Venezia Jazz Festival
27 luglio -2 agosto 2009
di Giovanni Greto
27
Luglio 2009
Rialto, Campo de l'Erbaria, ore 19:
Ben Allison Quartet
Ben Allison, contrabbasso; Michael Blake, sassofoni;
Steve Cardenas, chitarra; Rudy Royston, batteria
Isola di S.Servolo, ore 21 e 45:
Fabrizio Sotti trio
Fabrizio Sotti, chitarra elettrica ed acustica; Sam
Barsh, organo; Mino Cinelu, batteria e percussioni |
28 luglio 2009
Teatro la Fenice ore 16 e 30
Giovanni Guidi Quartet
Giovanni Guidi, piano; Dan Kinzelman, sax tenore e clarinetto;
Stefano Senni, contrabbasso; Joao Maria Lobo Antunes, batteria
Teatro La Fenice, ore 21
Wynton Marsalis e Jazz at Lincoln Center Orchestra
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29 luglio 2009
Teatro la Fenice, ore 21
Richard Galliano All Star Band
Richard Galliano, fisarmonica; Gonzalo Rubalcaba, pianoforte;
Richard Bona, contrabbasso; Clarence Penn, batteria.
Charles Lloyd Quartet
Charles Lloyd, sax, flauto; Jason Moran, piano; Reuben
Rogers, contrabbasso; Eric Harland, batteria |
30 luglio 2009
teatro La Fenice, ore 16 e 30
GNU Quartet
Francesca Repetti, flauto e percussioni; Roberto Izzo,
violino; Raffaella Rebaudengo, viola; Stefano Cabrera, violoncello
Collezione Peggy Guggenheim, ore 22
Trio Madeira Brasil
Ronaldo do Bandolim, bandolim; Zè Paulo Becker, chitarra;
Marcelo Gonçalves, chitarra a 7 corde
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31 luglio 2009
piazza san Marco, ore 21 e 30
Paolo Conte e l'Orchestra Sinfonica di Venezia, diretta
da Bruno Fontaine
Paolo Conte, voce e pianoforte; Daniele Di Gregorio,
pianoforte, batteria, marimba; Jino Touche, contrabbasso e chitarra; Daniele
Dall'Omo, chitarra; Massimo Pitzianti, pianoforte, tastiere, fisarmonica,
bandoneon, clarinetto, sax baritono; Claudio Chiara, basso elettrico, tastiera,
fisarmonica, sassofoni alto, tenore e baritono, flauto; Luca Velotti, sassofoni
soprano, alto, tenore e clarinetto; Lucio Caliendo, oboe, fagotto, percussioni,
tastiere; Piergiorgio Rosso, violino
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2 Agosto 2009
Fondazione Querini Stampalia, ore 19 e 30
Musica senza solfiti. Sigurtà-Casagrande Duo
Fulvio Sigurtà, tromba; Federico Casagrande, chitarra |
Molti concerti anche per la seconda edizione del Festival. Ricorda il
blues rock degli anni '60 – pensiamo ai Cream,
di primo acchito – il jazz di Ben Allison, ormai di casa nel Veneto. Viso
pulito e giovanile, tratti ed espressione gentili, ne decretano il gradimento lungo
il tratto del canal Grande che al mattino ospita il mercato principale di frutta,
verdura e pesce della città. Un legame lontano con l'Umbria jazz gratuita degli
anni '70. Un pubblico composto in gran parte
non di appassionati, studentesco – Venezia è sede di due rinomati atenei – che chiacchiera
e sorseggia una birra, seduto per terra, visto che le uniche sedie appartengono
al plateatico dei bar. Quindi si perde spesso la concentrazione, il che vale anche
per i musicisti, che danno quello che possono. Sia Blake che Cardenas,
comunque, si ritagliano dei convincenti assolo. Ci trasferiamo in tarda serata nell'isola
di San Servolo, un tempo sede manicomiale, ora della VIU, Venetian International
University, per ascoltare il trio del chitarrista padovano Fabrizio Sotti,
trasferitosi da anni a New York, contento di parlare finalmente italiano e di suonare
per numerosi amici che non vedeva da tempo. Un po' Bop, un po' Funky, la sua musica
scorre fluida, senza picchi. Un gradevole easy listening arricchito da Mino Cinelu,
che se la spassa alla batteria, con raddoppi ed accelerazioni frequenti e lunghi
assolo e Sam Barsh, tastierista chicagoano, a riportare in auge il caro vecchio
Hammond.
