ParmaJazz Frontiere Festival Oltre i Confini, Ascolti - XIX Edizione Parma, 4 novembre 2014 - 2 dicembre 2014 di Andrea Grossi
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Uri Caine
& Han Bennink Parma, Auditorium del Carmine – 7 Novembre 2014 Uri Caine
- Pianoforte
Han Bennink - Batteria
In un auditorium gremito il jazz diventa
protagonista assoluto della serata di apertura del ParmaJazz Frontiere Festival
che, per il diciannovesimo anno consecutivo, si conferma come uno dei festival più
interessanti d'Europa. In programma c'è il duo
Uri Caine
al pianoforte e Han Bennink alla batteria. Lo spettacolo è assicurato: due musicisti
in completa sintonia suonano intensamente, divertendosi come poche volte capita
di vedere fare da musicisti di questo calibro, spesso purtroppo impegnati in progetti
non proprio "artistici". Il concerto è un'esplosione di energia che, grazie ad Han
Bennink (che suona muri, scatole di cartone prese dal backstage e, più volte, il
pavimento) diventa un vero e proprio show. Il repertorio scelto abbraccia la storia
del jazz dagli albori fino agli anni Sessanta: dal ragtime con Maple Leaf Rag
di Scott Joplin, ad una particolare Nefertiti di Miles Davis-Wayne
Shorter in cui tutto accade (persino una citazione dell'Inno alla Gioia
dalla IX Sinfonia di Beethoven), passando per Ellington, Monk e Mingus. Tutto viene
trasformato, come se fosse visto da più angolazioni contemporaneamente, con un'idea
quasi cubista nell'interpretazione di questi capolavori della tradizione afro-americana.
Dallo swing pre be-bop, al free jazz ad un linguaggio assolutamente contemporaneo
i brani vengono sviluppati passando con scioltezza all'interno dei linguaggi.
Uri Caine
riconferma ancora una volta la sua strabiliante abilità pianistica ed esprime al
massimo il suo amore per il jazz, Han Bennink trascina la musica con uno swing impressionante
e con la creatività eccentrica che lo ha sempre contraddistinto, lasciando tutti
a bocca aperta per la sua grande capacità di ascolto e di interplay.
Entrambi sorprendono per l'abilità di unire tradizione e modernità senza che questa
cosa risulti forzata o fasulla.
Enrico Intra Trio Parma, Casa Della Musica – 9 Novembre 2014 Enrico Intra - Pianoforte Paolino
Dalla Porta - Contrabbasso
Mattia Cigalini - Saxofoni
Quando un veterano del jazz si inventa una nuova formazione ed
un repertorio ad hoc per l'occasione, l'interesse del pubblico è sempre ai massimi
livelli. Nonostante il traffico che ha bloccato Parma e che avrebbe dovuto creare
difficoltà di affluenza al concerto, molte persone non si sono fatte sopraffare
da questo inconveniente e sono accorse ad ascoltare. L'idea di Intra, quella del
trio senza batteria composto dalle tre generazioni del jazz italiano, è sicuramente
interessante, accattivante ed audace. L'esperienza del leader riesce a creare un
materiale compositivo che trasforma di brano in brano il gruppo, mantenendo però
un suono comune che funge da filo conduttore dello spettacolo, che risulta leggero
e scorrevole nonostante la serietà della musica.
Molto efficace in termini di scaletta è l'idea (tipica dell'avant-gard anni Settanta)
di utilizzare l'organico sfruttando le sue varie possibilità: trio, duo, solo. Una
nota di merito va sicuramente a
Paolino
Dalla Porta che con grande creatività e padronanza strumentale (e musicale)
riesce ad interpretare i brani con grande lucidità sfruttando al massimo il loro
potenziale.
