Rumori Mediterranei XL Edizione Roccella Ionica - 21-30 agosto 2020 di Vincenzo Fugaldi
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Con un gioco di parole che ruotava intorno alla coincidenza tra
"XL" e "extralarge", il Direttore Artistico Vincenzo Staiano ha voluto marcare l'edizione
2020 del festival calabrese, distinta dal motto
"Back to life – Back to live". La disponibilità di ampi spazi all'aperto per spettacoli,
a cominciare dal tradizionale Teatro al Castello di Roccella Ionica, per proseguire
con la Corte del Palazzo Munipale di Locri, gli Scavi dell'antica Kaulon a Monasterace
e il Teatro greco-romano di Marina di Gioiosa Ionica, ha garantito la possibilità
di tenere eventi per una grande quantità di spettatori, debitamente distanziati
per ragioni di sicurezza.
Questo resoconto riguarda solo i principali eventi del lungo festival, in particolare
quelli che hanno avuto una rilevanza di carattere jazzistico.
Il concerto che ha maggiormente valorizzato l'edizione è stato quello del gruppo
Odyssey & Legacy Quintet di Famoudou Don Moye. Il mitico componente dell'Art
Ensemble of Chicago era per la terza volta a Roccella, come lui stesso ha ricordato
in un buon italiano (ha vissuto in Italia per alcuni anni). Una formazione nuova
e inedita: Dudù Kouate (flauto, percussioni), Simon Sieger (pianoforte, tastiere,
trombone), Darryl Hall (basso elettrico e contrabbasso), Abel Selaocoe
(voce e violoncello). il trentaduenne marsigliese polistrumentista Sieger
riveste un ruolo importante, di primo piano, nel gruppo, sia al pianoforte che
al trombone. Preceduto da quattro prologhi percussionistici, il concerto ha presentato
un'immagine dell'Africa filtrata attraverso quella peculiare sensibilità afroamericana
che i chicagoani hanno rappresentato sin dai tardi anni Sessanta del Novecento.
Un quintetto di recentissima costituzione, che probabilmente inciderà a breve e
che ha mostrato come Don Moye sia anche uno scopritore di talenti: oltre a Sieger
il ventottenne vocalist e violoncellista sudafricano Selaocoe è infatti tra le più
interessanti figure musicali apparse negli ultimi anni, e vanta un timbro vocale
e un approccio strumentale travolgenti. Insieme al forte sostegno di Hall, alla
ben nota fantasia percussiva di Kouate e alle percussioni e alla batteria del leader,
i diversi brani si sono succeduti con una varietà sorprendente, tra atmosfere in
stile Art Ensemble, grande spazio alle percussioni, momenti di swing traboccante,
l'utilizzo delle voci, con un entusiasmo e una passione potenti e contagiosi. La
conclusione dell'indimenticabile concerto è stata affidata alle note del canto corale
finale, un gospel antico, ancestrale.
Il sassofonista romano
Gabriele Coen
è tornato al festival con una proposta inedita denominata "Sephardic Tinge". Oltre
al leader al tenore, soprano e clarinetto, Gianluca Massetti al pianoforte,
Marco Loddo
al contrabbasso, Arnaldo Vacca alle percussioni e ospite all'oud e alla voce
Ziad Trabelsi, noto componente dell'Orchestra di Piazza Vittorio. L'ensemble ha
ripercorso il viaggio degli ebrei sefarditi, riproponendo grazie alla presenza dell'oud
l'originale commistione tra le musiche ebraico-spagnole e quelle arabe della tradizione
andalusa. Una musica popolare nel senso più vero e nobile della parola, melodicamente
ricca e pregnante, eseguita come meglio non si potrebbe. Un itinerario musicale
avvincente che partiva dalla Spagna per approdare a Sarajevo, passando dalle
cantigas de novia, dalla Turchia, Salonicco, Venezia, in un continuo confronto
e scambio con le musiche dei paesi via via attraversati dai sefarditi cacciati dalla
Spagna dai re cattolici. Il gruppo ha suonato anche due belle composizioni originali,
Al-Andalus di Coen, e una cantata di Trabelsi, Nadhra.
