Stefano Bollani e Hamilton De Holanda Roma, Auditorium Parco della Musica - 16 luglio 2014 di Nina Molica Franco
foto di Alessandra Genovese
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Un'atmosfera tipicamente sudamericana, romantica e
sofisticata per il concerto da sold out di
Stefano
Bollani e Hamilton De Holanda all'Auditorium Parco della Musica
di Roma. I due indiscussi talenti, presentando i brani tratti da O que será,
l'album registrato nel 2013 per ECM, hanno coinvolto il pubblico in quella che è
la loro frenesia musicale in cui Italia e Sud America si intrecciano come se fossero
due aspetti di un'unica cultura. E in effetti in comune hanno davvero molto, la
passione per il ritmo, per la melodia, per i percorsi sempre sofisticati e leggeri.
Stefano Bollani
e Hamilton De Holanda hanno reso una vasta panoramica di quella che è la tradizione
musicale sudamericana, attraverso brani originali, ma soprattutto tramite la rilettura
di brani di Jobim, di Piazzolla, di Chico Buarque, Baden Powell e altri ancora.
Intenso il rapporto tra i due musicisti che si configura come un'intesa senza pari.
Bollani e De Holanda viaggiano esattamente sulla stessa lunghezza d'onda e sembrano
procedere mano nella mano lungo il loro percorso musicale che, pur traendo spunto
dalla bossa, tiene tra i suoi pilastri il jazz che a tratti riecheggia nelle composizioni
e a tratti ne prende il sopravvento. Ai due artisti basta un semplice sguardo per
capirsi: insieme decidono il brano da suonare, segno che non esiste alcuna song
list preconfigurata e che tutto sia frutto dell'emozione del momento. I brani spesso
hanno inizio a partire da un solo di uno dei due, mentre l'altro entra in punta
di piedi in un secondo momento per arricchire la composizione e a poco a poco prendere
la parola.
Bollani e De Holanda sembrano passarsi la melodia con grande naturalezza e i
due strumenti appaiono l'uno l'estensione dell'altro. Il loro dialogo si pone così
perfettamente paritetico e ognuno di essi ricopre il doppio ruolo di solista e di
accompagnatore, a seconda della circostanza, ma altrettanto interessanti sono i
momenti in cui sono entrambi protagonisti della scena. Ogni brano è pervaso da un
grande senso del ritmo e da una naturale espressività che rende evidente il piacere
che Bollani e De Holanda provano nello snodare suoni dai loro strumenti. Sembra
tutto un gioco, uno scherzo musicale tra i due amici, cui fa da contraltare una
grande preparazione tecnica. Infatti, oltre alla straordinaria intesa tra gli artisti
ciò che colpisce immediatamente è la sensazione di trovarsi di fronte ad una orchestra:
gli arrangiamenti sono così ricchi che sembra assurdo che il suono possa provenire
solo da due strumenti. E naturalmente il loro talento è indiscusso. Bollani è sicuramente
uno dei migliori pianisti del panorama italiano, ma non solo, capace di non tralasciare
neanche un singolo tasto e dotato di una grande dinamicità che gli consente di passare
dal pianissimo al forte in una frazione di secondo mantenendo comunque una parvenza
di gradualità che non rende lo stacco brutale. Inoltre la sua abilità ritmica ne
fa un pianista sui generis che percuote il suo strumento e danza insieme ad esso
in preda alla frenesia. Certo, difficile a volte delineare con certezza il confine
tra il Bollani personaggio e l'artista... D'altra parte, Hamilton De Holanda è sicuramente
il compagno di viaggio ideale in quanto dotato, oltre che di una tecnica che lo
annovera tra i virtuosi del suo strumento, anche di una grande creatività e espressività
che rendono il suo suono sofisticato e il suo tocco sempre preciso e impeccabile.
Due grandi talenti quindi per un concerto che – forse un po' breve – ha immerso
il pubblico in un mondo di leggerezza, di romanticismo e di espressività pervaso
comunque dal grande virtuosismo dei due artisti.