però Free Jazz di Ornette Coleman; le note di copertina che accompagnano il disco spiegano quanto di nuovo ci fosse nella musica proposta. "Coleman ha detto che una delle idee basilari nella sua musica è di incoraggiare l'improvvisatore ad essere più libero, a non obbedire ad accordi-tipo preconcepiti allo scopo di immettere le idee di una corretta armonia e tonalità: proviamo a suonare la musica e non lo sfondo. Tuttavia, il suo punto di vista è principalmente emozionale ed estetico, non tecnico. La musica dovrebbe essere una diretta e immediata espressione delle nostre menti e delle nostre emozioni piuttosto che uno sfondo per l'emozione"[7]. Coleman chiede ai musicisti di abbandonare le norme stilistiche che avevano regolato il jazz precedente, anche moderno. L'improvvisazione non è più fondata su sequenze di accordi, respinge la logica occidentale di armonia. Gli interventi solistici non obbediscono ad una stretta sequenzialità: i musicisti sono liberi di improvvisare contemporaneamente; seguendo una loro particolare ispirazione o dialogando con le altre voci e creando un accompagnamento polifonico. L'assolo (qui, come in precedenza nell'arcaico jazz new orleans) è semplicemente un cambio della guardia nei musicisti guida che si alternano nel flusso improvvisativo. Forme e idee sembrano emergere, durante l'esecuzione, dal "caos agitato" prodotto dalla ritmica che esegue una pulsazione continua svincolata da ogni regola metrica. E' significativo che Coleman abbia scelto per copertina del vinile il dipinto White light di Jackson Pollock, il caposcuola dell'Action painting americana. L'arte informale di Pollock parte da presupposti molto vicini a quelli del free jazz: liberare la creatività sepolta nell'inconscio come già avevano sperimentato in precedenza le avanguardie surrealiste europee. "L'arte per Pollock, perde dunque le sue finalità conoscitive, diventa un atto di violenta, rabbiosa partecipazione, una testimonianza del malessere in cui vengono a trovarsi le nuove generazioni"[8]. Queste parole, riferite al pittore, possono essere estese al free. La rottura dell'unità del linguaggio tradizionale operata da Coleman si muove in sintonia con i movimenti dell'avanguardia. Il free, come il bebop negli anni Quaranta e la coeva esperienza di Pollock, sconfinano dal piano artistico al terreno ideologico. Per il free si deve parlare da subito di azione di "resistenza culturale": il sistema di valori dell'America kennediana viene rigettato assieme alle concezioni artistiche che hanno fatto deviare il jazz dal suo corso come musica di una comunità oppressa. Quindi, se è vero che il free non nacque politico, va detto che gli stessi musicisti si resero quasi immediatamente conto che la musica e le concezioni estetiche che elaboravano costituivano anche una reazione all'opera di espropriazione condotta dal mercato su tutto il jazz precedente; e nello stesso tempo un atto di affrancamento culturale, in sincronia con le lotte politiche che la comunità nera stava conducendo.


[1] Norman Mailer, Pubblicità per me stesso, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2009.
[2] Noam Chomsky, Cosa fanno le teste d'uovo, Bari, De Donato, 1967, pp.5-10. Chomsky, in questo pamphlet del 1967, di ampia circolazione negli ambienti radicali dell'epoca, denunciò la politica asiatica di Johnson e, come avrebbe poi sempre fatto, il potere di mistificazione dell'apparato propagandistico governativo, individuando per l'intellettuale il compito di smascherare le falsificazioni di coloro che definiva "i nuovi mandarini".
[3] Sul "recupero" della ribellione rock al mercato capitalistico e il rapporto tra musica pop/rock e controcultura hippie si può leggere il bel testo, oggi forse datato nella impostazione di Massimo Bassoli, Rock&roll Marx, Milano, Gammalibri, 1981.
[4] Rap Brown, Muori schifoso negro, muori!, Milano: Longanesi, 1971, p.93.
[5] Citato in Philippe Carles e Jean-Louis Comolli, Free jazz Black power, a cura di Giorgio Merighi, Torino, Einaudi, 1973 p.29.
[6] Giampiero Cane, Canto nero, Bologna, Clueb, 1982, p.109.
[7] Ornette Coleman, Free jazz.A collective improvisation. Atlantic, 1960. Note di copertina di Martin Williams. Traduzione mia.
[8] A.A.V.V., Storia dell'Arte italiana, diretta da Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano; Milano, Electa, 1988, p.436. Su Pollock vi si legge: "Il movimento della mano dell'artista creava un intricato insieme di linee sulla superficie, secondo un ritmo più o meno convulso che è stato paragonato con qualche ragione a un brano di musica jazz". Ecco il gesto creativo che non subisce mediazioni post-factum.


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Jazz e Politica: "Attaccato di volta in volta da destra, da sinistra, dai custodi della morale, dalla cultura "ufficiale", il jazz è sempre stato sottoposto a pressioni. Questo accade perché il jazz è il nemico mortale di ogni conformismo sociale..." (Franco Bergoglio)

15/07/2006

Intervista a Cinzia Eramo: "...improvvisare è come trovarsi costantemente sul filo del rasoio, non sai dove arriverai, che strada prenderai, se non dopo averlo fatto, sai solo da dove vieni e quello che possiedi..." (Alceste Ayroldi)

17/04/2006

Nuova gallery con le foto di Barbara Rigon

16/04/2006

Jazz e Politica, la semantica del jazz: "...la musica come tutte le arti è una espressione compiuta e consapevole, il suo significato autoreferenziale non necessita di ulteriori costruzioni a posteriori: né da parte dell'autore né da parte della critica...(Franco Bergoglio)

