Gianmaria Testa e Paolo Fresu duo
Torino Folk Club 8 febbraio 2007
di Alessandro Armando
Foto di Leonardo
Schiavone
La condizione di immobilità obbligata, data dall'esaurimento dello spazio
fisico dello storico parallelepipedo interrato di Via Perrone a Torino, indirizzava
l'attenzione del pubblico verso impercettibili movimenti: braccia, spalle, mani,
nasi che si sfiorano e verso fiati, profumi, sguardi che si mescolano, come verso
mutamenti enormi in grado di variare equilibri perfetti. Situazioni di contatto
e di incrocio inevitabili sarebbero risultate insostenibili se non motivate dal
desiderio di un'attenzione e concentrazione verso un qualcosa di bello, inteso come
desiderato, ricercato, atteso, incompreso e forse in rima con il jazz. Le facce
del pubblico del Folk Club raccontavano la voglia di ascoltare un incontro che per
Torino è diventato un appuntamento annuale, un ritorno verso una sconosciuta origine
musicale che ha portato all'incontro tra la tromba di
Paolo
Fresu e la delicatezza poetica della voce e della chitarra di Gianmaria
Testa. Raccontano i due musicisti:
Gianmaria Testa: "L'abbiamo messo in piedi perché
così ci vediamo, è un duo che nasce da un' amicizia, più che da una ricerca musicale.
Per me suonare con
Paolo
è un gran piacere,
Fresu
è uno che sa cosa è la melodia di una canzone, che ha un profondo rispetto per la
forma canzone per le parole e poi ha un suono a cui sono legato. Con
Paolo
questo duo ci permette di vederci molto di più, le nostre prove si riducono al breve
soud check che abbiamo appena terminato nulla di più, poi saliamo sul palco con
la nostra musica e la nostra amicizia."
Paolo Fresu: "Non
ricordo quando è iniziato, Gianmaria aveva suonato al Festival di Berchidda che
io dirigo, ma io non ero sul palco con lui, non saprei dare un inizio a questo duo,
sicuramente molto lo dobbiamo ad altri progetti che facciamo insieme e in particolare
al lavoro con Roberto Cipelli
Omaggio a Leo Ferrè con cui suoniamo spesso e di cui uscirà un disco
nei prossimi mesi".
Sono parole che precedono il concerto e la dedita invasione del pubblico
torinese.
Testa, raggiunge il palco, provocando l'aumento sia dei micro-movimenti
sia dell'attenzione, prende posto nell'unico spazio rimasto e legge versi di
Erri De Luca: parole per migranti e sui migranti che sintetizzano la narrazione
del suo ultimo disco Da questa parte del mare (Produzioni Fuorivia-Radio
Fandango 2006) interamente dedicato a questo
tema. Parole lette con voce calda, pensata e convinta, ma anche profondamente intima
che scaturisce dalla naturalezza con la quale Testa vive il suo essere a Folk Club:
"Folk Cub mi ha accolto subito, prima dei francesi, per questo torno qui ogni
anno con Paolo.
La
storia della Francia è strana è andata così, tutti ci danno una grande importanza
ma io in realtà penso che sia casuale; non è che io mi sono adeguato alla Francia:
scrivevo e suonavo le mie canzoni e loro le hanno apprezzate permettendomi di suonare
e di registrare". E Folk Club dovrebbe avere Gianmaria Testa "una
settimana intera" come sottolinea Franco Lucà (anima del club) per poter
permettere a tutti di ascoltarlo.
Il suono del flicorno precede il musicista di Berchidda e gli apre la
strada grazie alla quale raggiungerà Gianmaria Testa e soprattutto le sue
parole, la sua melodia.
Fresu
raccoglie il cantare dell'artista piemontese e lo segue, in una improvvisazione
costante, sia con la tromba sia con effetti elettronici, dialoga con lui con la
conseguenzialità di chi è sempre e comunque in ascolto.
Paolo Fresu:
"..ma io ascolto, quando suono in duo con Gianmaria, la musica delle sue parole,
magari lui mi dice qualcosa sul testo, ma principalmente cerco di seguire la melodia,
l'emozione che è raccontata dalle sue parole. Sul palco cerco di creare un percorso
emotivo, dove ogni parola di Gianmaria acquista un suono che io racconto con la
mia musica".
Canzoni come Seminatori di grano o
Forse qualcuno domani nell'essenzialità della
forma duo acquistano una cadenza assolutamente jazzistica andando oltre, se possibile,
alla profondità intima delle esecuzioni del disco che vedevano tra gli altri
Bill Frisell,
Mirabassi,
Pietropaoli
e lo stesso
Fresu incarnare musicalmente la venatura jazz di Testa.
Gianmaria Testa: " Io non sono stato un accanito
ascoltatore di jazz; suonare con questi musicisti è incredibile, con
Paolo
ma anche con
Enrico Rava, con
Rita Marcotulli
con Bollani,
Pietropaoli,
con Piero Ponzo che è presente in tutti i miei dischi, io canto ma lascio
libertà al loro suono. Considero il jazz una delle grandi rivoluzioni del secolo
scorso ora vissuta ai massimi livelli proprio dai musicisti italiani conosciuti
in tutto il mondo e ritrovarmi a poter cantare con loro le parole che scrivo è per
me un onore."
Folk
Club, immobile, è attraversato dalla finezza dei testi di Gianmaria Testa
capaci di lasciare l'attenzione verso i particolari di fatica, di sapore di terra
lontana, di sofferenza vissuta nel quotidiano (che è poi anche il nostro quotidiano
visto "da questa parte del mare") di donne e uomini che spostano la loro
vita verso uno sconosciuto che dovrebbe avere il gusto di essere migliore
e che tracciano rotte interamente percorse con dignità e speranza.
Paolo Fresu
e Gianmaria Testa viaggiano, non migrano con la loro musica e come sottolineano
le parole del musicista sardo sanno essere, con la loro arte, un pezzo della
loro terra:
Paolo Fresu:
"In realtà non faccio molti sforzi per portare la mia terra, la Sardegna, nella
mia musica. Penso sia più importante essere che raccontare: io sono un musicista
e sono sardo, non è necessario esplicitare oltre questo fatto. Il discorso è diverso
quando vado in giro a suonare i progetti che dirigo e che sono dedicati alla tradizione,
alla storia alla musica della mia terra come Ethnografie; in questi casi attingo
a piene mani dalla tradizione sarda…se poi a fine concerto qualcuno si avvicina
e mi dice: " mi è piaciuto molto, si è sentito un pezzo di Sardegna" io tra me e
me penso "Sarà….", ma in fondo mi fa piacere quindi evidentemente vuol dire che
è uscito fuori un pezzo di Sardegna perché io lo sono."
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 19/03/2007
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