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ParmaJazz Frontiere 2013 - IIa Parte
Rumori Sensibili
XVIII Edizione
30 ottobre – 8 dicembre
di Nina Molica Franco

Ia Parte >>

Michele Rabbia, Eivind Aarset "In 2"
Michele Rabbia/percussioni; Eivind Aarset/chitarra elettrica, elettronica
Parma, Casa della Musica - 1 dicembre 2013



Due musicisti di straordinaria bravura si incontrano in questo periodo di crisi, reduci entrambi da un' esperienza in solo, e si dirigono verso l'esito più naturale: il duo. Questa in breve la storia di In 2, il nuovo progetto che Michele Rabbia e Eivind Aarset presentano per la prima volta al ParmaJazz Frontiere Festival. Sul palco della Casa della Musica due artisti eclettici e poliedrici di straordinario talento, che uniscono le loro forze per dare vita ad un progetto che troppo semplicisticamente potrebbe essere etichettato come avanguardia; in realtà c'è molto di più. La parola chiave per entrambi i musicisti è ricerca, parola che viene declinata in maniera diversa a seconda del percorso musicale che decidono di volta in volta di sviluppare.
Eivind Aarset si allontana, per l'occasione, dai suoni duri che avevano contraddistinto le sue precedenti collaborazioni, prima fra tutte quella con Molvaer, per abbracciare una prospettiva sonora un pò più intimistica e suggestiva. E così, con un suono limpido ma corposo e con l'ampio utilizzo dell'elettronica, Aarset crea una trama sonora sulla quale si innestano le sperimentazioni di Rabbia. Le sonorità su cui punta il chitarrista sono dense di armonici, sfruttano ogni minima vibrazione che il pianissimo può offrire, dando spazio però anche a momenti in cui la chitarra inizia prepotentemente a farsi strada tra la ritmica, la stessa chitarra che tra le mani di Aarset diventa uno strumento dalle mille possibilità e dai mille volti. Con l'archetto l'artista diventa violoncellista e produce dei suoni delicati, gravi, corposi e eleganti. La sua è sonorità fuori dal comune, ricca di matericità: è possibile percepire il momento in cui le dita del chitarrista norvegese incontrano le corde e quello in cui delicatamente le lascia andare.
Straordinaria la performance di Rabbia, percussionista o meglio artista nel quale diverse anime si fondono alla ricerca di un suono unico che ha in sè qualcosa di puro, di profondo e di ancestrale. Rabbia conosce perfettamente ogni singola parte degli strumenti di cui si avvale, conosce tutte le vibrazioni che è possibile emanare. E ogni parte del suo corpo è impegnata in quella che sembra una danza tribale con i suoi strumenti, dalla cassa ai piatti, dal tamburo a cornice alle campane coniche, fino ad suggestivo violino ad acqua. Spesso il suono è come se uscisse direttamente dal suo corpo e, in effetti, Rabbia usa anche molto la voce per produrre i suoni e le atmosfere della natura. Per il percussionista il progetto si nutre di vibrazioni: il piatto se lo percuoti e cambi la sua inclinazione produce degli effetti sonori diversi di volta in volta. Così come Aarset, anche Rabbia si avvale molto dell'utilizzo dell'elettronica, tappeto ideale per costruire le sue ritmiche che ogni volta attingono ad una riserva musicale diversa, assestandosi però su suoni che hanno il sapore della ritualità e di una cultura primordiale, ancestrale, senza tempo.
Quando due artisti del calibro di Michele Rabbia e Eivind Aarset si incontrano le potenzialità espressive sono notevoli e In 2, il progetto che prende forma, non può che essere ricco di sfaccettature e di chiaro-scuri.

Franco d'Andrea Trio
Daniele D’Agaro/clarinetto; Mauro Ottolini/trombone; Franco D’Andrea/pianoforte
Parma, Casa della Musica - 6 dicembre 2013

