Crossroads 2009
di Giuseppe Rubinetti
Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora
sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival
itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna
tra il 25 febbraio e il 23 maggio. Giunto alla decima edizione, il festival diretto
da Sandra Costantini e organizzato da Jazz Network ha ospitato nomi
della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi,
jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori. In questa edizione, come del resto
anche nelle precedenti, ce n'è veramente per tutti i gusti. A consentire una simile
varietà, oltre che una copertura geografico-temporale tanto estesa, ha certamente
contribuito il coordinamento con numerosi festival locali tra i quali si è diramato
il programma di Crossroads: tra questi ricordiamo il Piacenza jazz fest,
il Jazz in Blu di Casalgrande e il Correggio jazz presso il teatro
Asioli.
Il primo appuntamento che abbiamo seguito è
stato il concerto del
Franco D'Andrea
New Quartet che si è tenuto a Piacenza (in collaborazione con il Piacenza
jazz Fest) il 14 Marzo presso il Conservatorio Nicolini. L'ormai consolidato
quartetto vede il pianista di Merano affiancato da Andrea "Ajace" Ayassot
(sax alto), Aldo Mella (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria).
Il concerto non è affidato ad una vera e propria scaletta: il gruppo, piuttosto,
valuta e sceglie sul momento cosa eseguire, proponendo un repertorio di medley ed
eseguendo frammenti di diversi brani, tra i quali Lush
Life (appena accennata da
D'Andrea
nel fare una cadenza pianistica) e Half the Fun
(entrambe di Billy Strayhorn), oppure brani dello stesso
D'Andrea
come Linea obliqua,
Douala (un titolo mutuato dalla seconda città del
Camerun) e T.M. (dedicata a Thelonious Monk),
oltre ad alcune ballad originali tra le quali Cherries,
Amandes, Riff.
D'Andrea,
da sempre interessato a conciliare le esigenze della musica improvvisata con un
approccio seriale, lavora ad un stile colto, sofisticato e tuttavia sempre lontano
da ogni forma di compiacimento. Il suo linguaggio è una prisma che scompone e reinventa
la tradizione jazzistica a partire dalle sue radici più arcaiche, e nel quale ritmi
africani e cadenze blues si rimescolano lungo traiettorie imprevedibili. Come è
stato più volte notato, la musica di
D'Andrea,
quasi totalmente sciolta da vincoli armonici, procede secondo una logica basata
su precisi rapporti intervallari.
I
temi, particelle elementari da manipolare ad libitum, si abbandonano così
ad infinite possibilità combinatorie, riconfigurandosi senza posa in una sorta di
rifrazione caleidoscopica. Talvolta ci si sente disorientati, ma il quartetto fornisce
sempre degli indizi, dei richiami seminascosti nella trama improvvisativa, come
a svelare un filo d'Arianna sempre destinato però ad ingarbugliarsi nuovamente.
Ammesso che ce ne fosse bisogno, questa esibizione non fa che confermare la statura
di un grande pianista, ma anche la sua insaziabile curiosità, la sua capacità di
esplorare i meandri del linguaggio jazzistico fin nelle sue più remote possibilità
sintattiche.
Il 23 marzo, al teatro San Martino di Bologna, è il turno del Jeff
"Tain" Watts Quartet. Jeff "Tain" Watts, batterista di navigata esperienza,
è ed è stato anzitutto un richiestissimo sideman: tra le sue più autorevoli collaborazioni,
si contano quelle con Wynton e Branford Marsalis,
McCoy Tyner,
Sonny Rollins.
Ma, accanto alla sua esperienza di accompagnatore, il batterista si presenta spesso
a capo di proprie formazioni. Come quella che lo vede, al teatro San Martino di
Bologna, affiancato da Marcus Strickland (sax), Christofer Smith (contrabbasso)
e David Kikoski (pianoforte). Durante la serata organizzata da Crossroads,
il Jeff "Tain" Watts Quartet esegue pezzi in gran parte tratti dagli
ultimi album incisi dal batterista, in particolare da Watts e da Detained
at the Blue Note. Tra i brani suonati riconosciamo
Return of the Jitney Man, il blues Brekky with
Drecky, JC Is the man,
Mr Jj, Sigmund
Groid. Il quartetto fa rivivere gli umori di un jazz profondo
e vernacolare senza troppa nostalgia ma con rinnovata vitalità e un trascinante
spirito swing. Il batterista si distingue per la sua capacità di gestire un repertorio
ritmico estremamente assortito, ma anche per l'eleganza nel costruire figure complesse
e sempre millimetricamente disegnate. Tra i sidemen dell'affiatato quartetto, spicca
senza dubbio il pianista David Kikoski.
Oltre
a vantare svariate collaborazioni – tra cui quelle con Roy Haynes,
Bob Berg,
Peter Erskine e Mingus Big Band
– il pianista si è imposto anche come leader di diverse formazioni: tra le sue ultime
incisioni, ricordiamo Mostly Standards, Lighter way, Details.
All'interno del quartetto di Jeff "Tain" Watts, il suo pianismo versatile
ed eclettico aggiunge venature inattese, riequilibrando in tal modo alcune spinte
forse eccessivamente tradizionaliste che restano comunque percepibili.
Della performance di Ron Carter, in scena a Correggio il 3 aprile,
c'è poco da dire. Il contrabbassista più inciso della storia (almeno 500 incisioni)
si presenta a capo di un trio (inizialmente doveva essere un quartetto) a dir poco
inappuntabile. Lo affiancano Stephen Scott (pianoforte) e il batterista
Payton Crossley. Si può provare e riprovare, ma non si riescono a trovare
difetti. Sarà la sua eleganza, il suo nome, il suo interminabile curriculum, ma
ascoltando questo contrabbassista ogni facoltà critica ne esce letteralmente paralizzata.
