Sacile - Il Volo
del Jazz '05
7 Nov. - 3 Dic.
Steve Coleman & The Mystic Rhythm
di Giovanni Greto
Dopo Jazz & Wine, il circolo Controtempo di Gorizia, composto da competenti
ed appassionati di jazz creativo ha organizzato con successo di pubblico, anche
la I^ edizione de "Il volo del jazz" al teatro Zancanaro di Sacile, graziosa
cittadina al confine tra Veneto e Friuli, conosciuta in questi anni, per aver ospitato
le "Giornate del cinema muto", nell'attesa dei lavori di riammodernamento della
storica sede pordenonese.
Il compito di concludere la rassegna - aperta dal trio di Bill Frisell,
impegnato adesso a investigare le musiche di John Lennon e proseguito nell'ordine
con la Phophonix Orchestra in 'Out to lunch', tributo ad Eric Dolphy,
Massimo De Mattia, 'Flute Ahead', Cuong Vu & Scratch,
Stefano
Bollani Quintet - è stato affidato al nuovo, impegnativo progetto
di Steve Coleman, The Mystic Rhythm, che però, rispetto alla formazione
annunciata si è presentato alla testa di un settetto, lasciando a casa tre dei 4
musicisti ungheresi previsti e sottoutilizzando l'unico superstite, il violinista
Zoltan Lantos, il quale, dopo un buon assolo iniziale nel primo dei 5 brani
che costituivano l'esteso set unico, è stato fermamente messo pressochè a tacere
dal leader, limitandosi a poche frasi sparse e comunicando un triste effetto di
emarginazione.
Ricchi di improvvisazioni i 4 brani in scaletta oltre al bis 'Pad
Thai', da parte di tutti i musicisti, mentre la vocalista Jen Shyu,
stupenda per la bravura nell'esecuzione di frasi tematiche all'unisono, costituiva
quasi un fiato aggiunto che si inseriva o concludeva le frasi del sax alto. Proprio
lei a fine concerto ci ha rivelato come il leader - del quale si narra di un difficile
carattere - abbia eliminato i 3 ungheresi dopo pochi concerti. E ci ha riproposto
il tema dei 5 brani con un impeccabile scat boppistico per aiutarsi a ricordare
i titoli. Oltre a Coleman, hanno ben figurato il giovane bassista Thomas
Morgan, il trombonista Tim Albright, Zoltan Lantos al violino,
mentre non finisce di stupirci il poco più che 20enne Tyshawn Sorey alla
batteria (lo avevamo visto la stagione scorsa diretto da Dave Douglas), il quale,
non ostante la mole fisica notevole e la giovane età anagrafica, ha invece dimostrato
un impeccabile autocontrollo, sia negli scambi infuocati con il leader, che nei
solo nei quali ha saputo alternare dinamicamente pianissimi e fortissimi, privo
di quella frequente immaturità giovanile - vedi ad esempio il batterista del WSQ
- che è causa di ridondanze reiterate, di mancanza di riflessione su ciò che si
sta eseguendo e di apprezzamento e conseguente utilizzazione di momenti di silenzio.
Pubblico caloroso fatto non di soli conoscitori dei lavori di Coleman
che, partito dal collettivo M-BASE
ha affrontato diversi universi sonori - la tradizione latinoamericana, quelle africane
ed asiatiche - confezionando sempre una musica densa ed avvolgente, da ascoltare
con attenzione perché anche se a volte può sembrare un magma sonoro post-free, nasconde
sempre un ordine esecutivo ben preciso. Insomma, Steve Coleman sa come partire
e dove arrivare e, quando un brano sembra dissolversi, rinasce seguendo un nuovo
percorso.