Vicenza Jazz 2007
15 Maggio 2007. Vicenza, Auditorium Canneti
di Giovanni Greto
William Parker Octet
"Inside the music of Curtis Mayfield"
William Parker, contrabbasso
Amiri Baraka,voce recitante
Leena Conquest, voce
Lew Barnes, tromba
Darryl Foster, sax tenore e soprano
Sabir Mateen, sax alto
Dave Burrell, piano
Hamid Drake,
batteria
Anthony Braxton – William Parker Duo
Anthony
Braxton, sassofoni;
William Parker,
contrabbasso
Pur non raggiungendo il tutto esaurito, è stata la serata più frequentata
dai critici e da coloro che vedono nel free jazz la espressione più genuina della
musica improvvisata. Si parte con il concerto di
William Parker
– diffuso in diretta da Radio Rai 3 e che proprio per questo motivo purtroppo deve
finire entro le 22 e 30 – che si presenta con un elemento in più rispetto a quanto
previsto dal catalogo, il sassofonista contralto Sabir Mateen. Il contrabbassista,
unitamente ad Amiri Baraka, che con il nome Leroi Jones pubblicò nel
1963 un libro fondamentale per restituire al
popolo nero la sua musica, "Il popolo del Blues", ha pensato ad una rilettura
delle canzoni di Curtis Mayfield (1942-1999), compositore e cantante nero,
influenzato dal gospel e dal rhythm'n blues, per celebrare, come scrive Giorgio
Raimondi nel catalogo del festival, "la grande creatività e l'altrettanto
grande umanità di un artista ingiustamente relegato nell'ambito della musica di
consumo, che la comunità afroamericana sta invece rivalutando … Inside songs, ovvero
canzoni sempre in bilico tra spiritualità e protesta, che manifestano una forte
carica rivendicativa e sostengono la causa dell'autonomia estetica e culturale del
black people. Canzoni alla ricerca del suono interiore o forse di un pensiero che
sia in grado di ascoltare l'intima musicalità del corpo e delle sue manifestazioni…".
Uno spettacolo affascinante e a tratti commovente, soprattutto per la presenza di
Baraka, capace ancora a quasi 73 anni di penetrare nel cuore di ognuno con
il suo incisivo recitativo e affiancato melodicamente da Leena Conquest –
con la quale ha interpretato tra le altre "People get ready" del
1965 – una voce calda e duttile, la sua, ed
un carattere forte che riesce ad imporsi nonostante l'incalzante ed avvolgente trio
di fiati. Discreto ma dotato di un elegante senso della costruzione, il pianista
Dave Burrell, attento più alla direzione che a ritagliarsi spazi solistici
il leader al contrabbasso ed inesauribile, pirotecnico, ma perfettamente adatto
a sottolineare le diverse parti di un lungo discorso, il batterista
Hamid Drake.
Più lo vediamo suonare e più apprezziamo le sue scelte timbriche, o di spezzettamento
ritmico, i suoi crescendo e calando a seconda di ciò che invoca il momento. Non
c'è pausa nel set dell'ottetto e quando il tutto si conclude nel rispetto delle
esigenze radiofoniche, permane la voglia di continuare ad ascoltare una musica viva,
che spazza via tutto ciò che è prevedibile e che come un romanzo o uno spettacolo
filmico appassiona e cerca i preconcetti che impediscono di essere liberi di ricercare
una migliore qualità della vita. C‘è per fortuna il tempo di un breve bis, quasi
sussurrato, che vede un dialogo in punta di piedi tra la Conquest e
Drake,
attentissimo nel mantenere un suono adatto a valorizzare le doti vocali della sua
partner.