JøKleBa Parma, Casa Della Musica – 14 Novembre 2014 Per Jørgensen - Tromba, Voce, Kalimba,
Percussioni, Elettronica
Audun Kleive - Batteria
Jon Balke - Pianoforte, Sintetizzatore
E' un viaggio quello che ci viene proposto da questi eccellenti
musicisti norvegesi. Un viaggio verso terre sconosciute che passa però dalle tradizioni:
quelle popolari scandinave, quelle del jazz che (soprattutto grazie a Jon Balke)
si insinua in un materiale assolutamente distante da quello afro-americano, e quelle
del tardo romanticismo europeo, grazie ad una citazione (che diventa strutturale
all'interno del concerto) dell'Adagietto della V sinfonia di Mahler. Il concerto
si svolge in un unico brano della durata di un'ora circa, cosa apparentemente difficile
per gli ascoltatori che, al contrario, soddisfatti ed entusiasti chiedono a gran
voce il bis. Il pianismo di Balke è strepitoso: tecnico ma non appariscente, anche
quando usa i sintetizzatori, il suo fraseggio fresco e vivo riesce a mantenere sempre
viva la musica senza mai sovrastare gli altri musicisti. Audun Kleive è un batterista-
non batterista, ama le dinamiche basse e un fraseggio molto spezzato che non prende
mai la direzione che ti aspetti. I suoni che riesce a creare si insinuano tra gli
altri strumenti come una voce, a volte sussurrata ma non per questo in secondo piano.
Ultimo ma non ultimo Per Jørgensen, trombettista che rimanda per fraseggio e suono
a Don Cherry ma, che riesce ad essere molto personale, esaltando il trio con i suoi
interventi incisivi (a volte anche con una particolare vocalità o con le percussioni)
che arrivano dopo lunghi silenzi, a volte anche di parecchi minuti. Una particolarità
davvero interessante di questo trio è la completa assenza di ego da parte dei tre
musicisti, la musica è davvero democratica e tutti gli strumenti sono sempre sullo
stesso piano.
Adiabatic Invariants Associazione Remo Gaibazzi – 15 Novembre 2014 Marco Matteo Markidis - Live Electronics,
Pure Data
Luca Gazzi - Percussioni
A volte, le cose inaspettate, sono quelle che ti sorprendono
più di tutto in positivo. E' proprio questo il caso degli Adiabatic Invariants,
una formazione di giovani musicisti interessanti e competenti che, davanti ad un
numerosissimo pubblico, con grande consapevolezza hanno creato un percorso del suono
e nel suono. Musica ricca di complesse elaborazioni ritmiche e timbriche con una
forte componente compositiva e strutturale mirata a guidare un'improvvisazione apparentemente
totale. Molto interessanti gli equilibri del gruppo che oscillano dinamicamente
dal pianissimo al fortissimo e che lasciano molti spazi a momenti di solo sia da
parte delle percussioni che da parte dell'elettronica. Marco Matteo Markidis è abile
nell'uso dell'elettronica (che ha programmato completamente), sa esattamente cosa
accade secondo per secondo e non si lascia sfuggire nessuna delle bellissime idee
che il suo collega gli propone. Luca Gazzi alle percussioni è un continuo fermento
di idee, attraverso un'accurata scelta di percussioni divise per tipologie (tamburi,
piatti, metalli, legni, ed altri "effetti") riesce ad avere una varietà timbrico-dinamica
incredibile, davvero rara da trovare mediamente nei batteristi e nei percussionisti.
Molto bello anche l'intervento nel bis di Giacomo Marzi, giovane promessa parmigiana
del contrabbasso, che con grande abilità musicale e tecnica si integra perfettamente
con il duo proponendo una versione assolutamente astratta e molto ben riuscita di
"Nefertiti". Davvero entusiasmante anche il disco HKPD (Hybrid Kit and Pure Data)
che hanno presentato per l'occasione.
Beppe Di Benedetto 5tet Casa Della Musica – 19 Novembre 2014 Beppe Di Benedetto - Trombone, Eufonio
Emiliano Vernizzi - Saxofoni
Luca Savazzi - Pianoforte
Stefano Carrara - Contrabbasso
Michele Morari - Batteria
Il trombonista parmigiano si avvicina molto al sound ECM: i richiami
a Kenny Wheeler e ai più recenti musicisti scandinavi sono chiari, soprattutto dal
punto di vista compositivo. I brani con temi molto cantabili, con contrappunti e
canoni tra trombone e sassofono, la sezione ritmica che, quando serve, diventa terza
voce in questo gioco delle parti, un linguaggio armonico più europeo che afro-americano,
il fraseggio ed il portamento del tempo even eight, sono tutti segnali di
un processo stilistico che guarda sempre di più all'Europa. Molto interessante la
scelta del leader di alternare il trombone con l'eufonio (conosciuto anche con il
nome di "bombardino", in pratica un flicorno baritono) che crea diversità timbrica
all'interno del concerto. Rimarchevoli le performance di Emiliano Vernizzi al sax
soprano e tenore, che sfoggia una padronanza strumentale di altissimo livello lasciando
molte volte a bocca aperta il pubblico in sala, e del pianista Luca Savazzi, le
cui idee ritmiche e soprattutto le grandi aperture nei soli danno vita a nuove situazioni
all'interno della musica, creando sorpresa ed interesse ogni volta. Carrara al contrabbasso
con la sua grande competenza armonica fornisce il supporto perfetto per Savazzi,
muovendosi in simbiosi con esso e fornendo un supporto forte e di grande gusto.