Ha bene impressionato il quartetto di Giovanni
Guidi, nelle sale Apollinee del celebre gran teatro d'epoca, che si stanno trasformando
con piacere in un confortevole jazz club. Sorprende il talento e la maturità di
Guidi, giovane musicista e compositore. Mai invadente, un avvolgente senso di mistero,
pochi tocchi nella parte bassa della tastiera, mentre il contrabbassista esegue
l'assolo. Attento e pronto a sottolineare i diversi passaggi tematici il batterista
portoghese Joao Lobo, intenso e corposo nella timbrica l'americano Kinzelman.
Insomma un bel pomeriggio, in attesa del primo concerto clou, quello della Jazz
At Licoln Center Orchestra, diretta da Wynton Marsalis. Seduto in mezzo
ai fiati, presenza carismatica che non ha bisogno evidentemente di dare le spalle
alla platea, per recitare il ruolo di direttore, Marsalis ha proposto una
scaletta di 13 brani, ritagliandosi pochi assolo, in modo da dare spazio ai suoi
giovani solisti: 3 trombettisti, 5 sassofonisti, 3 trombonisti, oltre alla canonica
sezione ritmica piano, basso e batteria. Il programma propone in prevalenza temi
di Monk – "We see", "Epistrophy", il non frequente "Ugly Beauty"
– ed Ellington – "Paris Blues" e la scatenata e dalle diversificate sonorità
"Braggin' in Brass"-, un solo originale "XI Basque Song", il Bolero
di Ravel rivisto da Fletcher Henderson, "Blues Walk" di Lou Donaldson, "Stage
West" di Kenny Dorham. L'Orchestra esegue con diligenza e Marsalis, con
la sua voce bassa e profonda, presenta di volta in volta i solisti. Un buon mainstream,
senza sorprese, ma, comunque, gradevole e che si sposa bene con l'ambiente classico
del teatro.
La sera seguente, il Gran Teatro ospita addirittura un doppio concerto.
Incomincia il quartetto di
Richard Galliano,
denominato All Star Band. Esegue dieci pezzi con molto swing, grazie ad una sezione
ritmica di qualità, dominata dal pianista cubano Gonzalo Rubalcaba. Il camerunense
Richard Bona ha optato per lo strumento elettrico a 5 corde.
Galliano
è apparso in forma, inanellando un assolo dietro l'altro. Tra i titoli, citiamo
il valzer new Musette "Waltz for Niki", la poetica "Bebè" di Hermeto
Paschoal e la malinconica "Giselle", queste ultime due, di solito immancabili
nella scaletta del fisarmonicista. Intensi e pieni di note gli assolo di Rubalcaba.
Clarence Penn, oltre alla batteria, utilizza shakers, bongos, tambourine,
campanacci e cajon, proponendosi a volte come solista. Dopo una breve pausa tecnica,
arriva il momento più atteso, a parere di chi scrive, ossia l'esibizione di
Charles
Lloyd. Sei lunghi brani più un bis hanno premiato quanti sono rimasti.
Sembrerà strano, ma parecchie persone non sono più ricomparse dopo l'intervallo.
Altre addirittura lasciavano la platea durante il concerto senza curarsi, per lo
meno, di andar via alla chetichella, facendo bensì risuonare, maldestramente, il
legno dei sedili, evidenziando la propria maleducazione. E' preferibile, perciò,
per il futuro, un gruppo per serata. Il pubblico, che non è fatto di soli appassionati,
si stanca di meno e riesce a seguire con maggior concentrazione il percorso musicale.
Peccato per Lloyd, che meritava maggior rispetto. Il suo è stato, assieme a quello
del trio Madeira, il concerto più entusiasmante del festival. Ha ricordato
con il tenore le calde atmosfere coltraniane. Composizioni ricche di spiritualità,
esaltate dalla bravura dei singoli. Una conferma per il pianista Jason Moran,
tecnico e fantasioso, che alterna pause nel fraseggio per mantenere, crediamo, desta
l'attenzione. Eric Harland ha dimostrato il suo valore, con una sicurezza
sia nell'accompagnamento, che negli assolo. Un concerto che è cresciuto brano dopo
brano riempiendo di emozione quanti hanno avuto la pazienza di rimanere sino alla
fine.
Nel pomeriggio del giorno 30 nelle sale Apollinee abbiamo scoperto il
GNU Quartet, che ha eseguito con gusto un repertorio pop e jazz come nel CD senza
titolo, in cui i quattro reinterpretano canzoni italiane da "Brava" a "In
cerca di te" ed un paio di standard jazzistici quali "In A Sentimental Mood"
e "My favorite things". Accanto ai musicisti, Oscar Prudente, autore
e musicista genovese assieme al musicista e conduttore televisivo Mao hanno presentato
l'originale libro di Luca Ravagnin, scrittore e paroliere torinese, presente
in sala, "Un amore supremo", un racconto immaginario che ha per protagonisti
64 interpreti della musica Jazz, edito dalla Instar Libri, che cura le pubblicazioni
della Fiera internazionale del libro di Torino.