Se il nome è quello di Franco D'Andrea, musicista dell'anno per il Top Jazz 2013, il grande jazz è assicurato. Ad accompagnarlo al ParmaJazz Frontiere Festival due straordinari musicisti, Daniele D'Agaro al clarinetto e Mauro Ottolini al trombone. Una formazione forse un pò inconsueta per il jazz, poichè potrebbe apparentemente mancare quella ritmica di cui solo contrabbasso e batteria sono capaci. Eppure tutto riesce a ruotare attorno alla figura mitica di Franco D'Andrea, capace di sfruttare il pianoforte all'ennesima potenza: tra le sue dita i tasti bianchi e neri sono capaci di ampie e distese melodie, di riff ineguagliabili e di una ritmica serratissima, il tutto completato da un supporto di note gravi sempre presente. Sembre in bilico eppure in perfetto equilibrio tra sperimentazione moderna e il richiamo alla tradizione, possiamo idealmente dividere il concerto in due momenti: il primo in cui i tre artisti eseguono musiche composte da Franco D'Andrea, che emanano tutto il fascino del jazz contemporaneo. Una seconda parte dedicata ai grandi da cui il pianista trae ispirazione, dal genio di Thelonious Monk con Locomotive e Blue Monk (forse l'artista che più di tutti ha influenzato stilisticamente D'Andrea) fino a Duke Ellington con Oclupaca. La performance è magistralmente gestita dal pianista, roccaforte per gli altri due musicisti, che tiene le fila del gioco ritmico e armonico. I moduli si ripetono, in perfetto accordo con la tradizione del genere, il ritmo è quello dello swing più raffinato e serrato fatto di circolarità e l'improvvisazione è sempre pulsante e dà vita a cluster sonori sempre nuovi. Straordinaria la performance di Mauro Ottolini che con il suo trombone e le molteplici sordine di cui si avvale riesce spesso a convogliare su di sè le attenzioni catapultando il pubblico direttamente in una lontana New Orleans. E spesso viaggia di pari passo con Daniele D'Agaro, artista capace di fare del clarinetto, strumento prettamente bandistico, un perfetto veicolo di trasmissione del jazz. Straordinaria l'intesa tra i tre musicisti, sempre in perfetto equilibrio durante le loro improvvisazioni, segno di grande maturità artistica, ma anche di un grande architetto, Franco D'Andrea. La sua personalità è dirompente, il suo estro è evidente tanto nei brani di sua composizione quanto negli standard, sempre molto difficili da riproporre, che con D'Andrea assumono un sapore nuovo, pur rimanendo fedeli ai grandi che li hanno resi celebri.
E così tra riff, poliritmie e ritmi serrati, swing e improvvisazioni, Franco D'Andrea, Mauro Ottolini e Daniele D'Agaro danno vita ad una frenesia inarrestabile di suoni, un'estasi per il pubblico in sala.

Factor-Y Trio
Vincenzo Mingiardi/chitarra elettrica, elettronica; Roberto Bonati/contrabbasso; Roberto Dani/batteria, percussioni
Parma, Casa della Musica - 7 dicembre 2013

Con un progetto inedito, il Factor-Y Trio, torna al ParmaJazz Frontiere Festival la sperimentazione senza vincoli di Roberto Bonati, di Vincenzo Mingiardi e di Roberto Dani. L'idea di partenza è quella di creare emozioni e suggestioni sonore in cui le trame e ritmi si intrecciano indissolubilmente con i silenzi, il tutto inscritto all'interno del vasto cerchio della sperimentazione. Sarebbe impossibile porre sotto un'etichetta la musica del Factor-Y, tutto può essere ricondotto alla voce della ricerca di quel suono, che puro e semplice, che è in grado di provocare emozioni in chi lo ascolta, probabilmente quei rumori sensibili che Roberto Bonati ha posto a emblema di questa edizione del festival. Sul palco della Casa della Musica tre musicisti in perfetta sintonia, legati da profonda amicizia in musica, ma anche nella vita e questo è sicuramente uno dei tratti peculiari del trio, oltre a straordinarie capacità tecniche, che rendono il progetto assolutamente vincente. Musicista molto raffinato, Roberto Bonati è capace di tessere le trame armoniche attraverso il suo contrabbasso, che all'occorrenza si trasforma in strumento percussivo, quando l'artista decide di utilizzare le spazzole sulle corde, o di bloccarle con le bacchette da timpano. Un suono unico e inconfondibile il suo, che sembra trarre ispirazione da un mondo elegante, a tratti metafisico. Ricca di sfumature anche la performance di Vincenzo Mingiardi, chitarrista capace di dare vita a una varietà sterminata di timbriche e di passare da un suono duro che affonda le sue radici nel grunge, ad un suono delicato e quasi impercettibile. Chitarra e elettronica, tra le mani di Mingiardi, dialogano in perfetta armonia, quasi fossero un unico strumento. Altrettando unico Roberto Dani con il suo set di percussioni molto personale, che prevede - oltre che pezzi consueti come cassa, rullante, piatti – anche oggetti come cazzuola, o ancora archi e perfino una zitra, strumento a corde tipico dei balcani in grado di costruire strutture armoniche come se fosse un pianoforte. Il suo stile in cui musica e corporeità si intrecciano inesorabilemente, fa di Dani un percussionista eclettico alla costante ricerca del perfetto equilibrio tra suoni e silenzi e sempre impegnato in una prolifica eplorazione armonica dei suoi strumenti. Factor-Y Trio è sicuramente una formazione fuori dal comune, capace di ricreare un mondo fatto di sfumature e suggestioni, di atmosfere spesso nostalgiche e raffinate, ma anche di momenti di forte tensioni costruiti su ostinati inarrestabili fatti di note ribattute, su cui dal nulla si innesta la melodia della chitarra. Sul palco ospite del Factor-Y Michael Gassmann, amico e grande trombettista che ha accompagnato il trio nella conclusione di questo viaggio attraverso i suoni e l'armonia. Partendo da mugugni e masse sonore informi, tra effetti eco e la ricerca della nota comune, a poco a poco, i quattro musicisti creano, dal nulla, musica.

