Jazz! Brugge 2006
Brugge - Belgio, 5/8 ottobre 2006
di Gianmichele Taormina
foto di
Nadia Guida e
Thomas van der Aa
A mezzogiorno in punto alla sala 9 del Groeningemuseum, immersi nella
bellezza immortale di opere firmate da René Magritte, Hiëronymus Bosch
e Jan van Eyck, tutto è pronto per la terza edizione di "Jazz! Brugge
2006", la biennale del jazz che nella splendida
cittadina belga ospita dal 2002 le migliori
espressioni della musica europea di origine colta contemporanea.
Ben Sluijs imbraccia il suo inseparabile sax contralto e comincia a srotolare
un suono limpido, puro e naturale. Una musica libera da schemi che s'insinua nell'affollatissimo
salone composto da un pubblico attento e competente. Subito dopo si aggiunge a ruota
il tenorsassofonista Jeroen Van Herzeele a sviluppare concretamente le idee
del visionario leader. Ed è mistero, magia, incandescenza spirituale. Da queste
splendide movenze si sviluppano senza soluzione di continuità diverse suites
dall'algida notturna bellezza. A spezzare il teso climax giungono in seguito temi
più astrusi e anticonvenzionali, decisamente inclini alla lezione colemaninana
eppure caparbi e incisivi. Terrigni e primordiali. Tra questi la spedita e trascinante
Earth o la nenia sommessa e dolente di
Whistling. Ad aggiungere corpo e colore al quartetto
capitanato dal giovane sassofonista di Antwerpen si segnala la funzionalità ritmica
del contrabbassista sardo Manolo Cabras e quella del drummer ceco Marek
Patrman.
Movenze
assai distanti da quelle del magnifico concerto di Sluijs si sono ascoltate nell'accogliente
teatro Concertzaal dove si è esibito il settetto a nome di Chris Joris
(percussioni) e Bob Stewart (tuba). Reduci dalla pubblicazione del recentissimo
"Rainbow Country" (etichetta De Werf), la formazione ha sviluppato
tematiche strettamente legate a un afro-jazz coinvolgente e speziato di colori vivaci
e danzabili. Belli i climi inscenati in composizioni come
Yafa, 9/11
e Nonet, oppure agili e frizzanti come
Kadin. Brani impostati e supportati dalle agili percussioni di Baba Sissoko
e Junior Mthombeni. Da oltre oceano spiccava inoltre la presenza di Eric
Person (flauto e sassofoni) e di un eccezionale bassista già membro di svariate
formazioni orbitanti la gloriosa M-BASE, ovvero Reggie Washington
mentre, a completare il gruppo, emergeva al pianoforte il musicista di origine italiana
Fabian Fiorini.
Un free organizzato, basato su una concezione fortemente legata allo
sviluppo sistematico dei temi è stato quello degli Astronotes. La formazione
olandese composta da nove elementi ha setacciato con dinamiche spedite e creative
un discorso in costante movimento sempre libero e aperto, mai scadente nella banalità.
Un ensemble sorprendente che pur nella direzione impressa dal suo carismatico leader,
il trombonista Joost Buis, ha ideato in una girandola di suoni, momenti di
instancabile energia fuse al contempo con situazioni meditative ma ugualmente carnali
ed enfatiche.
Musica
libera ed estrema, complessa nel suo costante divenire, è stata quella del clarinettista
francese Sylvain Kassap. La durezza dei suoni espressi, la difficile fruizione
di una sperimentazione spesso cristallizzata ha avuto il suo epicentro nella dizione
informale di strumentisti dall'indiscutibile valenza tecnica (oltre al leader,
Didier Petit al cello, Hélène Labarrière al contrabbasso e
Edward Perraud straordinario, alla batteria).
Due
chitarre coraggiose (Uwe Kropinski e Helmut Joe Sachse) e due tromboni
storici provenienti dall'intemperante jazz tedesco (Konrad e Johannes
Bauer), costituivano il portentoso motore dei Doppelmoppel. Istantaneità
delle composizioni, fulgidi interscambi tra i quattro protagonisti, cuore e istintualità
contribuivano alla decisiva costruzione di gabbie sonore aperte dove l'immediatezza
e la ragione si fondevano nei cunicoli espressivi di un gruppo eccezionale, fulgido
e attivo sulla scena da ben 25 anni.