Una breve pausa ed ecco l'applauditissimo ritorno sul palcoscenico di
Anthony
Braxton, che aveva seguito con attenzione il concerto dell'ottetto,
e dei suoi reeds: sax alto, soprano ricurvo e clarinetto contrabbasso. Pur se un
po' appesantito, sembra in buona forma fisica. Da' ascolto a chiunque lo avvicini
nell'intervallo tra i due set, si lascia fotografare, rilascia autografi sulle copertine
dei dischi, pensando a quelle incisioni. Il concerto inizia pacatamente con un moderato
pulsare di Parker,
sul quale
Braxton
inserisce brevi frasi con quelle sonorità onomatopeiche animalesche che da sempre
lo contraddistinguono. E' lui, forse, ad avere più spazio e a lasciarsi andare alle
improvvisazioni senza respiro. E infatti sembra faticare e sudare, vuoi per lo sforzo,
vuoi per la concentrazione. E' un piacere vederlo suonare dal vivo, forse maggiore
che ascoltarlo dal disco, per la genuinità della sua ricerca, per un voler esprimere
attraverso gli strumenti tutto ciò che risiede nel suo conscio ed inconscio. Il
set dura una cinquantina di minuti. Ad una prima parte in cui
Parker
non lancia particolari segnali, fa seguito un finale ruggente che inizia delicatamente,
quando Parker
suona lo Shakuhachi, il flauto di bambù della tradizione classica giapponese, per
poi passare allo sanayi, oboe indiano discendente dalla surna persiana. Al suono
penetrante dello strumento,
Braxton
accosta all'alto un fraseggio tipicamente free, che dà luogo ad una sorta di duello
senza vincitori né vinti, ma da interpretare piuttosto come una liberazione dalle
tensioni accumulate. Applausi ed ovazioni ottengono un sintetico, elettrizzante
bis.
16 maggio 2007, Vicenza, teatro Astra (Jazz cafè Trivellato)
"Una Notte con il Jazz Tedesco "
Dudek – Kuhn – Lillinger Trio + Claudio
Fasoli
Gerd Dudek, sax tenore
Claudio Fasoli, sax tenore e soprano
Joachim Kuhn, piano
Christian Lillinger, batteria.
Schlippenbach, Lovens, Parker Trio
Evan Parker, sax tenore
Alex Von Schlippenbach, pianoforte
Paul Lovens, batteria
Zentralquartett
Conrad "Conny "Bauer", trombone
Manfred Hering, sax contralto
Ulrich Gumpert, piano
Gunther "Baby" Sommer, batteria
Potenza e arroganza degli sponsor? Pensare che consentire di ascoltare
musica in un teatro potendo bere e mangiare in ogni momento faccia affluire un pubblico
più numeroso? Anche rispondendo sì ad entrambe le domande, è risultato incredibile
alla maggioranza di appassionati e ai musicisti coinvolti, permettere che lo storico
teatro Astra, che aveva ospitato anche le scorse edizioni del festival, abbia potuto
trasformarsi in Jazz cafè Trivellato. Il che ha significato, in una lunghissima
serata dedicata al jazz tedesco conclusasi attorno all'una, disturbare in maniera
molesta, riprovevole ascoltatori ed artisti. In alto di una sala con i posti in
discesa, in modo che chiunque poteva vedere distintamente il palco, si è voluto
collocare un bar, mantenendolo aperto durante i tre concerti e non solo, come raziocinio
e rispetto farebbero pensare, durante i due lunghi intervalli. Risultato: nei momenti
vicini al silenzio, ma anche in improvvisazioni che spesso partivano in sordina
per arrivare ad un culmine sonoro, si potevano sentire i baristi che shakeravano,
i cubetti di ghiaccio che sbattevano nei bicchieri, oppure il cicaleccio di chi
beveva una birra chiacchierando imperterrito con gli amici. Una cosa incredibile,
insopportabile... Passando alle sensazioni, è stata un'ipnotica maratona musicale.
Pieno di energia il quartetto del pianista Joachim Kuhn, che continua nel
tentativo di far coesistere il free jazz con le diverse situazioni della musica
contemporanea. Le sue improvvisazioni colgono l'atmosfera del brano e si segnalano
per una pulizia e nitidezza classica al cui interno fa capolino un ritmo ancestrale.