Avvolti dal tepore di un'estate non particolarmente afosa, abbiamo passato
una piacevole serata nel giardino della Collezione Guggenheim in compagnia del
trio Madeira Brasil, fattosi conoscere grazie al film "Brasileirinho"
di Mikka Kaurismaki. I tre chitarristi, tra i quali il sorprendente virtuoso di
bandolim, il mandolino brasiliano, Ronaldo do Bandolim, hanno dato vita ad
un programma che ha spaziato dagli chorinhos, a pezzi di compositori classici, come
la "Danza de la vida breve" di Manuel de Falla (1876-1946), "Trenzinho
do Caipirà" di Heitor Villa-Lobos (1887-1959), ad altri di cantautori brasiliani
contemporanei come Chico Buarque, Tom Jobim ed Egberto Gismonti, senza dimenticare
un sentito omaggio ad Astor Piazzolla con "Fuga y misterio". I molti amici
dei musicisti accorsi hanno reso ancor più calda e intima l'atmosfera. I tre hanno
dimostrato una precisione tecnica di tutto rispetto, una verve improvvisativa ed
un amore per il rischio in "Cucixa" di Pixinguinha (1897-1973), un brano
mai arrangiato in precedenza e improvvisato al momento. Particolarmente apprezzata
e assaporata "Loro" di Egberto Gismonti e conclusione affidata a "Trenzinho
do Caipirà". Ma gli amici presenti pretendono di più. Ed ecco i tre eseguire
una versione ritmata, con l'aiuto del pubblico, di "Vatapà" di Dorival Caymmi,
venerato compositore baiano scomparso da non molto, e, su richiesta di un amico
chitarrista veneziano, "Um a zero" di Pixinguinha.
Quello di Paolo Conte è l'ultimo concerto di richiamo ed ha luogo
in Piazza San Marco, spazio turistico per eccellenza della città lagunare. Otto
canzoni nella prima parte, assente l'Orchestra, quattordici nella seconda, per un
totale di 113 minuti, Gli appassionati fedeli del cantautore astigiano sono rimasti
soddisfatti dell'esibizione veneziana, rapiti, forse, anche dalla bellezza storica
del luogo scelto per il concerto. Conte attacca con un brano poco conosciuto "Il
quadrato ed il cerchio", tratto dall'ultimo disco "Psiche" e poi propone
un filotto di pezzi conosciutissimi da "Sotto le stelle del jazz" a "Diavolo
Rosso" con cui conclude un buon primo tempo. Il secondo si apre con "Psiche",
brano strumentale che si conclude con un recitativo di 7 parole (Psiche sa leggere,
scrivere, pallida lampada araba). E' entrata la grande orchestra sinfonica,
che di certo non snellisce le composizioni, anzi a volte le appesantisce. Bruno
Fontaine dirige con energia, ma il protagonista è sempre lui, il diabolico Paolo.
Bravo ed affiatato l'ottetto, nel quale brillano i fiati ed un instancabile De
Gregorio che corre di qua e di là tra il drum set, la marimba e persino,
con buona tecnica, il pianoforte. Il pubblico vorrebbe molti bis. Conte che
è sì in forma, ma ha compiuto 72 anni e deve perciò limitare eventuali danni alla
salute, concede assieme all'orchestra una versione scandita dal clapping del pubblico
di "Via con me".
Conclusione festosa e bucolica nel giardino della Fondazione Querini Stampalia,
sede altresì di un'importante biblioteca. Una degustazione di vini biologici, senza
solfiti, è stata abbinata al concerto di due possibili promesse del jazz italiano,
il chitarrista Federico Lorenzon ed il trombettista Fulvio Sigurtà.
Partendo dal jazz, i due si sono spinti verso atmosfere etnico-minimaliste, denotando
una predisposizione all'improvvisazione senza confini.
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
30/01/2011 | Una gallery di oltre 60 scatti al New York Winter Jazz Fest 2011: Chico Hamilton, Don Byron, Geri Allen, JD Allen, Butch Morris, Steve Coleman Vernon Reid, Anat Cohen, Aaron Goldberg, Nasheet Waits, Abraham Burton, Eric McPherson...(Petra Cvelbar)
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15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
14/11/2009 | Intervista a Richard Galliano : "...utilizzare vari linguaggi è stata una necessità più che una scelta. Un fisarmonicista non può tagliare le sue radici. La fisarmonica non è mai servita a tracciare nuove strade musicali. Noi siamo necessariamente immersi nel nostro passato. E il nostro passato è quello di tantissimi musicisti di strada, gente che suonava ai balli popolari e nelle ricorrenze di paese. La fisarmonica, un organo portatile, non può prescindere da questa sua storia umile." (Marco Buttafuoco) |
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
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Data pubblicazione: 28/11/2009
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