Talos Festival 2017 Ruvo di Puglia, 3 - 10 settembre 2017
di Vincenzo Fugaldi
click sulle foto per ingrandire
È tornato, dopo una forzata pausa di un anno, il festival della
cittadina in provincia di Bari, per la direzione artistica di
Pino Minafra.
Diviso in due sezioni, un'anteprima dedicata alla promozione della peculiare tradizione
bandistica pugliese e il festival internazionale, il Talos si contraddistingue per
ricchezza di idee, varietà di proposte, superamento di steccati fra i generi musicali
e fra le arti.
Il coinvolgimento del coreografo Giulio De Leo
ha innovato sostanzialmente le proposte pomeridiane sin dal pomeriggio iniziale
della sezione internazionale del festival. Dopo un breve concerto in solo in cui
ha improvvisato in modo magistrale su tre strumenti (flauto basso, flauto traverso
e sax soprano) tra suggestive composizioni istantanee e utilizzi non ortodossi dello
strumento, Eugenio Colombo ha interagito con un ensemble di danzatori composto
da persone della terza età, impegnate nell'esecuzione di coreografie complesse con
la guida di due danzatrici, con risultati sorprendenti, spiazzanti e poetici in
piena sintonia con le parole che fanno da cornice al Talos, melodia, ricerca, follia.
Il pomeriggio seguente, Dario Cecchini, leader e creatore dei Funk Off, dopo
l'esecuzione di alcuni brani jazzistici e pop al sax baritono, e un blues in cui
è stato raggiunto dai baritoni di Nicola Pisani e Francesco Caligiuri,
ha unito i suoi suoni alle coreografie itineranti dei bambini di Ruvo tra le vie
della cittadina. Molto differente il solo di Evan Parker, che ha utilizzato
il suo sax soprano come consueto in un lungo brano eseguito con la tecnica della
respirazione circolare, per poi passare a suggestioni monkiane, sempre all'insegna
di un radicalismo puro e integrale. Roberto Ottaviano ha sposato la sua performance
dedicata ai migranti all'improvvisazione dei danzatori della Compagnia Menhir,
che hanno interagito con il suono assertivo e pulitissimo del sax soprano che si
articolava in brani brevi ed efficacemente comunicativi, con immancabili richiami
lacyani, fino al brano finale in cui il coreografo De Leo ha coinvolto il
pubblico presente in una danza liberatoria. A conclusione del pomeriggio, il concerto
degli allievi della masterclass di Eugenio Colombo e Nicola Pisani
(che avevano partecipato il giorno precedente alla coinvolgente performance di danza
e musica Arcipelago affidata a giovani fra i 16 e i 26 anni), e il concerto
della Big Band del Conservatorio di Bari in un repertorio di standard di Basie,
Quincy Jones, Schifrin, con ospite Cecchini.
La prima serata in Piazzetta Le Monache era affidata all'Orchestra Sinfonica Città
Metropolitana di Bari diretta da Giovanni Rinaldi, che ha eseguito due brani.
Il primo, composto dal percussionista Luigi Morleo, sul palco insieme all'altro
percussionista Maurizio Lampugnani e alle percussioni africane dei SudJembé,
con ospite Ernst Reijseger, con toni da orchestra hollywoodiana, empatico
e coinvolgente grazie ai colori delle percussioni e all'esuberante creatività del
violoncello dell'ospite olandese. Il secondo vedeva la rielaborazione di brani delle
Faraualla effettuata da Gabriella Schiavone e dallo stesso Morleo.
Dell'atteso duo Michel Portal-Vincent Peirani non si potrebbe dire
meglio: non nuovo a duetti di grande successo – si pensi a quello con Bojan Z ma
soprattutto, per affinità di strumenti, a quello con
Richard Galliano
– con Peirani, Portal sembra aver trovato la perfezione, il felice approdo di una
ricerca musicale che dura da lunghissimo tempo, spaziando dalla canzone, alla musica
classica e contemporanea, al jazz nelle sue più varie coniugazioni. Una marcata
differenza generazionale totalmente annullata dalla forza della musica, dall'apertura
di entrambi al dialogo e all'interazione, con esiti di affascinante pienezza melodica,
che si declinavano in splendide composizioni di entrambi, da Blow Up del
clarinettista a Choral e B et H del fisarmonicista.
Un concerto in solo di Ernst Reijseger è sempre un evento, e anche il concerto
di Ruvo lo è stato, nonostante la scelta – dovuta alle condizioni atmosferiche –
di effettuarlo all'interno del Palazzetto dello sport, luogo piuttosto inadatto.