Morari alla batteria è fondamentale, la scelta dei suoni è perfetta e il drumming
imponente ma raffinato è perfetto per la band. Beppe Di Benedetto è riuscito nell'impresa
(non sempre troppo facile) di riunire ottimi musicisti che potessero suonare davvero
bene insieme, scrivendo della musica funzionale alle sue idee ma anche ai suoi compagni.
Una Stanza Per Caterina Palazzo San Vitale, Sala delle Feste (Sede di Banca Monte Parma) – 22 Novembre
2014 Beneticte Maurseth - Violino Norvegese,
Voce
Åsne Valland Nord - Voce
Un mondo fiabesco e surreale, atavico e sognante; una musica
che sembra provenire da terre ben più lontane e che invece si insinua piacevolmente
nella testa e nel cuore degli ascoltatori stupefatti da tanta grazia e dolcezza.
Gremita la meravigliosa sala all'interno di palazzo San Vitale conferisce all'evento
un tocco di classe e di eleganza in più e suggestiona maggiormente l'ascolto. La
musica popolare regala spesso grandi emozioni e scoprire quella di altri popoli
è sempre interessante. Il folk norvegese non è sicuramente tra le musiche europee
più note, non è musica che accompagna le danze ma è musica per fare musica, e questa
cosa appare chiara quando si ascoltano le lunghe sospensioni del tempo, il percorso
melodico che spesso non vuole marcare eccessivamente e scandire un tactus, i rubati,
i respiri... per essere musica popolare risulta, a tratti, molto intellettuale.
Beneticte Maurseth con la sua tecnica impeccabile al violino norvegese (strumento
meraviglioso che oltre a quattro corde suonate con l'arco ne ha altre che entrano
in risonanza per simpatia) e la sua calda voce riesce ad eliminare il palcoscenico,
musicisti e spettatori sono un'unica cosa immersa in questi canti. Åsne Valland
Nordl incanta con la sua voce pura e chiarissima (ma non per questo algida), riesce
ad esaltare al massimo i brani senza mai eccedere in virtuosismi e vezzi tipici
dei solisti e dei cantanti in particolare. Concentrazione ed umiltà accomunano queste
musiciste, il duo risulta davvero perfetto, l'equilibrio tra Benedicte e Åsnefa in modo che la musica scorra piacevolmente tenendo tutti incollati alle sedie.