C'è eleganza, equilibrio, inventiva, intesa; niente è scontato o prevedibile.
Carter
suona il suo strumento come fosse un'orchestra, esaltandone non solo l'attitudine
ritmica, ma sviscerandone tutte le possibilità melodiche o armoniche. Il concerto,
presentato come un tributo a Miles Davis, in realtà si svolge prevalentemente
tra brani di composizione dello stesso Carter (595,
Mr Bowtie) e celeberrimi standard (come
My Funny Valentine, Seven
steps to haven, You and the night and the music).
Di Davis, con cui Carter ha militato durante gli anni ‘60, il trio esegue soltanto
una versione mirabilmente rivisitata di Flamenco sketches.
Giovanni Guidi e la sua trascinante Unknown Rebel Band sono di
scena mercoledì 22 aprile al teatro Asioli di Correggio. La band esegue una suite
composta dallo stesso Guidi e arrangiata con l'aiuto di Dan Kinzelman. Il
progetto musicale, ma anche discografico (presto uscirà un CD inciso per CamJazz),
è un omaggio alla protesta, alla lotta politica, al desiderio di libertà. Scopo
di Guidi è quello di raccontare una storia di battaglie e di rivendicazioni attraverso
le musiche e i canti che ne hanno fatto da sfondo. Ma quello che attira l'attenzione,
più che la commemorazione storico-politica, è l'uso che viene fatto della affollatissima
band. I riferimenti principali sono senza dubbio le suite di
Charles Mingus
(The black saint and the sinner lady, Pithecanthropus erectus), ma
si ritrovano anche delle assonanze con Goran Bregovic, John Zorn, Buena vista social
club. È una musica che non inventa ma che amalgama, in una sorta di "nuovo canzoniere
globale", esperienze musicali tra le più disparate; che tenta di coagulare, attorno
ad un'attitudine apertamente jazzistica, schegge di musiche etniche, frammenti di
canti popolari, ballate politiche, ritmi di fanfara, frullando il tutto in un'improvvisazione
libera e muscolare.
Oltre
allo scatenato Mauro Ottolini (trombone), una nota di riguardo la merita
senza dubbio Michele Rabbia – una specie di Marcel Duchamp delle percussioni
– il quale suona letteralmente di tutto. Tra gli arnesi da lui adoperati si contano:
palloncini, fischietti, asticelle, campanelli, un sacchetto di cellofan e ben cinque
metronomi. Neppure il suo stesso volto, ritmicamente schiaffeggiato al termine di
un a solo, sembra voler scampare al ready-made. Durante il bis la band esegue
(doverosamente, vista la data) O bella ciao.
L'ultimo appuntamento che abbiamo seguito (a Correggio il 9 maggio) è
stato il concerto del trio di Geri Allen accompagnato dal ballerino di tip-tap
contemporaneo Maurice Chestnut. L'esibizione viene molto apprezzata dal pubblico,
soprattutto per merito del ballerino, il quale attira gran parte delle attenzioni
su di sé. La stessa Allen lo presenta al microfono sottolineando, più che la sua
incontestabile bravura, il carattere peculiare di questa vera e propria "arte",
definita dalla pianista "un incontro tra le percussioni e la tradizione della
danza". Chi scrive però si trova un po' in imbarazzo: non solo per qualche perplessità
originata da questo seppur legittimo tentativo di nobilitazione artistica, ma anche
a causa del sincero apprezzamento espresso dal pubblico, il quale potrebbe forse
smentire il mio non troppo entusiastico giudizio sul concerto. Anzitutto, è proprio
l'esibizione del talentuoso ballerino a destare qualche riserva. È probabile che
il significato di questa collaborazione vada ricercato, come ha recentemente suggerito
anche Franco Fayenz, nella volontà di riscoprire il jazz nelle sue origini
umili e popolari, nel suo legame genetico con la danza e con il ritmo. E però, ascoltando
la musica suonata dal trio, non si riescono a trovare, se non molto di rado, delle
evocazioni in questa direzione. La Allen si giova dell'elettronica e sperimenta
lungo traiettorie parallele: mescola funk a bebop inseguendo una propria identità
(post-boppistica) forse non molto chiara. Il suo pianismo, eccezionalmente calibrato
e virtuosistico, abbonda in fioriture, ricami, decorazioni; si diffonde in invenzioni
talvolta graffianti ma sempre pulite e millimetriche. E tuttavia questa cura estrema
del dettaglio sembra nascondere – questo è il parere di chi scrive – una certa indecisione
stilistica: con la conseguenza che anche la performance del virtuoso tapdancer rischia
di apparire, in mancanza di una cornice musicale adatta, poco integrata e puramente
esibizionistica.
Questi sono solo alcuni degli appuntamenti previsti dal ricco programma
di Crossroads. Tra gli altri concerti non possiamo non ricordare le esibizioni
di McCoy Tyner,
di Stefano
Bollani con i Visionari, di Roy Hargrove, del trio di
Danilo
Rea accompagnato dall'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna, di
Enrico
Pieranunzi e
Rosario Giuliani.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
28/11/2009 | Venezia Jazz Festival 2009: Ben Allison Quartet, Fabrizio Sotti trio, Giovanni Guidi Quartet, Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra, Richard Galliano All Star Band, Charles Lloyd Quartet, GNU Quartet, Trio Madeira Brasil, Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta da Bruno Fontaine, Musica senza solfiti del Sigurt�-Casagrande Duo...(Giovanni Greto) |
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Data pubblicazione: 21/06/2009
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