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McCoy Tyner Quartet
Blue Note, Milano - 13 marzo 2009
di Rossella Del Grande
foto di Dario Villa

Stasera ci troviamo dinanzi al quartetto di uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, McCoy Tyner, classe 1938. Tyner fu il pianista del celeberrimo quartetto di John Coltrane. Insieme crearono un sound inconfondibile, in quel magico 1960. Dopo il loro sodalizio quinquennale, McCoy Tyner collaborò con molti altri grandi jazzisti fra i quali Joe Henderson ed Elvin Jones.
Giungiamo agli anni '70 quando la critica lo consacra finalmente come uno dei massimi pianisti jazz. Alla fine degli anni '70 Tyner entra a far parte del gruppo di Sonny Rollins.



O
ggi, ultrasettantenne, oltre che rappresentare una pagina vivente della storia del jazz, McCoy Tyner è anche uno scopritore e …"riscopritore" di talenti, proprio come dimostra in questa fortunata tournée, dove suona affiancato dal giovane trombettista Christian Scott, nativo di New Orleans, diplomatosi presso il prestigioso Berklee College of Music nel 2004, un musicista che sicuramente ha attirato una parte del pubblico presente questa sera e dal batterista Eric Kamau Gravatt, un artista che negli anni '70 fece parte dell'ala più free del progressive. Gravatt suonò nelle prime formazioni dei Weather Report con cui incise vari album, fra cui il famoso Live in Japan del 1972. Dopo circa un ventennio di assenza dalle scene, anni in cui si dice che fece la guardia carceraria, ora è riapparso a fianco del grande McCoy Tyner. A completare la formazione, abbiamo il sensibile contrabbassista Gerald Canon.

Il primo set è equilibrato ed abbastanza lineare. Ritmo latineggiante. Tyner concede grande spazio al trombettista, che fin dalle prime note ci lascia capire quali siano le sue doti. Un timbro limpido, non fumoso, non "davisiano", a differenza dei trombettisti di questi anni che da Miles hanno assimilato praticamente tutto, postura compresa. Anche il modello di tromba che Scott suona ricorda quella che usò Dizzie Gillespie, con la campana puntata verso l'alto. Lo stile di Scott è caratterizzato da una grande abilità di giocare con le dinamiche, nonché da un fraseggio molto creativo, supportato da una dose di fiato davvero incredibile, che gli permette di eseguire frasi lunghissime, nelle quali ha un ottimo controllo anche del volume sonoro.

McCoy Tyner lo accompagna con la propria sonorità inconfondibile, mano sinistra dirompente, con accordi presi molto dall'alto e con grande potenza.

Il leader presenta la formazione, ed annuncia il secondo pezzo, Angelina. Qui McCoy ci offre tutte le sonorità che il pianoforte a coda gli permette di creare, dai passaggi veloci, leggeri e cristallini, a momenti di "fortissimo" amplificati ulteriormente dal pedale abbassato. Anche questo brano strizza l'occhio allo stile latineggiante. Molto bello l'assolo del contrabbasso, dapprima su sonorità gravi, quindi sulla parte più acuta dello strumento, con bel fraseggio. Assolo di McCoy molto veloce, quindi di nuovo la sua tipica mano sinistra pesante e mano destra che suona ad ottave.

Il terzo brano è un classico di Duke Ellington, In A Mellow Tone, con il quale il quartetto passa repentinamente ad uno stile abbastanza tradizionale. Di nuovo un bell'assolo per contrabbasso, con grande swing e fantasia nel fraseggio. Il solo di Tyner è in pieno stile swing, con solo qualche concessione al proprio stile personale specialmente durante l'accompagnamento del solista. Qui McCoy aggiunge qualche accordo con il suo linguaggio inconfondibile, ma senza eccedere e senza allontanarsi troppo dalla tradizione. Lungo assolo molto energico del batterista, che il pubblico gradisce. Ripresa del tema supportato da forti accordi di Tyner e finale da manuale.