Steve Coleman & Five Elements Teatro Due – 23 Novembre 2014 Steve Coleman - Sax Alto
Jonathan Finlayson - Tromba
Anthony Tidd - Basso Elettrico
Sean Rickman - Batteria
Steve Coleman ebbe a dire durante un'intervista: "Durante
i concerti non penso mai se sto suonando jazz o altro. Suono quello che sento, cercando
di creare qualcosa che emozioni". Non ci sono parole migliori per descrivere
quello che è successo durante il suo concerto al ParmaJazz Frontiere. Steve Coleman
ha trovato una propria direzione musicale sin dagli anni Ottanta e continua ancora
oggi con grande energia e dedizione a seguirla e svilupparla. Groove e ritmo al
centro della scena mantengono viva l'attenzione del pubblico che ha affollato il
teatro Due di Parma per quasi due indimenticabili ore. Il fraseggio di Coleman,
ricco di geometrie armoniche ed intervallari, rispecchia perfettamente la sua idea
compositiva; il suo meraviglioso suono e la grande coolness rendono tutto
un po' meno geometrico e molto più musicale. Il trombettista Jonathan Finlayson
è davvero particolare, l'unico che riesce ad avere dei veri e propri slanci melodici
all'interno di questo "inferno" metrico, sviluppa linee con note lunghe spostandosi
in modo davvero interessante all'interno delle strutture. Anthony Tidd al basso
elettrico è il punto fermo su cui tutta la musica si appoggia, senza di lui che
traina con dei groove incalzanti la musica tutto il "sistema" di Coleman non potrebbe
stare in piedi. Ultimo ma non ultimo l'incredibile Sean Rickman: si potrebbe parlare
per ore delle incredibili qualità di questo batterista, una macchina da guerra che
non sbaglia un colpo ed allo stesso tempo si prende dei rischi. Su un altro pianeta
rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi provenienti dal mondo della fusion
e/o della black music, un vero e proprio portento che si diverte e diverte il pubblico
con un virtuosismo utile alla musica che sta suonando e non finalizzato a qualche
visualizzazione su You Tube. Nel complesso il sound compatto di questo gruppo
colpisce per i paralleli con il quartetto di
Ornette
Coleman che, anche se può sembrare strano in quanto la loro musica è apparentemente
molto diversa, a volte sono evidenti.
Roots & Stories Casa Della Musica – 29 Novembre 2014 Misha Alperin - Pianoforte
Roberto Bonati - Contrabbasso
Roberto Dani - Batteria
Quando Russia ed Italia si incontrano musicalmente, si incrociano
anche grandi tradizioni, sia colte che popolari; e quando a trovarsi di fronte l'uno
all'altro sono musicisti che hanno sempre lavorato sul rapporto tra ciò che c'è
e ciò che non c'è ancora, tra ciò che è composizione e ciò che è improvvisazione,
tra ciò che avanguardia e ciò che è tradizione, il risultato non può essere che
un lungo racconto. E' stata proprio questa la scelta musicale di Misha Alperin,
Roberto Bonati e Roberto Dani, una suite, una lunga storia fatta di
tanti capitoli consequenziali per unire due mondi lontani e diversi ma, fortemente
compatibili. L'equilibrio dei tre musicisti è perfetto, il pianista russo per lo
più esecutore, Dani per lo più improvvisatore e Bonati nel mezzo. Il pianismo di
Alperin regala grandi emozioni, capace di una grande intensità trasporta il pubblico
durante il concerto con il suo suono perfetto e la grande energia che arriva fino
all'ultima fila. Più di tutti, svela musicalmente le sue origini indicando sentieri
che portano lontano e che lasciano sempre stupefatti. La grande drammaturgia che
è nelle sue corde non fa che accrescere la potenza espressiva regalando agli spettatori
momenti quasi teatrali, con grandi gesti e suoni che sono però funzionali alla musica.
La "sezione ritmica" italiana è ormai inseparabile, entrambi dopo anni di lavoro
insieme (e da soli) hanno sviluppato, anche se in modo diverso, un approccio nuovo
al proprio strumento, Bonati con una visione personalissima della musica e del contrabbasso
è capace di trasformarsi in una bellissima voce che canta o in un insieme di arcaici
tamburi che riportano gli ascoltatori alle origini della musica oppure, riprendere
un ruolo più tradizionale per il contrabbasso e stupire per le scelte ritmico/armoniche
e melodiche oltre che per la grande padronanza tecnica; Dani, che spesso come Alperin
trasforma il gesto in musica, passa dall'essere il perfetto batterista a ciò che
più si allontana da esso, i suoi suoni splendidi in tutti i contesti ed i momenti
del concerto non sono semplicemente colpi, ma influiscono in modo strutturale e
compositivo, ogni suono ed ogni silenzio ha il peso di un macigno all'interno della
musica, come un grande compositore riesce a pesare ogni cosa, avendo il controllo
di tutto, dai particolari al totale della suite. La cosa che più ha sconcertato
è l'utilizzo delle dinamiche che all'interno del concerto sono arrivate agli estremi:
silenzio totale e fortissimo; molto bella anche la scelta di suonare in acustico.
In una sala piena di un pubblico molto attento e partecipe è stato bello vedere
le reazioni positive ad una musica di frontiera che sulla carta non è così semplice
e che invece è riuscita ad avere un grande impatto sul pubblico.