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Ernst Reijeseger
Count Till Zen
Winter& Winter (2015)
1. Perhaps
2. Bakou
3. Badola
4. Count Till Zen
5. Headstream
6. Debenti
7. Out Of The Wilderness
8. Falémé
9. e konkon
10. Friuli
Ernst Reijseger - violoncello, voce Harmen Fraanje - pianoforte, voce Mola Sylla - voce, kongoma, xalam, percussioni
Questo è il disco della resistenza. Un disco che incita alla
resistenza degli attacchi dei flaneur parrucconi, che passeggiano benedicenti
in lungo e in largo lo Stivale per stabilire data, ora e luogo di nascita del jazz
e, ancor più, per stabilire inesorabilmente cosa sia jazz e cosa non lo sia.
Ernst Reijseger non è musicista della prim'ora, perché ha un passato solido
e policromo, così anche Harmen Fraanje: tutta gente che di jazz ne sa parecchio.
Mola Sylla è un cantore delle melodie che hanno fatto – e fanno – grande
l'Africa.
Ora, che il jazz passi per nascita solo da New Orleans è un credo che la storia
ha smentito: la cultura africana, quella mediterranea avevano in grembo il jazz
già da tempo. Le etichette si sprecano – e si sprecheranno – per catalogare questo
lavoro nell'ambito dell'ethno-jazz (contraddizione in termini, tra l'altro) e apparentarlo
con altre musiche: quelle più a buon mercato.
Reijseger e sodali non si preoccupano affatto di tutto ciò, e ordiscono un lavoro
di rara bellezza, fatto di sfumature e idiomi che mettono pace tra Europa, Africa
e il continente americano. Distribuiscono suoni ancestrali immersi nel tocco europeo
di Fraanje, sospeso e preciso. Rievocano il lirismo più alto ammantandolo di regole
euro-colte ("Badola"), con il zigzagante fraseggio del violoncellista olandese
che sospinge le ruggenti corde vocali di Sylla; compito assegnato al pianoforte
di Fraanje in "Count Till Zen", con il legnoso violoncello a far da sostrato
ritmico. Le corde pastose di Reijseger si ritagliano uno spazio per l'improvvisazione
in "Headstream", contrappuntate dalle spezzature ritmico-armoniche di Fraanje.
La costruzione circolare e ariosa dei brani trova il suo massimo crescendo in "Debenti"
con gli strumenti africani di Sylla e le ficcanti corde del violoncello che ruotano
intorno al pedale ossessivo di Fraanje, per essere tagliate a fette dalle acute
e graffiate parole del musicista di Dakar.
Una musica che avvolge, che crea empatia, che volge lo sguardo verso il futuro che,
a ben vedere, è anche il passato. Poi, la si chiami come si vuole: star lì a pensarci
è solo una perdita di tempo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 11/09/2016
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