Lasciamo da parte il periodo swing e ritroviamo le dinamiche latin dei brani iniziali, che sostanzialmente permeano tutto il concerto. Qui McCoy Tyner esegue passaggi molto veloci sulle note acute, mentre Scott espone il tema. Non mancano gli accordi molto marcati (questo è McCoy!) che si alternano a volate rapidissime sulle note acute del pianoforte.

Il quinto brano viene eseguito in trio, con un assolo molto melodico del contrabbasso.

L'ultimo brano in scaletta ha tanti sapori, un tocco di latin jazz, nel ritmo si avverte l'Africa, nell'armonia il periodo modale con Coltrane. L'assolo di Gravatt è molto deciso ed impattante. Il brano quindi rientra nello stile che caratterizza questo set, ma con un finale fortissimo, un glissato, ed un ultimo accordo di McCoy Tyner, nella parte più grave della tastiera, che suona come una possente cannonata.

Il gruppo viene applaudito con entusiasmo e concede un unico bis, un blues. Tanto semplice e tanto difficile. Su questa struttura così familiare, è davvero arduo partorire idee inedite ed accattivanti, ma Christian Scott ci riesce con grande abilità. Molto bello anche il dialogo che segue, fra il contrabbasso e la batteria, che conversano fra di loro, alternandosi con genialità.

Si conclude così il primo set, sostanzialmente uniforme come stile, eccezion fatta per i due brani swing.

Il concerto riprende. Il secondo set inizia con il medesimo brano che aveva aperto il primo set, ma si avverte maggiore energia e partecipazione da parte di tutto il quartetto. Il pubblico è più diradato ma decisamente più concentrato. Credo che i musicisti recepiscano il cambiamento e ripagano questa maggiore attenzione con grande calore e generosità. Le armonie Tyneriane trionfano, l'improvvisazione è fluida e molto coinvolgente. Al brano di apertura, segue una ballad per piano solo, dove McCoy Tyner fonde tradizione e modernità, piano stride ed armonie tonali, intercalate sapientemente con i propri accordi modali e percussivi, ma lasciando in prevalenza spazio al pianismo tradizionale, abbellito da arpeggi virtuosistici old fashioned, e concludendo il pezzo con estrema delicatezza.

E' la volta del celeberrimo brano di John Coltrane, Mr. P.C., un blues minore, eseguito ad alta velocità e con un grandissimo groove. Ascoltiamo le armonie quartali di McCoy a sostegno dell'assolo acrobatico di Christian Scott, che anche in questo brano dimostra grandissima abilità ed inventiva. Segue un assolo di contrabbasso velocissimo, quindi il pianoforte di Tyner ed un assolo altrettanto travolgente di Gravatt.

Ora segue un brano in trio, su ritmica latin, pianoforte molto percussivo, notevole assolo del contrabbassista. Ancora più strabiliante l'assolo del batterista, un assolo tematico. Questa grande mole sonora si assottiglia e rientra nella lampada magica come il celebre genio delle fiabe, regalandoci un finale lievissimo.

Di nuovo un blues, dove Scott, ancora più che nei brani precedenti, dimostra quanto sia abile a controllare il colore, l'intensità, il volume delle note che emette, alternando frasi lunghissime, declamate con la sua tromba a voce stentorea, ad altre sommesse e quasi sussurrate. McCoy riprende il tema armonizzandolo con la mano destra, sempre supportato da una sinistra potentissima e percussiva come non mai.

L'ultimo brano si apre con un ostinato del pianoforte, seguito dal tema armonizzato.

Il timbro di Christian Scott durante tutto il secondo set è più caldo rispetto alla prima parte della serata. L'intera band nel secondo set ha dato l'impressione di essersi riscaldata a dovere. Ci aspettiamo un bis che purtroppo invece non arriva, malgrado le acclamazioni del pubblico. Ma McCoy è stanco.