11/04/2006

Jazz e Politica: "Le storie del jazz non si contano, come sono molto numerosi romanzi e racconti che si occupano a vario titolo di jazz. In molti di questi lavori è presente una messe di argomenti, dati, fatti, che opportunamente legata potrebbe costruire una affascinante avventura intellettuale... (Franco Bergoglio)

04/03/2006

Musica e politica, oggi?! A colloquio con l'etnomusicologo e sassofonista Jerome Camal, assistente alla Washington University di Saint Louis (Franco Bergoglio)

04/03/2006

Il Metasassofono: Introduzione ad una estetica jazz. "Il jazz unisce e congiunge fin dalle radici etimologiche del suo nome, che rimandano a illecite fornicazioni. Mescola le razze, le culture e le idee dietro il meraviglioso concetto che l'imbastardimento produce il bello..." (Franco Bergoglio)

25/01/2006

Nuova gallery a cura di Davide Susa con le foto del Festival di Ronciglione Jazz 2005

12/12/2005

Ritratti di Omar Sosa e Charlie Haden (Ziga Koritnik)

18/07/2005

Ornette Coleman a Roma e Napoli: "Un po' come nella sua musica, Ornette, sembra voler fare a meno del superfluo, di quella patina inconsistente di formalità...Sembra quasi che con il passare degli anni la musica di Ornette sia diventata meno complessa e più 'democraticamente' fruibile." (M. De Masi, F. Ughi)

27/06/2005

Charlie Haden apre Terniinjazz 2005 supportato dallo splendido scenario delle Cascate delle Marmore: "...Chi abbia mai ascoltato qualcosa di Charlie Haden saprà benissimo che nelle profondità curvilinee del suo ligneo contrabbasso, batte un cuore sensibile e appassionato..." (Antonio Terzo)

04/09/2004

Charlie Haden, Carla Bley, e la Liberation Music Orchestra: "Carla Bley è splendida nell'intonare l'Orchestra, nell'attribuire compiti e tempi...Haden è semplicemente magistrale..." (Alceste Ayroldi)

31/07/2004

La rassegna Terniinjazzfest, giunta alla sua quarta edizione, vede due protagonisti di rilievo: un pezzo di storia del jazz, il grande sassofonista nero-americano Archie Shepp ed un pezzo di storia dell'Umbria, la Cascata delle Marmore. (Antonio Terzo)

10/01/2004

Music is the healing... - Attica Blues (Albert Ayler - Archie Shepp)

06/09/2003

Archie Shepp: "...Con incedere lento, cappello grigio a tesa media e sax alla mano, guadagna il palco il mitico Archie Shepp, l'anima più nera del jazz dal sound R&B..." (Antonio Terzo)

14/06/2003

Archie Shepp - Just In Time Quartet al Dolce Vita Jazz festival 2003: "...Sembrava essere appena uscito dall'ultimo film di Wim Wenders dedicato al blues, L'anima di un uomo, con un panama da vecchio bluesman, quando Archie Shepp si presenta sul palco del Dolce Vita Jazz Festival". (Dario Gentili)

12/01/2003

Jim Hall e Charlie Haden: "...musica allo stato puro; è suono approdato alla sua bella delicatezza dopo chissà quali complessi e tortuosi percorsi, è maestria senza presunzione alcuna." (Vito Mancino)

08/09/2002

Archie Shepp, Bobby Durham, Wayne Dockery e Massimo Faraò a Firenze in una festa privata.

27/06/2002

Charlie Haden a Roma. "Siamo usciti dal teatro per raggiungere chi la sua moto chi l'auto blu con autista ma tutti con il desiderio di dire: «Grazie Charlie!».





Video:
Joe Henderson - Serenity
Joe Henderson - Serenity. An Evening with Joe Henderson, 1987. Henderson (ts); Charlie Haden (b); Al Foster (d)....
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Keith Jarrett, Charlie Haden & Paul Motian - Germany 1972
Keith Jarrett performing with his trio in the Hamburg Funkhaus, Germany, on June 14, 1972., , Keith Jarrett - p, Charlie Haden - b, Paul Motian - dr...
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"Search for life" / "Round trip", Ornette Coleman Ensemble. "InJazz" Summer Clinics 2009. (2/2)
Concerto finele dei seminari estivi InJazz 2009. Ornette Colemn Ensemble diretto da Marcello Allulli. Fabriano (AN). www.injazz.it - info@injazz.it - ...
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Udin&Jazz 2009 - ORNETTE COLEMAN 2 BASS QUARTET
Udine, Palamostre 27 Giugno 2009 riprese e montaggio Davide Morandi...
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Ornette Coleman Sextet - Free Jazz (1of 3)
1978 Germany. Ornette Coleman - sax, violin; Ben Nix - guitar; Charlie Ellerbee - guitar; Albert Arnold - bass; Shannon Jackson - drums; Denardo Colem...
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Charlie Parker and Coleman Hawkins, Lester Young, et al 1950) - 1 of 2
This is one of two surviving sound films of Charlie Parker playing (and certainly the longest; the other is only 52 seconds long). Until recently, thi...
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Ornette Coleman Ensemble - Injazz Summer Clinics 2008
L'ensemble, diretto dal sassofonista Marcello Allulli, esegue durante il Concerto Finale dei Seminari Estivi Injazz svoltisi a Fabriano nel luglio 200...
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Ornette Coleman - Germany 1978
Ornette Coleman: alto saxophone, trumpetJames Blood Ulmer: guitarBern Nix: guitarFred Williams: bass guitarDenardo Coleman: drumsRonald Shannon Jackso...
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The Ornette Coleman PrimeTime Band Is:, , Ornette Coleman - Alto Sax, Violin, & Trumpet, Burn Nix - Guitar, Charles Ellerbee - Guitar , Larry McRa...
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Data ultima modifica: 27/04/2014

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