Elettricità allo stato puro percorre le note del Sax
Pistols di Francesco Bearzatti, sassofonista friulano accompagnato da
Stomu Takeishi al basso a cinque corde e Dan Weiss alla batteria,
in un concerto che per la "Zona dello stordimento" del
Terniinjazz Fest #5,
riprende classici del rock di tutti i tempi, rivisitati dal linguaggio
jazzistico: ritmica pompatissima, echi fusion sull'output del basso,
batteria serrata che diviene strumento melo-dinamico e Bearzatti con largo uso
di effettistica sulle proprie ance (sampler, delay e perfino
distorsori), loops magnetici ed avvolgenti.
Un disegno arricciato del basso, tempo funky
composto, in 7 movimenti, per Black Hole Sun dei Soundgarden, e
Bearzatti trasforma il
proprio sax in chitarra elettrica: uguale l'attacco, identico lo sviluppo, la
stessa distorsione. Notevole assolo del basso, anch'esso emulo della chitarra
nella parte acuta del manico, con batteria in sordina che accenna appena al
ritmo – giusto i punti di riferimento –,
fino ad
un crescendo con pulsazioni discontinue. Senza contare l'incredibile sync
fra i tre: non una sbavatura, il che ha dell'incredibile considerato che il
progetto non è ancora ben rodato. Più distesa l'intro di Smells like ten spirits dei Nirvana, il sax, prolungato solo da un po' di riverbero,
elastiche le atmosfere sfuggenti del basso, per un dialogo a due di coinvolgente
forza: roccioso il taglio complessivo del trio, pregevole lo "stoppato" di Takeishi, un pugno allo stomaco il sound di Bearzatti, che non suona un sax
con voce di chitarra elettrica, bensì il suo strumento di sempre – proprio il
tenore con cromatura opacizzata dal tempo – ma con le stesse inflessioni di un'elettrica.
Risulta un pezzo pacato, questo, sulle ali dell'harmonizer del bassista
oriundo giapponese, il sassofonista tira fuori il clarinetto i cui glissati
riempiono l'Anfiteatro ternano, per un solo avvinghiante, quindi il turno della
batteria, asincrona, che tuttavia si combina perfettamente con i dub
delle basi di Takeishi, e ancora la "chitarra in forma di sax" dell'ancista.
Breve preparazione per il clarinetto, trattato per La toilette della sposa, voce che si presta a tecnicismi da virtuoso, ma
con energia che forse con l'elettrica non si raggiungerebbe: dondola adesso il
pezzo, sul battito di basso e mallets di batteria, trasognato il solo di
Bearzatti. Chiude il set un medley di noti pezzi de Led Zeppelin,
fra cui Whole lotta love, protagonista il basso del giovane
nipponico, e Bearzatti che al sax riproduce perfettamente persino l'attacco del
plettro sull'elettrica, frutto – immaginiamo – di una particolare ricerca di
impostazione ed emissione, molto attenta. Da evidenziare anche il solo in
hand-drumming di Weiss, un rapporto quasi fisico con il proprio strumento,
controllata la respirazione, misuratissimi i colori, strettissimi – e sempre più
fulminei – i passaggi fra i tamburi.
Un progetto che riesce ad applicare la migliore
improvvisazione di matrice jazz ad un repertorio rock moderno, la cui
singolarità – e sottolineamo ancora una volta la ricerca sonora del trio – è ben
comprensibile anche a chi di rock non ne mastichi tanto. E lo dimostrano gli
scroscianti applausi per richiedere il bis: un altro esaltante e travolgente
brano che lascia storditi ma appagati, non soltanto il pubblico più giovane, ma
perfino i più attempati.
Di atmosfera totalmente differente – e potrebbe dirsi
diametralmente opposta – il récital in piano solo del sudafricano
Abdullah Ibrahim, con una composizione concepita appositamente per la "Zona
dell'Amore" del Terniinjazz e dedicata alla città ospite, una suite
tipica dell'estetica del nostro, frutto di pregevole unione fra stilemi classici
e jazz. Il silenzio è assoluto e le note gocciano dal pianoforte, dense in
intensità e leggere in poesia. Emerge la delicatezza dell'artista, stile
compunto, canta con voce all'unisono i vari temi, che si ripetono e rincorrono
concatenandosi vicendevolmente e tuttavia a distanza di un tempo troppo
dilatato, sì che i diversi leit-motiv non riescono a penetrare la platea
e venire memorizzati. Una linea del basso velocizza il paesaggio sonoro, e senza
soluzione di continuità si susseguono differenti umori, ora uno spiritual,
estremamente rilassato, ora un blues struggente, ora un'aria romantica e
raffinata. Tuttavia il pianista sudafricano resta assorto all'interno della
propria musica, e solo gli ascoltatori più motivati riescono a "intelleggerla",
mancando invece un vero e proprio contatto di comunicatività con quel pubblico
che intendeva assistere semplicemente ad un concerto, senza particolare impegno
mentale. Superba, nondimeno, la performance, il cui finale a note sospese merita
il sentito applauso dei presenti.