Ricompare dal backstage dopo pochi attimi. Sotto la luce intensa, appare molto magro, il suo viso è scavato, ha occhi dolci, ma appare molto affaticato. Firma pochi autografi, protetto dal servizio di sorveglianza, ma è gentile, gli rivolgo una brevissima domanda mentre scende le scale, mi ascolta, si volta verso di me per rispondere, ma viene quasi sospinto via. Non sembra più la stessa persona possente che siamo abituati a vedere nei filmati storici degli anni '60 con il quartetto di John Coltrane. Il tempo è inclemente. Modifica le fattezze degli uomini, senza pietà. Ma non ce la fa a togliere l'energia ed il calore dal loro cuore.

Grazie, Mr. Tyner.

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In occasione dello spettacolo del 12 marzo, McCoy Tyner ha ricevuto il Premio Blue Note 2009 (ph. Tam Tam Fotografie).








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Tuck & Patti al Blue Note: "...Grandissimi artisti, imperdibile serata. E, per chi è in grado di comprendere i testi, un balsamo per l'anima." (Eva Simontacchi)

20/12/2003

Rossana Casale al Blue Note: "...la trovo tanto piacevole quando canta il jazz. La sua voce è inconfondibile, trovo che non ci sia una voce nel panorama musicale italiano che le assomigli. E' veramente unica, come il sapore, il gusto che ci offre con la sua timbrica particolare.". (Eva Simontacchi)

29/11/2003

John Scofield Trio al Blue Note: "...trovo che Scofield sia un musicista in continua evoluzione, assorbe di continuo gli stimoli esterni e li mette in musica con intelligenza, si mette ancora in gioco, rischia." (Andrea Lombardini)

15/11/2003

Sarah Jane Morris al Blue Note: "...canta e "recita" sul palco, con quella sua voce duttile che passa dalla delusione alla rabbia, dall'ironia, alla dolcezza..." (Eva Simontacchi)

13/11/2003

Dianne Reeves: "Ha un approccio recitativo al canto, ed esprime con molto vigore ed energia i sentimenti e le sensazioni che i testi le suggeriscono. Osservandola cantare, ho pensato: Una vera Signora del Jazz". (Eva Simontacchi)

10/10/2003

Coltrane - Ballads (John Coltrane)

10/10/2003

Written in the stars (Bill Charlap)

23/08/2003

Kurt Elling al Blue Note: "...si resta affascinati dalla padronanza ritmica, melodica, dalla semplicità e facilità con le quali Kurt si esprime, facendo delle cose che per un comune mortale sono quasi impensabili..." (Eva Simontacchi)

11/08/2003

Anita O'Day e Karrin Allyson al Blue Note di New York: "Il 23 luglio 2003, a New York, sul palco del mitico Blue Note, si sono alternate una grande leggenda del passato ed una nuova stella del jazz americano..." (Laura Pigozzi)

23/07/2003

L'Orchestra Tascabile di Claudio Angeleri ospite Paola Milzani al Blue Note. (Fabio Vitto)

06/07/2003

Barbara Casini al Blue Note: " ...Nei brani più lenti abbiamo la possibilità di entrare maggiormente in intimità con la voce di Barbara, che è più scoperta, è lasciata più sola… possiamo apprezzarne il colore, le sfumature, la bellezza..." (Eva Simontacchi)

31/05/2003

Jimmy Smith & Mark Whitfield al Blue Note. "...Jimmy Smith è una parte della storia del jazz e Mark Whitfield ha mostrato grandi doti tecniche. Un concerto senza grossi picchi ma con un elevato impatto emotivo per chi ha amato ciò che questo grande organista ha fatto.." (Marco Losavio)

20/04/2003

McCoy Tyner al Blue Note. "...è sempre un'emozione ed una bella esperienza vedere simili musicisti a cui la storia del jazz non può non offrire adeguato spazio." (Marco Losavio)

06/04/2003

Apre il Blue Note di Milano e, in occasione del concerto del Branford Marsalis Quartet, siamo andati a "perlustrare" questo luogo per mostrarvelo e per fornire una nostra opinione. (Clara Salina)





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Data pubblicazione: 04/04/2009

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