Rappresentata degnamente da
Rita Marcotulli
e Stefano
Bollani (per la terza volta nelle tre edizioni di Brugge), l'Italia
ha portato in Belgio la melodia, la genialità e la bellezza naturale del jazz della
nostra terra.
Esibendosi in duo con il magnifico Andy Sheppard, la
Marcotulli
ha illuminato la platea accorsa nella piccola sala della Kamermuziekzaal con sue
composizioni come Waves and Winds (una bella
e sognante "canzone"),
Koinè
- brano oramai celebre nella play list della pianista romana - oppure
Us and Them dei Pink Floyd, abilmente
rimaneggiata dalla fantasia sommessa, esplosiva e poetica dei due.
Bollani
portava invece a Brugge il progetto discografico de "I Visionari", lavoro concettuale,
spumeggiante e variegato. Mirko Guerrini,
Nico Gori,
Ferruccio
Spinetti con "l'infiltrato" Alex Riel alla batteria, hanno ben
reso le dinamiche cangianti e cantabili di composizioni come La Sicilia o
momenti di accesa improvvisazione dettate dalle varie "visioni" suggerite dai musicisti.
Inutile sottolineare - ma invece lo ribadiamo - con quanto calore e passionalità
il generoso pubblico belga abbia accolto i nostri musicisti italiani, all'estero
apprezzatissimi e sempre meritatamente riconosciuti.
Jazz ciondolante, etereo, suggestivo ma anche scarno e tortuoso è stato quello
modellato dalle mani di Misha Mangelberg, al fianco di Eric Dolphy
nel tragico 1964 poco prima della sua prematura
scomparsa.
Tutt'altro
che asciutta la potenza e l'inarrivabilità tecnica di Jean-Michel Pilc. Il
pianista parigino ha rappresentato con magistrale dovizia, le sue spedite incursioni
pianistiche con stile originale di immenso impatto. Un barocchismo complesso che
però oscurava totalmente la conversation umana col pubblico. Durante la sua
performance Pilc sembrava asserire: "vedete come sono bravo?", tutto
concentrato su se stesso e mai sul chiedersi se in quel momento realmente trasmettesse
"qualcosa"…
L'arte,
la maestria, il tocco sapiente, la bellezza delle forme nella musica di Bobo
Stenson assumono diversamente altra valenza dialettica. Il pianista svedese
- sempre insieme al fido contrabbassista Anders Jormin - ha espresso una
prova che ne conferma il bagaglio culturale; la striscia semantica che ha inaugurato,
varcato e oltrepassato. L'esibizione ha però avuto un incedere incerto, troppo spesso
affidato ai dilemmi del giovanissimo drummer Jon Fält. Il ragazzino si gettava
incauto - come del resto era giusto che facesse - giocando imperterrito a citare
i suoi dotti idoli: Jon Christensen, Paul Motian, Tony Oxley,
non pensando che non basta l'avventurosa azione fisica, il rischio, ma anche quella
"colta" vena interiore per svettare sicuro sui piatti della musica di Stenson.
In chiusura è d'obbligo citare l'hard bop bello e spontaneo del trombettista
lussemburghese Ernie Hammes, quello "meno spontaneo" del diciottenne Gábor
Bolla, l'ottima professionalità (ripetitiva) del duo Jef Neve e Pascal
Schumacher, le evitabili scorribande rap del Soweto Kinch Quintet,
la lezione pseudo-orientale della pianista Nathalie Lorriers in duo col suonatore
di oud Karim Baggili, il sorprendente cool di Benjamin Koppel
con Thommy Andersson e Alex Riel, il folkjazz del mediterraneo d'Italia
di Pierre Vaiana, la divertente carovana dei francesi Tous Dehors
(musiche zappiane, esecutori di notevole cangiante ilarità).
Complimenti sinceri infine al gruppo di volontari della De Werf (Rik
Bevernage, Pilippe Delmotte e Jos Demol per quanto concerne
il settore discografico), i quali hanno allestito una manifestazione organizzata
davvero in maniera impeccabile. Un'associazione che da anni opera a Brugge nel campo
del teatro, della musica, di avvenimenti culturali per ragazzi e che è diventata
anche una visibile e coraggiosa etichetta che produce, come il suo festival, del
vero buon jazz contemporaneo.
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 04/01/2007
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