Il violoncellista, uno dei maestri assoluti della musica improvvisata europea, ha
suonato da par suo, eseguendo anche la nota Raykwela nella quale imbraccia
il violoncello come una chitarra, preparando lo strumento con delle mollette che
ne trasformavano il suono, percuotendolo e utilizzandolo in modi non ortodossi sempre
nuovi e creativi, con un gradevolissimo senso umoristico che lo ha portato anche
a girare tra il pubblico con lo strumento, mantenendo costantemente la capacità
di comunicare e catturare l'attenzione, anche mediante l'utilizzo del canto e del
fischio, ma anche con brani colmi di bachiana classicità.
Accompagnato dal suo quintetto, Peppe Barra ha spaziato con il suo inconfondibile
senso dello spettacolo fra brani tradizionali della sua Napoli e altri recenti,
con omaggi a Bob Marley, Gaber e altri, recitando con grande arte Giambattista Basile,
raccontandosi, mostrando una comicità travolgente, dialogando con un pubblico coinvolto
e plaudente.
John Surman è sin dai primi anni della sua notorietà uno specialista della
esibizione in solo, che ha portato a rari livelli di perfezione in una lunga serie
di dischi registrati per l'etichetta Ecm. Alternandosi fra soprano, clarinetto basso
e flauto dolce, con il supporto delle abituali fascinose basi elettroniche, l'artista
inglese ha espresso la sua peculiare cifra improvvisativa delicata e coinvolgente,
pregna di innumerevoli suggestioni provenienti da varie epoche.
La Notte della Banda, in una Piazzetta Le Monache colma all'inverosimile, ha affiancato
l'organico di 43 elementi della Banda di Ruvo, protagonista di importanti attività
discografiche e concertistiche, a vari ospiti. Dopo l'inizio affidato alla direzione
di Michele Di Puppo e al consueto sorprendente repertorio operistico, La
Banda ha mostrato la propria versatilità affidandosi alla direzione di Eugenio
Colombo con ospite il sax di Dario Cecchini, che a sua volta l'ha diretta
in una sua composizione in stile funky, poi a
Livio Minafra con le Faraualla in Dio pazzo, Dio pane,
a Ihab Radwan nella suggestiva composizione di Michel Godard Su l'onda
d'amore, a Peppe Barra in una coinvolgente ed esilarante versione in musica
composta da
Livio Minafra della fiaba La vecchia scorticata di Giambattista
Basile, e a un plateale scatenatissimo finale con
Pino Minafra
nella sua Fantozzi.
La serata finale ha dapprima visto l'esibizione del duo fra Michel Godard
(basso el., tuba, serpentone) e Ihab Radwan (oud). I due hanno recentemente
pubblicato il loro «Doux désirs» per l'etichetta salentina Dodicilune, e
in concerto hanno confermato l'ottima impressione data dall'ascolto del cd, eseguendo
composizioni di struggente melodicità, intrise di delicata nostalgia. Mentre Godard
è nome ben noto in Italia, non altrettanto si può dire per l'egiziano Radwan, che
ha suonato il suo strumento con perizia e intensità, sposando mirabilmente la poetica
del francese.
La chiusura del Talos era affidata al Canzoniere Grecanico Salentino, che
grazie all'intuito del direttore artistico veniva affiancato, dopo alcuni brani
del suo repertorio eseguiti con la formazione usuale, dagli ottoni del Talos
Bass Brass Ensemble (due flicorni tenore, due flicorni baritono, due tromboni
e due tube) e ospitava gli interventi solistici di Godard, Pisani e Ottaviano. La
sezione bassa della banda incontrava così le frequenze alte del Canzoniere e la
direzione di Pisani, Ottaviano e
Livio Minafra, aggiungendo un colore inedito ai ritmi del gruppo.
Più che mai si percepisce che questo festival è espressione di un'intera cittadina
che vi partecipa con l'entusiasmo e il calore di un nutrito gruppo di giovani volontari,
con una foltissima partecipazione ai concerti, con l'intervento degli enti pubblici
(Comune e Regione), il partenariato di varie associazioni, la collaborazione delle
principali realtà socio-culturali locali e il sostegno di alcune imprese. Un esempio
virtuoso di politica culturale – e di politica tout court - che andrebbe preso a
modello, senza dimenticare che esso trae la propria forza dalla competenza, dalla
volontà e dalla passione del direttore artistico e dei suoi familiari che lo sostengono
nella sua capacità di sognare e realizzare i propri sogni per migliorare la propria
comunità.