7 i pezzi ascoltati in poco più di un'ora, senza concessione di bis, non per mancanza
di generosità, ma per la lunga pausa per motivi tecnici che si verificava tra un
gruppo e l'altro. L'elemento sorpresa si è rivelato il giovane batterista Christian
Lillinger, il quale dall'inizio alla fine ha percosso il drum set con una concentrazione
interminabile: ritmi spezzettati, accentazioni ben assestate a piatti e tamburi,
attenzione al fraseggio degli altri strumenti, una sensazione di "invasato"
alla ricerca di una illuminazione che sarebbe logicamente arrivata alla fine. Con
simili partners sono apparsi assai stimolati i due sassofonisti, l'olandese Gerd
Dudek e il nostro
Claudio Fasoli, il quale, e ciò ci ha fatto gioire, ha suonato
maggiormente il tenore piuttosto che il soprano, diffondendo il suo suono aggressivo
sì, ma pieno di timbriche calde attraverso un fraseggio cantabile. Pezzi da seguire
con molta attenzione e che si sarebbero potuti assaporare meglio nell'auditorium
Canneti, che aveva ospitato i concerti della serata precedente. Da segnalare un
bel duetto sax soprano e batteria e, all'interno di un brano corale, due lunghi
momenti sax tenore e batteria, protagonisti entrambi i sassofonisti. Applausi calorosi
tra chi è riuscito a non deconcentrarsi e a farsi innervosire troppo dai fastidi
summenzionati.
Il trio del pianista berlinese, visto a Venezia con il vecchio progetto
Monk's casino, è una delle formazioni più longeve e creative della musica
improvvisata europea, quasi un'istituzione nata nel 1970.
La performance dura poco meno di un'ora e rappresenta una improvvisazione continua,
iniziata da brevi tocchi cupi del piano. Lovens spazia tra sospensioni e
fraseggi lussureggianti esternando una feroce aggressività. L'inglese Parker,
irriducibile protagonista del free europeo, manifesta subito il suo stile, in cui
si riconoscono la maestria negli effetti di respirazione circolare, la ricerca di
armonici e multisuoni e le frequenti e rapide variazioni di registro. E' un free
interessante, da seguire nota dopo nota e struttura dopo struttura, che coinvolge
maggiormente nell'ascolto dal vivo. Il tempo non sembra essere trascorso e si sente
ancora l'esigenza di una musica così ribelle in questo clima di appiattimento culturale
che si riflette nella qualità della vita quotidiana.
La lunga maratona si conclude con un'altra formazione storica del jazz
tedesco, il Zentralquartett. Nato nel 1973
come Synopsis Quarte, rappresenta quella generazione di jazzisti della Germania
Est che cercava una forma jazzistica originale, trovandola in una maggiore attenzione
alle strutture compositive, rispetto ai contemporanei dell'ovest. Scioltosi nel
1978, il gruppo rinasce nel
1990, scegliendo il nome attuale che allude
al Comitato Centrale, il vertice della burocrazia politica nei paesi comunisti.
Rispetto alla formazione storica, manca il solo Ernst-Ludwig Petrowsky, sostituito
dal sassofonista Manfred Hering. Il Zentral, come spiega in italiano il 64enne
batterista Gunther Sommer, propone la reinterpretazione di 11 canzoni popolari
tedesche, secondo il progetto dell'ultimo CD. Le semplici melodie popolari esemplificate
dal piano di Ulrich Gumpert, vengono assalite dal contralto di Hering,
ma soprattutto dal fantasioso trombone di Conny Bauer, che trae spunto per
frequenti duetti di soli fiati, mentre Sommer irrompe puntuale a stravolgere
l'andamento della musica ogni volta che essa tenderebbe ad indirizzarsi verso un
melenso mainstream. Un altro esempio è dato dall'esecuzione di un esile tema ad
andamento circolare su un tempo di marcia, sottolineato ritmicamente dai tom di
Sommer, il quale si ferma di colpo per dar spazio ad una lunga cadenza solitaria
di Bauer che determina una ripartenza ironica secondo una struttura che richiama
le semplici canzoncine natalizie.
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
30/08/2009 | Laigueglia Percfest 2009: "La 14° edizione, sempre diretta da Rosario Bonaccorso, ha puntato su una programmazione ad hoc per soddisfare l'appetito artistico di tutti: concerti jazz di altissimo livello, concorso internazionale di percussionisti creativi Memorial Naco, corso di percussioni per bambini, corsi di GiGon, fitness sulla spiaggia, stage didattici di percussioni e musicoterapia, lezione di danza mediorientale, stage di danza, mostre fotografiche, e altro." (Franco Donaggio) |
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Data pubblicazione: 14/07/2007
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