La collaborazione tra il pianista Claudio Cojaniz
e il trombonista Giancarlo Schiaffini risale a vari decenni addietro. Al
Teatro greco-romano di Marina di Gioiosa hanno suonato insieme a Giovanni Maier
al contrabbasso e Carmelo Graceffa alla batteria. Il tema era "War Orphans – ‘Round
Ornette", e risale a un disco in duo pubblicato dall'etichetta Caligola Records,
dedicato alle musiche di
Ornette
Coleman. Sono stati eseguiti quattro brani di Coleman, in un'atmosfera partecipata
e suggestiva. Un intenso assolo di contrabbasso ha introdotto al meglio le dolenti
atmosfere di Lonely Woman, condotte dal quartetto con creativa immedesimazione,
con il sostegno di un Maier opportunamente hadeniano, mentre Cojaniz, pur non agevolato
dalla mancanza di un pianoforte sostituito da una tastiera, si è immerso nel clima
del brano da par suo. Ma dal secondo brano, introdotto dalla vivace batteria di
Graceffa, Latin Genetics (dal disco «In All Languages») il quartetto,
dopo l'esposizione del festoso tema, ha via via condotto la musica verso territori
vicini alla musica africana, una delle grandi passioni del leader. Su tutto svettava
un magistrale blues feeling, alimentato dai puntuali interventi di Schiaffini,
con e senza le sordine. Un ritorno ad atmosfere intense e dolenti con il pacato,
bellissimo War Orphans, (inciso dalla Liberation Music Orchestra sul suo
primo disco), introdotto dai suoni multifonici del trombone, e la conclusione del
concerto con il trascinante blues Jump Street, dal disco «Of Human Feelings»
della Prime Time Band.
Dopo diversi decenni Tony Esposito è tornato a Roccella con una produzione
originale in prima assoluta che lo ha visto insieme al fido tastierista Lino Pariota
e a una formazione jazzistica (Ameen Saleem, basso elettrico e contrabbasso;
Luigi Di Nunzio, sax alto e soprano;
Antonio Faraò,
pianoforte). Esposito ha all'attivo una lunga sequenza di collaborazioni con i principali
cantautori italiani, ma anche con grandi musicisti e jazzisti internazionali. L'incontro
con Antonio Faraò,
uno dei pianisti jazz italiani più noti all'estero, a Roccella ormai di casa (il
direttore artistico Staiano ha giustamente ricordato il suo splendido concerto dell'anno
passato con Dave Liebman, Bruce Ditmas, Saleem e il cinese Guo Gan) è riuscito perfettamente,
non limitandosi al recupero di vecchie composizioni del leader, ma anche alla proposta
di brani dello stesso Faraò e al classico Footprints di Wayne Shorter,
con Saleem al contrabbasso, e all'omaggio all'amico Pino Daniele, del quale hanno
eseguito A me me piace ‘o blues e Napule è affidati alla voce di Pariota.
La presenza del pianista, protagonista di formidabili assolo, ha aggiunto un grande
valore jazzistico al progetto, ma bisogna assolutamente citare anche l'ottimo apporto
del giovane sassofonista napoletano Luigi Di Nunzio che, pur ancora giovane essendo
nato nel 1991, ha già alle spalle anni di pregevole
attività, avendo iniziato a calcare le scene sin da bambino, e ha dato ampia prova
del suo talento.
Uno dei principali momenti in cui l'Europa ha reso omaggio al rock si è realizzato
nell'isola inglese di Wight, che ospitò dal 1968 al 1970 un festival che ha segnato
la storia delle controculture giovanili Novecento. L'ultima edizione è stata immortalata
nel documentario «Message to Love», e proprio questo titolo è stato prescelto dal
giornalista Donato Zoppo per una produzione originale che ha visto la luce per la
prima volta a Roccella. Un quintetto rock denominato Working Band, la voce narrante
di Zoppo, e l'entusiasmo dell'ospite Luca Aquino alla tromba, aggancio jazzistico
del progetto, hanno ricordato, con il commento di immagini proiettate, l'evento
determinante che vide il passaggio dal rock sanguigno degli anni Sessanta a quello
dei Settanta, che avrebbe contenuto nuovi fermenti grazie anche all'avvento del
progressive. Un rock agguerrito e determinato, condotto con determinazione
dalla band, che ha lasciato ampio spazio a un Aquino tecnicamente travolgente, spaziando
da brani hendrixiani ai Doors, Moody Blues, Miles Davis, Sly & The Family Stone.
