Fano Jazz By The Sea
XXVI Edizione 27 luglio 2018 Francesco Bearzatti– Bill Frisell – Drive! di Aldo Gianolio
click sulle foto per ingrandire
Il Fano Jazz Festival si è articolato in nove intense giornate.
Qui diamo il resoconto della settima, quella del 27 luglio: tre concerti, uno in
ognuna delle tre sezioni in cui è divisa la rassegna; all'Exodus Stage della Pinacoteca
San Domenico, Francesco
Bearzatti in solitaria; al Main Stage della Rocca Maletestiana,
Bill Frisell
con "When You Wish Upon A Star"; al Young Stage, sempre della Rocca Malatestiana,
ma nello spazio che il direttore artistico Adriano Pedini definisce "la Rocchetta",
il trio "Drive!" guidato da Giovanni Guidi.
Per l'Exodus Stage, in programma nel tardo pomeriggio,
i musicisti dovevano attenersi al tema "gli echi della migrazione" e Francesco Bearzatti,
sia col sax tenore che con il clarinetto, ha creato immagini musicali che hanno
saputo raccontare il dramma dell'esodo, lo spaesamento e la frustrazione (ma piacendogli
immaginare anche "lieti fini") dell'immigrato in un paese straniero attraverso una
riuscita necessaria forzatura semantica del linguaggio musicale (anche grazie all'aiuto
di seppur succinte spiegazioni letterarie dei vari passaggi musicali). Fatto sta
che tutta la prorompente forza espressiva di Bearzatti e la sua capacità di esprimere
diversi sentimenti dell'anima si sono tradotte in un profluvio di note che hanno
magnificamente dialogato con sé stesse, cambiando di umore, di mood, di colore,
di portamento e di ascendenze stilistiche.
La sera, a salire sul Main Stage è stato il chitarrista
Bill Frisell
con uno dei suoi gruppi, il quartetto formato dalla cantante Petra Haden (figlia
di Charlie), dal contrabbassista Thomas Morgan e dal batterista Rudy Royston: è
il gruppo del disco del 2016 "When You Wish Upon A Star" dedicato alle colonne sonore
del cinema. Forse per colpa di alcune colonne sonore, che potremmo definire sempliciotte
(non facciamo i nomi), un po' per colpa della Haden, che canta con poco swing, sulla
falsariga delle cantanti folk, pur se con voce intonata e rilucente, un po' anche
per l'eccessivo sentimentalismo profuso (era la notte dell'eclissi di luna, che
ha ammantato di arcadica atmosfera palco e platea), l'esibizione, rispetto alle
alte aspettative, ha un po' deluso, anche se ci sono stati momenti di raffinata
maestria (soprattutto quando i tre strumentisti hanno sciolto la briglia per conto
loro).
Il programma è proseguito subito dopo Al Young Stage con il trio "Drive!" del pianista
(qui al Fender Rhodes) Giovanni Guidi, accompagnato dal basso elettrico di Joe Rehmer
e dalla batteria di Federico Scettri (l'omonimo disco è uscito per la Auand). Rispetto
al cd, composto da brani relativamente brevi, il concerto ha presentato, al contrario,
una sola lunghissima improvvisazione, quasi completamente libera, se non per fugaci
passaggi (citazioni di qualche canzone di protesta) usati principalmente per ritrovarsi
e raccogliere le idee. Tutto è ruotato attorno al solismo di Guidi, ben servito
dai compagni in una piena e spontanea creazione collettiva e costruito con grana
ruvida e riverberata, riff ostinati e lunghe aperture melodiche, armonizzazioni
raffinate e giochi esplosivi di cluster che hanno portato la musica in direzioni
impreviste e illuminanti.