Non ci aspettavamo di dover principiare la nostra recensione del concerto del
Rita Marcotulli Ensemble, inserito nel debordante cartellone del
51° Festival Internazionale di Ravello con un "nonostante".
Il
progetto Truffaut della pianista romana è opera complessa, che sposa la battaglia di sapore adorniano, dell'ingresso della "musica nuova" accanto alle immagini, su di una strada non facile che diventa integrazione dialettica fra ritmi visivi e ritmi musicali, fra sequenze filmiche e frasi melodiche, fra immagini e suoni, capace di conferire all'una e all'altra arte una nuova dimensione espressiva, assumendo quasi funzione di contrappunto musicale alle immagini visive.
I musicisti, che si sono esibiti alle ore 22, hanno dovuto sorbirsi sotto il sole africano un sound-check di oltre due ore, senza mai riuscire a raggiungere, purtroppo, la balance ideale, a causa di un service di mediocre livello, senza essere accolti in una località assolutamente "nuova", per alcuni di loro, e piena di "trappole" per turisti (parcheggi, caffè, ristoranti….), come è capitato al saxofonista argentino
Javier Girotto, recuperato fortunosamente per strada da amici e condotto in piazza, per non tacere del dopo-spettacolo in uno dei più rinomati ristoranti della Divina, con cucine chiuse già a mezzanotte, bibite calde e, in compenso, una buona dose di "ineducazione", al cospetto di artisti, o meglio, di persone, di tal valore.
Non vogliamo infierire su di un festival che ha inteso optare per il grosso salto di qualità, con appuntamenti validissimi tutti i giorni dal 29 giugno sino ad ottobre, ma che manca del necessario spiegamento di forze per dominare quei quattro, anche cinque eventi quotidiani a cui, se intende continuare su questa impervia strada, deve assolutamente provvedere.
Nonostante tutto, Rita Marcotulli al pianoforte,
Javier Girotto al sax soprano, flauto andino e siringa,
Michele Rabbia alla batteria e percussioni, Aurora Barbatelli all'arpa celtica,
Clara Graziano e Gianni Iacobacci agli organetti diatonici, Pietro Ciancaglini al contrabbasso, sono riusciti a prodursi in una performance di grande intensità emozionale, impiegando il loro sentire musicale, gli accordi, le dissonanze, le sincopi o le iterazioni per rafforzare la dinamicità delle inquadrature, degli spezzoni di film, di Truffaut, montati dalla regista
Maria Teresa De Vito, in una sorta di raddoppiamento dell'effetto drammaturgico, in cui dramma sta per "azione", da
drao, agire, e spettacolare, sia che sottolinei la tensione interna, magari attraverso un contrasto semantico fra immagini e suoni, sia che dia al singolo personaggio o alla situazione, una propria figurazione musicale e ritmica, in sintonia e in sincronia con i caratteri visivi, in un intento di empatia dialettica fra i due diversi materiali artistici.
Rita Marcotulli ha composto la sua musica, su di uno spartito visivo, con tanto di tempi, movimenti, ritmi, pause, consonanze, a partire da