Diagonal Jazz 2006 Summer Edition
Gianluca Renzi Sextet
Catanzaro, 9 agosto 2006
di Andrea Caliò
L' edizione estiva del
Diagonal Jazz
chiude i battenti il 10 agosto
ospitando a "Il Blu" di Copanello di Stalettì, sulla costa ionica catanzarese, il
Gianluca Renzi
Sextet. I sei talentuosi musicisti italiani possono finalmente esibirsi,
dopo aver dovuto rinunciare al set del giorno precedente, causa pioggia.
Il gruppo, guidato dal giovane contrabbassista
Gianluca Renzi,
già nel 2004 presente al
Diagonal Jazz,
ha cambiato fisionomia in questi anni: la frontline, prima composta da sax-tromba-trombone,
ora vede ai sax
Jerry Popolo
(tenore e soprano) e
Daniele Tittarelli (contralto e soprano) e il riconfermato
Raffaele Carotenuto al trombone; al piano il fidato Pietro Lussu,
mentre alla batteria Roberto Desiderio ha preso il posto di
Pietro Iodice.
La serata di jazz inizia con quasi un'ora di ritardo, spesa attendendo
che il locale si riempia. "Il Blu" è un raffinato night-club all'aperto, a ridosso
del mare, e lo spettacolo delle scogliere illuminate dalla luna è estremamente suggestivo;
non è tuttavia un luogo ideale per i concerti: pochi i posti a sedere, e anche da
lì, per via della conformazione del locale, non sempre è facile per il pubblico
scorgere la band (e per la band scorgere il pubblico: "ma dove siete? Non vi
vedo!" ha scherzato
Gianluca Renzi
dal palco).
Ne viene fuori comunque un concerto piacevole, incentrato sui brani dei
due album del sestetto, "Looking
for the right line" e l'ultimo "Don't
stop your mind".
Il set inizia con l'intrigante "My
dear hill", per poi salire di tono con "Should
be a blues" e "Yesterdays"
(lo standard, rivisitato): su cd la musica di
Renzi
e ariosa e ritmata, e dal vivo mantiene la stessa impronta stilistica, mentre le
composizioni si dilatano nel tempo trasformandosi in mini-suite, con lunghi momenti
solistici.
La quarta composizione è "The
preacher" di Horace Silver, che
Renzi
ha riarrangiato solo qualche giorno prima e fa qui la sua prima apparizione nel
repertorio del sestetto. Una lunga introduzione dei fiati senza base ritmica dà
l'input ad uno stacco solistico di Desiderio alla batteria, prima che il
brano si sviluppi definitivamente, dimostrandosi swingante e allegro, dai tipici
sapori dixieland, che ci riporta ai fasti del jazz dei tempi che furono.
Le melodie nascono spesso da un riff di contrabbasso, su cui si sviluppano
gli assoli. Non mancano i cambi di tempo che favoriscono l'alternanza fra le voci
solistiche, le cui differenze sono evidenti soprattutto fra i due sax:
Jerry Popolo,
che ormai non è più una sorpresa, non tradisce la sua fama di virtuoso dello strumento,
furoreggiando sui tempi veloci con lunghe frasi e scariche di note, anche a costo
di eccedere;
Daniele Tittarelli, giovane promessa del jazz italiano,
si dimostra in questa esibizione più riflessivo del compagno d'ancia, privilegiando
tempi lenti, rifuggendo dall'uso dei patterns e regalando assoli delicati e asciutti,
forse carenti di un pizzico di grinta. E' interessante comunque ascoltare le due
ance che si sfidano a duello ai sax soprani su "Anna
& Sevy", mettendo in luce il loro diverso approccio all'improvvisazione.
Uno dei brani più lunghi è senz'altro "Don't
stop your mind", di quasi mezz'ora. E' una composizione che
Gianluca Renzi
dedica alla vita metropolitana, ed in effetti porta con sé i frutti delle novità
musicali maturati nelle grandi e pulsanti città degli Stati Uniti: una spruzzata
di M-Base, ampio uso del synth piano (Pietro Lussu lo utilizza con profitto
anche altrove nel set), riflette tutta la modernità della musica del contrabbassista
italiano.
Il leader del sestetto è in effetti in gran forma, accompagna e improvvisa
con fervore e gusto del ritmo: l'assolo in apertura di "Anna & Sevy" è una
dimostrazione di perizia tecnica e sensibilità, gli arrangiamenti riflettono l'equilibrio
e la ricercatezza che
Renzi
sa imprimere alla sua musica, sintesi artistica della tradizione di
Mingus
e della ricerca contemporanea di
Dave Holland.
A chiudere il set "ufficiale" è "In
my soul", ispirata dai gospel ascoltati nelle chiese protestanti degli
USA: melodia semplice, cadenzata e coinvolgente, proprio come le musiche da cui
trae ispirazione.
Un pubblico un po' distratto lesina gli applausi ai bravi strumentisti,
i quali concedono ugualmente il bis, con un brano che strizza l'occhio al movimento
free degli anni '60 e mette in evidenza l'affiatamento
del gruppo, fondamentale nell'esecuzione di pezzi di questo tipo: "Five
points if no helmet".
Infine, nuovamente invitati sul palco dall'organizzatore, Riccardo
Maria Mottola, ripropongono di nuovo "My
dear hill", da "Looking
for the right line": esecuzione ordinata e piacevole, è la conclusione
di una serata musicale felice, trascorsa sotto le stelle.
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 5.338 volte
Data pubblicazione: 01/10/2006
|
|