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Giordano Gasparini
Reggio Emilia Jazz 1925-1991. dalla
provincia al mondo
Compagnia Editoriale Aliberti, 2017
Pagine 378, € 18.00
Ormai ogni ennesima nuova storia complessiva delle arti (o di
una singola arte) non accresce più di tanto la conoscenza (essendosi questa storia
ripetuta mille volte, anche se mutata un po' nei giudizi, o considerata da angolazioni
diverse, o rivisitata in base a supposte nuove teorie). E' per questo che gli studiosi
e i ricercatori si dedicano sempre più ai singoli periodi, o movimenti, o artisti,
addirittura singole opere: insomma, si prende la lente di ingrandimento e ci si
dedica allo studio parcellizzato di storie nella storia. Questo andamento, pure
per la storiografia, la critica e la musicologia jazzistiche, è in atto da tempo
negli Stati Uniti, ma in Italia ha tardato a prendere il via. Testimonianza e al
tempo stesso contributo notevole a questa tendenza metodologica applicata agli studi
sul jazz italiano è il libro di Giordano Gasparini "Reggio Emilia Jazz - 1925-1991.
Dalla provincia al mondo" (Compagnia Editoriale Aliberti), con la prefazione
di Enrico Rava
e l'introduzione di Filippo Bianchi, impreziosito da esclusive fotografie d'archivio,
dove l'autore ha ristretto il campo di ricerca, appunto, su una sola città, Reggio
Emilia e la sua provincia, disegnando una mappa dettagliatissima dei luoghi e una
cronaca fitta di personaggi e di avvenimenti con ricchezza di aneddoti e curiosità,
passando al setaccio con dovizia certosina tutto quello che era stato possibile
setacciare (musicisti, concerti, dischi, dibattiti, polemiche, mantenuti sempre
in parallelo con gli avvenimenti jazzistici negli Stati Uniti e in Italia, come
in controluce).
I primi documenti ritrovati riguardano concerti del 1925 presso
la Sala Verdi, l'Arena Cairoli, lo Chalet Bottazzi, l'Hotel Posta, tenuti dai jazzisti
reggiani Claudio Gambarelli e Nando Stecconi, entrambi batteristi - che allora venivano
chiamati jazz bandisti, perché per jazz band si intendeva la batteria -, Mario Croci
e Igino Masetti, violinisti; poi la narrazione prosegue fluida in ordine cronologico
lungo tutto il fascismo e l'immediato dopoguerra, con l'esplosione dello swing e
la nascita di numerosi hot club; gli anni Cinquanta e Sessanta con l'arrivo dei
musicisti americani, sia nel leggendario Cancello di Scandiano, jazz club fondato
e diretto da Rino Rontani (Earl Hines addirittura vi incise un disco pubblicato
dalla Joker), sia al teatro Valli (Modern Jazz Quartet, Chet Baker,
Ornette
Coleman, Dexter Gordon, Oscar Peterson,
Sonny Rollins),
sia al Palazzetto dello Sport (Ella Fitzgerald e le orchestre di Dizzy Gillespie
e Sun Ra); il 1979, con la nascita di "Reggio Emilia Jazz", festival durato 25 anni
diventando uno dei più importanti d'Europa; infine gli anni Ottanta e i primi Novanta
con altre diffuse iniziative.
Gasparini non dimentica niente e nessuno (oltre alla capillare consultazione di
quotidiani e riviste, ha trovato una fonte inesauribile di dati nell'opera mastodontica
di Adriano
Mazzoletti "Il jazz in Italia" divisa nei due volumi "Dalle origini
alle grandi orchestre" e "Dallo swing agli anni Sessanta", editi dalla EDT): dalla
miriade di musicisti del territorio trattati, spiccano i sassofonisti e clarinettisti
Henghel Gualdi
(per la copertina del libro si è scelta una fotografia dov'è in compagnia di
Louis Armstrong,
la moglie di Armstrong Lucille Wilson e Lara Saint Paul in occasione del festival
di San Remo del 1968) e Iller Pattacini, che pur raggiungendo fama internazionale,
non hanno spinto mai l'acceleratore nel versante jazz, entrambi dedicandosi prevalentemente
al liscio e alla musica leggera (Pattacini divenne pure direttore della Ricordi).
Del resto suonare anche il jazz, oltre che il liscio, è stata consuetudine di tutti
i musicisti emiliani per oltre trent'anni dopo la fine della guerra, come ben ricorda
il trombettista
Enrico Rava nella prefazione: "Tutti sanno che l'Emila è sempre stata
terra di grandi musicisti. Quando ero ragazzino ci intrufolavamo nelle sale da ballo
dove suonavano i grandi come
Henghel Gualdi
e Piergiorgio Farina, sapendo che a fine serata, a sala semivuota, ci avrebbero
regalato qualche brano del nostro amatissimo jazz, che allora era roba da carbonari."
Particolare attenzione e cura è stata data alla narrazione del
periodo in cui si è svolto il festival jazz, che ha avuto come direttore artistico
Filippo Bianchi, anche perché Gasparini ha avuto un punto di vista privilegiato,
collaborando direttamente con la direzione artistica come Assessore allo Sport e
agli Spettacoli nella Amministrazione cittadina. Si era arrivati al punto in cui
sembrava che il jazz avesse trovato casa a Reggio, come narra lo stesso Bianchi
nell'introduzione: "Nella primavera del 1990, affacciandovi
all'ora di pranzo nella sala del ristorante Scudo d'Italia (all'epoca probabilmente
il migliore in città), poteva capitarvi di vedere a un tavolo Carolyn Carlson intrattenersi
amabilmente con la sua ex allieva Francesca Bertolli, a un altro John McLaughlin
che ritrovava il vecchio sodale John Surman, a un altro ancora
Ornette
Coleman chiacchierare col suo prossimo partner Joachim Kühn. Di certo vi
sarebbe sembrato di essere a Parigi, poniamo al caffè di fianco al Théâtre du Châtelet,
durante un festival. Invece eravate a Reggio Emilia, in un giorno qualsiasi."
Aldo Gianolio per Jazzitalia
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
15/06/2006 | 16 giugno 2005: un anno fa la scomparsa di
Henghel Gualdi lasciava un grande vuoto oggi ancora più forte. Jazzitalia
lo ricorda attraverso le testimonianze di: Nando Giardina della Doctor Dixie Jazz Band,
Renzo Arbore, Pupi Avati, Lele Barbieri, Luigi Barion,
Gianni Basso, Franco Cerri, Teo Ciavarella, Felice Del Gaudio,
Gianni Giudici, Annibale Modoni, Marcello Rosa, Jimmy Villotti... |
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Data pubblicazione: 01/11/2017
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