Locus Festival 2010
"Un paese rapito dai suoni e dai ritmi del mondo"
Omar Sosa, Paolo Fresu e Trilok Gurtu
Locorotondo, 10 luglio 2010
di Cristiano Ragone
Qui si gioca una partita a tre: Cuba, Italia e India, ovvero:
Omar
Sosa (piano),
Paolo Fresu
(tromba, flicorno, Trilok Gurtu
(Percussioni).
Il primo, pianista cubano, incessante sperimentatore di musica africana e latina,
artefice degli ultimi album "Afreecanos" e "Ceremony".
Paolo Fresu,
sempre presente ai vertici delle classifiche del Top Jazz della rivista Musica Jazz
sia come miglior musicista che come leader di gruppi, conosciuto ed apprezzato in
tutto il mondo. Trilok Gurtu, percussionista
e polistrumentista indiano, vincitore di innumerevoli premi (5 volte) come miglior
percussionista, e ben 5 Grammy come migliore musicista/percussionista per la BBC
World Music Awards, nonchè collaboratore di
Jan Garbarek,
Joe Zawinul, John Mclaughlin, Ralph Towner,
Dave Holland,
Pat Metheny
solo per citarne alcuni.
In una magica atmosfera dell'elegante paese dell'entroterra barese, Locorotondo,
ha avuto luogo il primo appuntamento del Locus festival, sabato 10 luglio
2010.
Il comune di Locorotondo, commemorando il suo amato sindaco Giorgio Petrelli, purtroppo
recentemente scomparso in un incidente, ha ospitato la prima italiana (dopo la prima
assoluta al festival francese Popanalia di Biot) di questo nuovo e originale progetto.
Già il sound check dei tre musicisti stupisce: il pianista cubano suona modale staccando
ritmicamente accordi intorno ad un pedale fisso;
Paolo Fresu
prova il flicorno, la tromba e gli effetti mentre
Trilok Gurtu ci dà già un
saggio di quella che sarà la poliritmia del concerto.
La piazza Mitrano pian piano si riempie di persone; si riempiono anche tutti i corridoi
laterali e posteriori: insomma un evento da non perdere, non solo per gli intenditori
di jazz.
Il primo brano è "Monk-A-Desh" di Sosa e di sapore monkiano, come preannunciato
dal soundcheck: il pianista cubano è scatenato e utilizza anche effetti e un fender
rhodes.
Di ampio respiro e malinconico invece il secondo "Danzon de tu ojos", sempre di Sosa.
Nei brani successivi Gurtu dà buona prova della sua tecnica vocale, che già conosciamo
(Talkin Tabla, tecnica accompagnata dalle percussioni indiane) ma che in questo
concerto viene esaltata ancora di più dal dialogo col pianista cubano che fa altrettanto
e rilancia tutte le sfide del percussionista in una forma che potrebbe anche non
avere mai fine: il pubblico ne è entusiatsta, un segno che la buona musica e la
poliritmia coinvolgono sempre gli astanti, e in questo concerto più che mai.
"Balatho" è la conferma delle variazioni ritmiche dei due "percussionisti" e capacità
improvvisative straordinarie del nostro
Paolo Fresu,
che su tale base e con frequenti cambi riesce a far udire sonorità davisiane, note
lunghe rilassate, ma anche fraseggi incalzanti riecheggianti Miles ma anche Gillespie,
con una abilità assolutamente non comune nel riuscire a guidare nel percorso ad
ostacoli creato dagli altri due musicisti e soprattutto nell'abilità nell'essere
sempre sincrono rispetto agli altri due.
Di notevole pregio e d'atmosfera anche "Sound of India" di Gurtu in cui Trilok utilizza
una varietà di percussioni, voci e l'acqua.
I brani più interessanti dal punto di vista dell'interplay sono stati "Balatho",
"Sound of India" e "Angustia", in cui si scatenano le abilità tecniche di tutti
i musicisti e in cui ha ampio spazio il bagaglio strumentale di Gurtu: le atmosfere
che riesce a creare sono calde e coinvolgenti, utilizza una varietà di percussioni
tra cui anche un gong, un bidone d'acqua in cui immergere le percussioni metalliche,
oltre che fare uso delle tabla e della stessa acqua percossa ed agitata quasi a
ricordare l'oceano e le enormi distanze che la Musica può superare. Non mancano
pedali ritmici, parentesi rilassate, ostinati, ritmi in sedicesimi, assoli e cambi
di ritmo.
I tre musicisti di certo non si risparmiano concedendo anche un bis, sicuramente
affascinati anche loro dal contesto architettonico, dall'ambiente interessato e
creativo e dal pubblico così partecipe che, a sua volta ne trae beneficio e "ossigeno".
A tratti il pianista utilizza il tipico montuno cubano su una guajira, quasi a ricordarci
la sua origine. Gurtu si muove in modo originale sui ritmi latini mantenendo sempre
un collegamento col mondo opposto, quello indiano. Si notano influenze monkiane,
barroniane, influenze modali e cubane ma soprattutto africane.
Fresu, dal canto suo, ci dimostra che la Sardegna è un'isola che non ha confini,
che dà un'anima al mondo descrivendo paesaggi e facendo realmente da collante. Lo
notiamo particolarmente nella lunare e sognante "Nenia" e "S'Inguldu" che ci riporta
alla mente il pathos davisiano.
Il pianista e il percussionista riescono abilmente a non farci sentire minimamente
l'assenza del basso, anzi, risulta molto più libera la base armonico-ritmica.
Il concerto ha lasciato decisamente di stucco l'uditorio: un'apertura sonora incredibile,
un'inventiva, una capacità improvvisativa e ritmica al top, una carica incredibile,
un progetto realmente nuovo, moderno, un esperimento di word music ed ethnojazz
molto ben riuscito.
Realmente è sembrato che il paese si fosse fermato per qualche ora ad ascoltare
il ritmo e i suoni del mondo. A Locorotondo è stata di scena la Musica senza confini.
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 22/08/2010
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