Vittoria Jazz Festival X Edizione 10-25 giugno 2017
di Vincenzo Fugaldi
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Un gran bel traguardo, quello del decennale raggiunto dal festival
della cittadina iblea. Un programma ampio, rappresentativo di diverse realtà del
jazz odierno, che ha ancora una volta centrato l'obiettivo di offrire alla cittadinanza
e ai visitatori musica di qualità. Nelle tre serate finali che chi scrive ha seguito,
si è compiuto un ideale viaggio fra Francia, Stati Uniti e Italia, con tre gruppi
ben rappresentativi di alcuni aspetti del jazz.
A rappresentare la Francia, un trio
attivo a Parigi che testimonia la grande apertura culturale della capitale francese
nei confronti del vicino Oriente. Sono di origine israeliana infatti due dei componenti
del trio di Yaron Herman, lo stesso leader e il batterista Ziv Ravitz,
e il trio è completato dal basso elettrico di Bastien Burger. La musica che
hanno proposto sul palco di Piazza Enriquez mira a unire vari linguaggi: un jazz
contemporaneo di ottima fattura caratterizzato da un pianismo finemente cesellato,
scansioni ritmiche a tratti rock, un uso delle voci che riconduceva ad atmosfere
metheniane, l'utilizzo mirato ed efficace dell'elettronica, in una sintesi elegante
e carica di fascino, che prende le mosse da un mondo poetico introspettivo dalle
trame delicate. Il gruppo ha ospitato per l'occasione il giovane trombettista afroamericano
Hermon Mehari, insieme al quale si è approcciato anche ad uno dei nomi storici
del free jazz, Dewey Redman, eseguendo la sua composizione Mushi Mushi.
Gli altri brani del concerto, nel quale un ruolo importante ha assunto anche il
solido stile del batterista, erano tratti dal recente cd "Y", inciso per
la Blue Note, mentre il bis era una delle composizioni più note e gradevoli
di Bill Frisell,
Throughout. Mehari si è rivelato un trombettista interessante, e nei suoi
interventi si è integrato nelle dinamiche del trio con buoni esiti.
Di tutt'altra fattura la proposta statunitense: i sei del
Black Art Jazz Collective (Jeremy Pelt-tromba, Wayne Escoffery-sax
tenore, James Burton III-trombone, Vicente Archer-contrabbasso,
Victor Gould-pianoforte, Darrell Green-batteria), hanno proposto la quintessenza
dello straight ahead jazz, un post hard bop denso e nerboruto, senza mai
un cedimento o una nota fuori posto. Il collettivo, che ha all'attivo solo una registrazione
live pubblicata nel 2016 dall'etichetta Sunnyside ("Presented By The Side Door
Jazz Club"), presenta formazioni leggermente variabili – a Vittoria mancavano
il cofondatore Johnathan Blake e Xavier Davis -, con il proposito di rinforzare
una concezione del jazz afroamericano decisamente lontana dalle avanguardie degli
anni Sessanta e successivi. Una ritmica perfetta e travolgente ha spinto al massimo
le potenzialità solistiche dei tre fiati, in un repertorio caratterizzato da brani
originali in buona parte a tempo veloce, nei quali gli assolo si susseguivano con
una professionalità ineccepibile, rutilanti di infinite note, senza mai un cedimento
o una sorpresa.
Come da tradizione la serata di chiusura, nella sempre affollatissima
e plaudente piazza vittoriese, era dedicata a
Francesco
Cafiso, che ha registrato nell'occasione il suo disco live che si intitolerà
"We Play For Tips". La nuova compagine era un nonetto, che comprendeva oltre
al leader al sax alto e al flauto traverso, Mauro Schiavone
al pianoforte, Pietro
Ciancaglini al contrabbasso, Adam Pache alla batteria, le trombe
di Francesco Lento e Alessandro Presti, il trombone di Humberto
Amezquita, il sax baritono di Sebastiano Ragusa e il sax tenore di
Marco Ferri. Tra nuove e vecchie composizioni, arrangiate in collaborazione
da Cafiso e Schiavone, il concerto, con una scrittura densa di prelibatezze ritmico-armoniche
piuttosto ardue de eseguire, è stato affrontato da tutti i musicisti con una professionalità
e un entusiasmo palpabili, con ottimi esiti. Alcuni brani recavano traccia delle
esperienze di Cafiso a New Orleans, altri recuperavano il repertorio di uno dei
dischi presenti nel monumentale cofanetto "3", tutti restavano ben radicati nella
tradizione jazzistica più consolidata, transitando anche da pregevoli atmosfere
ellingtoniane.
Il festival di Vittoria ha anche meritoriamente aperto alcuni
spazi ad altri eventi oltre a quelli che si sono succeduti sul palco principale:
un concerto pomeridiano del quartetto di Francesco Lento (con Schiavone,
Ciancaglini e Pache), in un set tutto dedicato al bop, nel quale si evidenziavano
le ottime doti della ritmica e del leader, fra ballad e standard interpretati con
classe e con perfetta padronanza del linguaggio; e un incrocio fra fotografia e
musica, con la proiezione di immagini di grande forza emotiva del noto fotografo
Pino Ninfa dedicate all'area mediterranea e in particolare alla Sicilia,
suddivise in aree tematiche e commentate da Elio Amato (pianoforte e trombone)
e Francesco Branciamore (batteria e pianoforte), con improvvisazioni e temi
appropriati e accuratamente eseguiti.