All'interno dell'ampia Corte del Palazzo Municipale di Locri, gremita di pubblico
per quanto possibile garantendo il distanziamento, "Verdi e Mister Puccini in Jazz",
con il sestetto di Cinzia Tedesco. Protagonista di due dischi dedicati ai maestri
dell'opera lirica («Verdi's Mood» e «Mister Puccini in Jazz», entrambi
per Sony), era accompagnata da Pino Jodice alle tastiere, Luca Pirozzi
al contrabbasso, Max Ionata al sassofono, Giovanna Famulari al violoncello
e Pietro Jodice alla batteria. Swingante e comunicativa, la cantante si è
mossa sulle arie arrangiate in jazz con piena sicurezza.Da segnalare la
presenza dei sassofoni tenore e soprano di Ionata, con assolo misurati e ben centrati.
Nel sito archeologico di Monasterace, il trombettista
Flavio Boltro,
accompagnato dagli ottimi Daniele Gorgone al piano elettrico,
Paolo Benedettini
al contrabbasso e Elio Coppola alla batteria. Un modern mainstream
suonato con competenza e convinzione, con il torrenziale fraseggio del leader ben
sostenuto dal trio, nel quale spiccava il ruolo del pianista. Tra belle composizioni
di Boltro e di Joe Henderson,
Herbie Hancock, ballad e tempi velocissimi, la serata ha riscosso
tanti meritatissimi applausi. Bis sul trascinante tema del cartoon The Flinstones.
Prima del concerto di Don Moye, l'incontro, ottimamente riuscito, fra il trio del
batterista napoletano Elio Coppola, con Andrea Rea al pianoforte e
Daniele Sorrentino al contrabbasso, e il sax tenore Seamus Blake.
Quasi cinquant'anni ben portati, nato in Inghilterra ma stabilitosi in Canada, Blake,
una delle più belle voci di sax in circolazione, è sulla scena sin dal
1994, ed è notissimo in Italia per aver suonato
in tour in molte occasioni. Un set concentrato, fatto di standard ellingtoniani
e monkiani e di composizioni originali di Blake e dei componenti del trio eseguiti
con stile ed eleganza, un hardbop classico in cui ciascun componente del gruppo
ha mostrato le proprie doti, convincendo l'uditorio, tra brani mossi e delicate
ballad.
E un incontro tra jazz e fotografia: Pino Ninfa, uno dei più noti e competenti
fotografi italiani, per anni in passato fotografo ufficiale del festival, ha selezionato
e suddiviso in capitoli raggruppati tematicamente alcuni dei suoi famosi scatti
che in parte ripercorrono, in uno splendido bianco e nero, la gloriosa storia di
Roccella Jazz, ricordando la miriade di artisti importanti che vi hanno suonato
nel corso del tempo. Insieme alle foto legate al mondo del jazz anche altri capitoli,
uno sulle bande, altri su un paese abbandonato della Calabria, sulla Settimana Santa
in Sardegna e in Sicilia. A fornire il commento musicale alla proiezione, il duo
tra il sassofonista
Francesco
Cafiso e il pianista Mauro Schiavone,
formazione ben collaudata che ha suonato il proprio repertorio di brani originali,
molti dei quali ben noti, con la consueta freschezza e comunicatività.
Giovanni Tommaso, tornato dopo tre anni, ha guidato un'orchestra di nove
elementi (Enrico Zanisi, pianoforte; Luca Bulgarelli, contrabbasso;
Enrico Morello, batteria; Andrea Molinari, chitarra; Claudio Corvini,
tromba; Mario Corvini, trombone; Ricardo Nebbiosi, sax baritono; Paolo Recchia,
sax alto; Pietro
Tonolo, sax tenore e soprano) in un repertorio che univa a brani originali
dello stesso Tommaso (My Strada, Giro-vagando), di Tonolo (il complesso
Arnold likes the blues, Midnight), alcuni altri di Monk, Horace
Silver e
Ornette
Coleman (Bemsha Swing, Nica's Dream, Chronology), il
classico Yesterdays, con ottimi e curatissimi arrangiamenti dello stesso
Tommaso, Tonolo e di Mario Corvini. Orchestra in gran spolvero, con spazi per begli
assolo di tutti, tra i quali non si possono non citare almeno quelli di Zanisi e
di Tonolo.