Jazzsett 2006
Antonio Faraò Trio
Mirko Signorile & Gaetano Partipilo Telepathy Duo
Acquaviva delle fonti 1 - 3 settembre 2006
di Lorenzo Carbonara
Antonio Faraò
ancora una volta si rivela totalmente soulfull, aldilà di ogni considerazione
tecnica, che sarebbe inutile, considerato quanto già sia nota da decenni, nonostante
la giovane età, la sua strabiliante conoscenza della tastiera, nonchè quel personale
metabolismo creativo di tutte le principali esperienze musicali che gli ha consentito
di perfezionare presto un sound inconfondibile.
Nel Jazzset di Acquaviva delle Fonti 2006,
con gran fatica organizzato dall'encomiabile Giuseppe Netti (dopo averla
avuta vinta su ogni tipo di ostacolo opposto dall'amministrazione locale, con gretta
meschinità, a che le serate avessero luogo nel bell'atrio della sede comunale),
Antonio Faraò
stavolta si è fatto accompagnare da Dejan Terzic e Martin Jaconovsky,
rispettivamente batterista e contrabbassista di sempre, scelta apprezzabile alla
luce del fatto che spesso questi due musicisti non hanno potuto, per motivi di carattere
meramente pratico, suonare con lui nelle tappe dei tour che hanno toccato la Puglia.
Dunque chi c'era ha potuto ascoltare il trio nella sua formazione autentica.
Jaconovsky è un bravo bassista, tuttavia è un po' troppo legato al ruolo tradizionalmente
ritmico del suo strumento e difficilmente rischia di imbastire col piano e con la
batteria un qualche dualismo di improvvisazione simultanea, ma questo è il suo unico
"limite" e comunque ha il merito di concedere al pianista maggiore spazio
in cui poter esprimere il suo ricchissimo linguaggio. Il talentuoso Dejan Terzic
alla batteria si è rivelato un buon accompagnatore con qualche lieve carenza di
gestione delle dinamiche col resto del trio denotando una forse eccessiva tendenza,
mi si passi quest'espressione atecnica, "ad andarci giù pesante". E' comunque
innegabile il feeling jazzistico che questo batterista ha con
Faraò,
il che permette di indulgere, entro certi limiti, agli eccessi di cui si parlava.
Il trio si è esibito in una serie di brani, perlopiù a firma del suo leader,
tratti quasi tutti da Encore, il penultimo,
pregevolissimo lavoro, di
Faraò,
il quale ultimamente ha pubblicato un album interamente dedicato all'intellettuale
italiano Pierpaolo Pasolini, scomparso il secolo scorso in circostanze tragiche,
ed intitolato appunto Takes on Pasolini.
Il pianismo di
Faraò
è risultato essere la somma di eterogenei approcci: possono percepirsi nel suo
playing le eco di mostri sacri del jazz pur assai distanti tra loro - vi
si scorgono le invenzioni armoniche di
Mccoy Tyner,
le acrobazie linguistiche di Oscar Peterson, la cifra ed il tocco lirici
di Bill Evans, quando sposta il centro gravitazionale della tastiera dai
toni medi a quelli alti e sovracuti, mai stanco di esprimere le possibilità pittoriche
insite nelle ottave alte, e via dicendo - ma assimilati e riproposti dall'artista
di Milano secondo uno stile unico e personalissimo, espressione di un carattere
che segue solamente le sonorità che gli sono più congeniali, senza mai cadere nell'emulazione,
che purtroppo caratterizza molti dei musicisti post-bop. Sicuramente la vibrazione
più profonda del suo stile è di derivazione afro-americana e mentre lo ascoltavo
non potevo non percepire l'ispirazione tratta dal grande Kenny Kirkland,
"soul brother" di
Faraò,
prima di scomparire precocemente a New York. Non a caso era tale la stima nutrita
dal pianista di colore nei suoi confronti da chiedergli di sostituirlo al piano
quando per qualche motivo non poteva esibirsi in una tappa delle sue tournèe europee;
inoltre Kirkland ha definito questo ragazzo di Milano "uno dei giovani
pianisti jazz più grandi da anni ed anni", affermazione pienamente condivisibile.