"Una stanza per Caterina":
New Song in Old Italy: Tribute to Andrei Tarkovsky
Evelina Petrova Duo
Evelina Petrova/voce, fisarmonica; Roberto Dani/batteria, percussioni
Palazzo Sanvitale (sede di Banca Monte Parma) - Sala delle Feste – 8 dicembre 2013

Dopo aver dipinto in maniera nitida i diversi volti del jazz del nostro tempo senza disdegnare il richiamo al passato, la diciottesima edizione del ParmaJazz Frontiere Festival giunge sul finale al consueto appuntamento con Una stanza per Caterina e lo fa all'insegna della musica contemporanea. Sul palco la prima esibizione di un duo inedito, costruito per l'occasione e ricco di potenzialità: Evelina Petrova alla voce e alla fisarmonica e Roberto Dani alle percussioni. Il progetto, New Song in Old Italy: Tribute to Andrei Tarkovsky, nasce come esigenza da parte della Petrova di rendere omaggio, con brani di propria composizione, di Misha Alperin e di Roberto Bonati, al grande regista incrociando tradizione e folklore russo con lo spirito e la cultura della vecchia Italia. Un duo molto particolare, formato da due artisti che sembrano viaggiare su linee parallele: la sfida è quella di riuscire a far diventare tangenti due rette parallele. Due modi distinti di approcciarsi alla musica, da una parte la Petrova con il suo suono intimo, nostalgico e rarefatto e dall'altra Dani, percussionista eclettico che negli anni ha sviluppato una tecnica personalissima e inconfondibile in cui musica e corporeità rappresentano due facce della stessa medaglia. Il punto di incontro tra i due mondi si trova proprio in quelle pause, in quei silenzi e in quella continua ricerca del sublime possibile da raggiungere solo attraverso la magia del suono. Voce e fisarmonica si intrecciano in un unicum straordinario: la voce è melodiosa, espressiva e spesso malinconica; il suono della fisarmonica è spesso stridente, acuto e fatto di suoni interrotti. La tecnica dell'artista russa è molto lontana dalla tradizione italiana, fatta di un suono pieno e arioso. Evelina Petrova tiene, invece, la sua fisarmonica in una morsa, spesso stretta e lasciando poca aria al mantice, così che le note sembrano quasi scappare accidentalmente. Il tutto è incorniciato abilmente dalle straordinarie capacità espressive della sua voce, melodiosa e limpida, ma capace anche di passare da un canto morbido a laringe bassa ad uno stridulo e acuto a laringe alta, in linea con la tradizione popolare dell'est. Topico il momento in cui la voce della Petrova si staglia su una coltre armonica ottenuta da Dani sfregando due archi sulla cassa e sul piatto del suo set percussivo: il risultato è una musica celestiale e magica.
Con quest'ultimo appuntamento il ParmaJazz Frontiere Festival conferma la sua vocazione ad esplorare le frontiere e i confini della musica jazz e contemporanea, procedendo attraverso solchi musicali difficili, colti e straordinariamente eleganti.

Nina Molica Franco







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25/05/2003

Intervista ad Franco D'Andrea e Luis Agudo: "...Tante volte si pensa al giro armonico, all'armonia, come fosse una cosa importante...però si può pensare anche agli elementi melodici del brano, quindi il diagramma melodico, gli intervalli, come il brano è caratterizzano, sfruttare nell'improvvisazione anche gli aspetti che arrivano dalla curva melodica, che arrivano dal discorso ritmico, da come il brano è ritmicamente." (Antonio Terzo)

24/04/2003

Stravagario (Michele Rabbia e Stefano Battaglia)







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Data pubblicazione: 06/01/2014

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