Senza pretese di completezza va infine evidenziato che
Antonio
ha una qualità che a parere di chi scrive è il non plus ultra in questa musica:
un accento tendenzialmente up (in levare), di derivazione kirklandiana, appunto,
ma interpretato con rinnovata e personale energia, che riproduce costantemente,
durante la performance, la sensazione di quell'attimo afferrato-per-sempre-perso
che è l'essenza emozionale del jazz e che non è facile trovare in altri pianisti
spesso così inspiegabilmente lodati dalla critica. Pochissimi sono capaci di fondere
così perfettamente lo studio e l'emotività, l'anima senza la quale non c'è arte.
Ed Antonio Faraò
ci è riuscito.
Nella seconda serata della tre giorni jazzistica al Palazzo Comunle di Acquaviva
(2 sett. 2006)
si è esibito il "Telepathy Duo", ovvero
Mirko
Signorile (piano) e
Gaetano Partipilo
(sax).
Il brano di apertura è un work in progress durante il quale il piano ed il sax alto
seguono una conversazione dialogica improntata allo sviluppo istintivo della musica
(formula già ben collaudata in più occasioni, tanto da dar vita ad una specifica
formazione duale, prescelta da
Signorile
e Partipilo,
per ora, solo nelle esibizioni live; sarebbe auspicabile a questo punto una incisione
che raccolga i risultati messi a frutto da questo efficace connubio). Nello stesso
tempo, senza contraddizione logica, ciascuno dei due si lascia portare dal proprio
istinto verso tutte le possibilità inespresse del contesto. Il pianista e il sassofonista
viaggiano su una doppia sinusoide, incontrandosi per poi cedere alla spinta centrifuga
del suonar fuori e quindi fondersi ancora senza soluzione di continuità. Il suono
morbido del piano a coda e quello liquido, a volte metallico (alla Jackie Mc Lean)
del sax costituiscono un esercizio che inizialmente è di puro concetto, un vero
piacere cerebrale. Sennonché il brano in esame è sia una traccia autonoma in stile
avantgarde, sia una lunga premessa astratta che sfocia nella conclusione
incoerente (gradevolmente incoerente) del celebre tema di
Take The A Train (Ellington), tanto più godibile
perchè sorretto dall'ordinato e fluido magma primordiale del dialogo d'apertura,
dal quale esplode come un lapillo incandescente. Questo medley è musica davvero
preziosa, da ascoltare. Una particolare menzione merita la bellissima interpretazione
del vecchio standard tratto dal song-book americano Smoke
gets in your eyes, che ha regalato agli ascoltatori momenti di grande
intensità emozionale e pura musica, cui fa da giusto contrappunto, per l'eterogeneità
delle idee sottese, l'avanguardista, sperimentale Modern
subconscious, composizione originale di
Partipilo.
Il pianismo di
Mirko
Signorile è impreziosito da un linguaggio molto ricco risultante dalla
ottima tecnica e dalle forti capacità espressive e il suo temperamento artistico
non rifugge dal suscitare spesso un effetto di Straniamento, con provocazioni
metamusicali (come simulare di suonare tasti immaginari posti lungo il rivestimento
esterno del pianoforte), che ben completa la filosofia del duo telepatico; quanto
a Gaetano
Partipilo, ascoltandolo in questo duo si capisce come già così
giovane stia diventando un punto di riferimento del jazz italiano in Europa. Questo
sassofonista può vantare un'intima conoscenza dello strumento e ben sa esprimere
sia un sound più attuale, memore del
Brecker
di "Don't Try This At Home", di certo Greg Osby, sicuramente di
Steve Lacy
(quanto al
Partipilo
sopranista) e tanti altri, sia i fondamenti intramontabili della tradizione: ma
come ci si potrebbe liberare da Charlie Parker anche volendolo? La leggenda
vuole che il cat Eric Dolphy sia stato il solo a ghermire Bird, ma in realtà
l'uccellino riuscì a divincolarsene. Credo che tutti coloro che suonano un ottone
siano sostanzialmente imbrigliati nella dialettica Bird-Dolphy, che
pone gli estremi entro cui possono esplicarsi le potenzialità fisiche dello strumento
(almeno per quanto riguarda i fiati preposti al registro dal medio-alto in sù).
Un po' come potrebbe verificarsi per i pianisti, che inevitabilmente dovranno fare
i conti con il fondamentale bipolarismo Bill Evans-Kenny Kirkland.
In tale bivalenza dialettica si muovono pienamente a proprio agio
Partipilo
e Signorile,
come dimostrato anche in questa telepatica ed emozionante serata.
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Data pubblicazione: 16/11/2006
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